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Da "Umanità Nova" n.23 del 27 giugno 1999

Intervista ad Abel Paz
Una Rivoluzione per il domani

Abel Paz è figura conosciuta fra i compagni in Italia: militante anarchico, prese parte giovanissimo alla rivoluzione spagnola del 1936 da quel privilegiato punto di vista che era la Barcellona rossa e nera, culla di quella che nella storia è stata forse l'esperienza più intensa della costruzione di un mondo diverso. Ha poi conosciuto l'esilio a lunghi anni di galera nelle carceri franchiste. Soprattutto non ha perso la memoria. Anzi, pur non essendo - e non volendo essere - un cattedratico, ha trovato il modo su carta non solo le sue memorie (già quattro volumi di cui uno, Spagna '36, un anarchico nella rivoluzione" tradotto l'anno scorso in italiano e pubblicato per i tipi della Lacaita di Manduria (Bari), mentre già si annuncia l'uscita di un quinto) ma anche lucide ed accurate ricerche storiche raccolte in numerosi altri libri.

Abel Paz è stato nel nostro paese dal 5 maggio al 5 giugno, un mese esatto, per un ciclo di dibattiti su quella rivoluzione. Quattordici incontri in quattordici città di Lombardia, Piemonte, Liguria, Toscana, Sardegna, Emilia, Friuli e Veneto in occasione dell'uscita del primo volume della traduzione italiana del suo lavoro più importante, "Durruti e la rivoluzione spagnola" a cura della Biblioteca Franco Serantini di Pisa, della Zero in Condotta di Milano e de La Fiaccola di Ragusa: una monumentale biografia che, come ci racconta, è in realtà il pretesto per una storia dell'anarchismo e della Rivoluzione in Spagna. Accompagnando Abel nella prima parte del viaggio, abbiamo avuto la possibilità di rivolgergli qualche domanda sul libro, il secondo volume del quale uscirà entro la fine dell'anno.

Cosa ne pensi di questa nuova edizione in italiano, finalmente completa, del tuo lavoro?

Innanzitutto devo esprimere il mio ringraziamento ai compagni che hanno avuto l'idea di editare questo libro voluminoso. E' importante che finalmente tre case editrici libertarie si siano messe insieme per realizzare un progetto collettivamente. Una cosa simile, forse ancora più difficile perché si trattava di quattro case editrici di lingue differenti, è successa per la pubblicazione dell'album fotografico su Durruti. E devo ringraziare anche il traduttore, che ha avuto fra le mani un lavoro veramente grosso. Nel nostro caso il traduttore, Andrea Chersi, non ha voluto un centesimo, ed è anche per questo che il libro è potuto uscire.

Raccontaci un po' la storia di questa biografia...

In realtà è un libro maledetto. L'idea nacque in un sanatorio francese dove mi stavo curando di una lesione polmonare che mi tiravo dietro dagli anni di carcere in Spagna. Siccome non stavo facendo nulla mi misi a leggere tutto ciò che non avevo potuto leggere in precedenza a causa del lavoro. Nella biblioteca del sanatorio tutti i libri che c'erano e che avevano relazione con la Guerra civile spagnola erano di ispirazione comunista. I comunisti finivano per essere "i più e i migliori", mentre gli anarchici vi erano dipinti come "i peggiori", perché per la disgrazia di aver avuto anarchici sarebbe stata persa la guerra. Pensai quindi che sarebbe stato interessante approfittare del tempo in cui dovevo stare in quel posto e scrivere una storia della guerra spagnola vista da un anarchico. Cominciai a prendere appunti, a leggere, perché avevo già abbastanza materiale sotto mano.

Si diede il caso che venne a visitarmi una sera un'amica francese, Renee Lamberet, che era professora di storia, alla quale spiegai il mio proposito chiedendole un'opinione. Lei mi rispose: "Guarda devo raffreddarti l'entusiasmo: se lo scrivi non troverai un editore francese disposto a pubblicartelo, perché quasi tutti i direttori delle case editrici sono in rapporto con il Partito Comunista. Potresti fare così: perché non scrivi la biografia di Durruti, collocandolo nel periodo storico? Alla fine dei conti Durruti è un personaggio non molto implicato nella guerra, visto che morì dopo quattro mesi, ed inoltre gode di una certa fama a livello internazionale: nessuno lo attacca, nemmeno i comunisti. Quindi forse se imposti il libro in questi termini riusciamo a pubblicarlo".

