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Da "Umanità Nova" n.23 del 27 giugno 1999

Riforma sanitaria
Acciacchi pubblici e profitti privati

E' arrivata un'altra riforma della sanità, la terza in appena vent'anni, dopo quelle del '78 e del '92. Un bel record per un ministero, quello della snità, che non ha ancora cinquant'anni (è stato costituito per la prima volta nel '54).

Cifre a parte quella della Bindi la possiamo considerare in real5tà una riforma 2 bis, cioè il completamento di quella controriforma iniziata nel '92. Ne conserva tutti gli aspetti peggiori. Se quella del '78, quella per intenderci che faceva nascere le USL, aveva il fine di creare consenso attraverso la creazione del servizio sociale, nell'ottica tipica del welfare, la riforma degli anni '90 serve a creare mercato. In che modo? Vediamo schematicamente gli elementi portanti di questa riforma: l'azienda sanitaria, l'assistenza sul territorio, il nuovo inquadramento del personale, in particolare quello medico.

L'azienda sanitaria

Le aziende sanitarie create dalla controriforma del '92, continueranno ad essere un soggetto finanziario con una personalità giuridica pubblica, ma con una maggiore autonomia gestionale, agente però sul piano del diritto privato, con possibilità di accedere a due tipi diversi di finanziamenti, quello pubblico, sostenuto dalle regioni, attraverso piani, programmi e tariffe ben definite, e quello privato, che potrà essere la parte portante della struttura finanziaria di un'azienda fino al 49%. Anche se come soggetto pubblico dovrà continuare ad avere l'obbligo del bilancio, la forte impronta privatista che verranno ad assumere le nuove aziende sanitarie ce la dice lunga su questa riforma, in quanto la partecipazione di soggetti privati alla sua gestione sarà di certo promossa solo da prospettive certe di guadagni lauti ed immediati. Insomma fondi regionali pubblici, da una parte e partecipazione di privati dall'altra, è come dire spese pubbliche per profitti privati, la vecchia ottica di sostegno all'industria italiana di democristiana memoria, la stessa, guarda caso, del ministro della sanità in carica.

Il territorio

A sostegno di quanto detto arriva un altro elemento rilevante di questa riforma: l'erogazione dell'assistenza sanitaria sul territorio. Questa se era il punto di forza delle vecchie USL per una sanità capillare ed universalistica, oggi diventa la punta di diamante del controllo economico della salute pubblica.

Non a caso il potenziamento dell'assistenza territoriale, implica un forte ridimensionamento, come quello avvenuto in questi anni '90, a carico degli ospedali con riduzione dei posti letto, delle giornate di degenza, della spesa farmaceutica e del personale. Inoltre con questo tipo di assistenza aumenteranno le prestazioni soggette a ticket vari, a pagamento per intero o a rimborsi attraverso convenzioni varie fra strutture private e pubbliche. Non a caso il distretto, l'elemento strutturale dell'azienda sanitaria per l'assistenza sanitaria sul territorio, con la riforma Bindi acquista un'ulteriore autonomia gestionale ed economico-finanziaria che con la contrazione massima delle spese ospedaliere sopraddette (personale, ricoveri, farmaci, ecc.) ed il controllo della domanda sanitaria territoriale, diventa un ottimo strumento per lo sfruttamento razionale del mercato sanità.

A completare il quadro arriva anche l'istituzione di fondi integrativi vari, a copertura di tutte le prestazioni aggiuntive non del SSN (quali?), controllati da associazioni, istituti, Onlus e, udite udite, sindacati. Fondi integrativi che fanno alzare la qualità dell'investimento sanità a mero fattore di sfruttamento economico, a soggetto di speculazioni finanziarie varie, come il neoliberismo dominante insegna.

La dirigenza medica

Ovviamente per realizzare quanto detto ci vorrà ancora un po' di tempo, ma il più è fatto anche a livello dei vecchi poteri di baronati medici vari. Non a caso la Bindi ha messo mano anche in questa materia apparentemente ridimensionando il potere della classe medica, ma in realtà rendendola più funzionale alle esigenze del mercato sanitario. In questi termini infatti si può leggere l'inquadramento unico della dirigenza medica, la nomina quinquennale dei vari primariati e dei vari manager aziendali, la scelta tra prestazioni sanitarie all'interno o all'esterno dell'azienda. In tal modo il potere della classe medica viene a legarsi a quello amministrativo dell'azienda sanitaria e politico di comuni e regioni, in un grado di interdipendenza reciproca dove ogni profitto di casta o personale garantisce comunque guadagni anche agli altri soggetti di potere. Giochi vecchi, ma proiettati verso prospettive economiche dove ogni potenziamento dei servizi e delle prestazioni sanitarie saranno finalizzati non tanto a migliorare lo stato di salute dei cittadini, ma ad essere soltanto fonte di ulteriore di guadagni attraverso pagamenti di visite ambulatoriali, ticket, convenzioni, rimborsi, storno di fondi integrativi, ecc. Già oggi in alcuni casi, certi primari pur di diminuire la spesa farmaceutica (utile all'azienda ed al loro budget di reparto) sarebbero disposti a convenzioni strane con le ditte farmaceutiche, del tipo: "Tu mi fornisci gratis questo antipertensivo, costoso, comunque sia continueranno a prenderlo, quindi ad acquistarlo di tasca loro o a carico del SSN".

La salute pubblica

A questo punto sembra chiara la vera natura di questa riforma, quello di trasformare ulteriormente l'assistenza sanitaria in un enorme business, dove la concorrenza devastante fra aziende sanitarie, servizi di una stessa azienda e quant'altro non produrranno una migliore qualità del servizio secondo le bugie narrate dalle leggi del mercato), ma uno scadimento globale dell'assistenza sanitaria universalistica e capillare così come dovrebbe essere concepita, a vantaggio degli sciacalli di sempre: politici, amministratori, baroni medici e faccendieri finanziari vari (fra cui, con il pretesto della gestione dei fondi integrativi, potremo trovare i beneamati sindacati), che vedranno migliorare lo stato di salute dei loro portafogli.

Il resto, la maggioranza dei cittadini, continuerà a subire (non ad usufruire) di un'assistenza sanitaria che sarà degna di chiamarsi tale solo verso chi potrà pagare: la visita, l'operazione, l'assistenza notturna e domiciliare, il farmaco, ecc. La riforma Bindi renderà forse efficiente la sanità italiana, per ogni tipo di interesse privato, ma non la renderà certo efficace sul piano della tutela della salute pubblica.

Non ce ne meravigliamo più di tanto. Non credo che qualcuno sperasse in questa riforma per non trovarsi più la diossia o l'encefalopatia spongiforme (la mucca pazza) nel piatto, o per vedere diminuiti i rischi di malattie da inquinamento ambientale, o da infortunio sul lavoro, o per vedere diminuiti i rischi di malattie da inquinamento ambientale, o da infortunio sul lavoro, o per avere un'assistenza dignitosa per gli anziani, o tante cose che dovrebbero essere garantite oggi, sul piano della salute, per qualsiasi essere umano alle porte del terzo millennio. Ma per il neoliberismo a queste cose già ci pensa ER - medici in prima linea ed il dottor Kildare, lasciando a noi, poveracci, l'illusione dei sogni, ed a lui la realtà dei profitti. Ma dai sogni prima o poi tornano a farsi sentire i bisogni.

Giordano Cotichelli



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