Si trattava di un lavoro enorme: Durruti era un militante, aveva passato quasi tutta la sua vita in carcere o in esilio, non aveva lasciato scritto quasi nulla: alcune lettere alla famiglia, qualche articolo. C'era da fare una ricerca a fondo negli archivi di mezzo mondo. Allora lavoravo come tipografo e quindi vi potevo dedicare solo i fine settimana. Dopo dieci anni di lavoro il libro fu concluso. Non consiglio a nessuno un lavoro simile, ci volle molta pazienza. Lo potei scrivere anche grazie a tutti i compagni e gli amici di Durruti, ma non c'è peggior nemico dei ricercatori che i vecchi militanti anarchici, sempre molto reticenti nel parlare di questioni "scabrose", soprattutto se c'è da fare il nome di qualche compagno. Alla fine riuscii a ricostruire anche i periodi più oscuri, nel pieno della clandestinità, fino al 1931; è la parte che somiglia di più ad un romanzo d'avventura, tanto che un produttore americano mi propose di trarvi un film di cui poi non si fece più nulla.

Finito il libro dovetti cercare un editore. Gli editori erano restii, soprattutto per il problema della traduzione: anche i traduttori devono mangiare, e tradurre un libro di oltre 700 pagine era una spesa gravosa.

Alla fine venne a trovarmi un amico, che di mestiere faceva l'agente editoriale. Devi sapere che a Parigi c'era a quel tempo un editore che pubblicava romanzi rosa, mezzo pornografici. Questo editore, sulla quarantina, era sposato con una signora della stessa età. I quarnt'anni sono molto pericolosi: l'editore che aveva un'altra relazione, riuscì a convincere la moglie a mettere in piedi una piccola casa editrice indipendente, per potersi separare da lei. Quel mio amico invece, l'agente letterario, alla fine finì a letto con la moglie dell'editore. Si sa, in certi momenti uomini e donne prendono le decisioni più incredibili: lei si rese disponibile a pubblicare una collezione di libri sulle rivoluzioni, fra i quali sarebbe stato compreso anche il mio.

C'era infine il problema del traduttore. Un giorno bussano alla porta di casa mia, apro, e mi trovo davanti un uomo di mezza età, molto timido, che dice di voler parlare con Abel Paz. Lo faccio entrare e mi dice: "So che stai cercando un traduttore. Io sono francese, ma ho vissuto 15 anni in America Latina. Poi ho rotto con la chiesa - era prete - , mi sono sposato, ho due figli ed un sacco di problemi perché non riesco a trovare lavoro: quando un prete rompe con la Chiesa questa lo perseguita". La traduzione che alla fine mi presentò sembrava il quinto vangelo: usava un lessico da prete. Io gli dissi che così non poteva andare: lo rifece e dovetti comunque correggere molte cose, non fu facile.

Così uscì il libro: la prima traduzione venne pubblicata grazie a una donna adultera e ad un ex prete. Era già un libro maledetto.

La prima edizione fu quella francese, nel 1970. In seguito per le altre ho avuto molti altri problemi, soprattutto con le case editrici commerciali: firmavano un contratto e poi non mi pagavano. Così ho deciso di farla finita con le case editrici commerciali e di darlo in mano a piccoli editori anarchici, che non mi avrebbero pagato lo stesso ma almeno lo sapevo in anticipo. Il libro alla fine è andato bene: ci sono state addirittura traduzioni complicate, come la giapponese, la turca, la greca ed un riassunto in arabo. Mi mancano solo il cinese e il russo.

Questo viaggio in Italia come è andato?

Rispetto all'altro giro di conferenze che feci in Italia qualche anno fa la novità più interessante è la quantità di giovani che ha assistito ai dibattiti. Ho percepito un certo risveglio di interesse di diversi giovani che hanno partecipato intervenendo nei dibattiti: per me la conversazione in queste occasioni è stata più importante delle conferenze: Devo segnalare con sorpresa anche il caso della Sardegna, dove non ero mai stato: nelle due città dove sono passato ho notato un grande entusiasmo, soprattutto tra i giovani.

In generale l'accoglienza è stata molto simpatica, torno a casa contento e quasi ottimista, e voglio approfittare dell'occasione per ringraziare tutti quanti per l'attenzione che mi è stata dedicata in ognuno dei posti per i quali sono passato. Spero ci si possa rivedere presto, magari in occasione dell'uscita del secondo volume del libro.

(a cura di Andrea Dilemmi)

Abel Paz: Durruti e la Rivoluzione spagnola. Tomo 1: Da ribelle a militante, 1896 1936, Pisa, BFS; Milano, Zero in Condotta; Ragusa, La Fiaccola, 1999, 479 pp., ill., lire 32.000



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