![]() Da "Umanità Nova" n.24 del 4 luglio 1999 Pensioni. L'appetito vien tagliandoGiovedì 17 giugno "Il sole 24 ore" in un interessante articolo di Dino Pesole dal suggestivo titolo "Nel mirino Comuni e pubblico impiego" informava il pubblico del fatto che è previsto un ulteriore e secco taglio alla spesa pubblica per il 2000. L'entità della manovra era, secondo l'articolo, dell'ordine 16.000 miliardi e i settori da sottoporre a cura dimagrante segnalati erano: - il pubblico impiego (taglio del turn over); - gli enti locali da sottoporre a un più stretto controllo per quel che riguarda i flussi di spesa; - la sanità. principalmente, le poste, le ferrovie e alcune fonti di spesa minore.
L'evidente pesantezza della manovra in questione che, non dobbiamo mai dimenticarlo, si aggiunge ai tagli alla spesa sociale del passato decennio e ne aggrava gli effetti, è giustificata con i soliti argomenti: necessità di evitare il lievitare della spesa pubblica, allineamento agli altri paesi europei (che fanno tagli corrispondenti alla spesa sociale), urgenza di reperire risorse per lo sviluppo produttivo. Appena due giorni dopo, sullo stesso giornale, il nostro Dino Pesole aggiorna i dati e parla di una manovra dell'ordine di 20.000 miliardi. Un discreto esempio di tasso di inflazione turbinoso: in due giorni la mazzata si è appesantita del 25%. Le ragioni di questo cambiamento di quadro sono state spiegate in maniera secca se non convincente: con un tasso reale di crescita dell'economia dell'1,5% il deficit della spesa pubblica cresce automaticamente e, di conseguenza, il taglio di 16.000 miliardi servirebbe solo a pareggiare i conti. I 4.000 miliardi in più dovrebbero sostenere le imprese e, quindi, lo sviluppo economico. Può, però, valere la pena di collocare la vicenda della lievitazione dei tagli in una prospettiva più ampia. L'articolo di Pesole termina con la frase: "Della vera partita, le pensioni, si parlerà solo a settembre, così come per la sanità, dove si prospettano tagli per 4.000 miliardi." in altre parole, il padronato considera tutt'altro che chiusa la battaglia che va conducendo per accelerare la manovra sulle pensioni che da anni si sta sviluppando. I tagli per quel che riguarda la spesa sociale di altro genere non sono considerati sufficienti e, anzi, li si considera solo un, dovuto, antipasto. Quando Sergio D'Antoni afferma, nello stesso articolo: "Nessuna discussione sulle pensioni fino al 2001. Eventuali cambiamenti di linea sarebbero assolutamente inaccettabili. Si aprirebbe un fossato fra noi e il governo, una situazione assai pesante." E ribadisce nei giorni seguenti questa posizione con la minaccia di scioperare contro il governo non spaventa nessuno e men che meno il padronato. Il padronato, infatti, conosce D'Antoni e i suoi compagni di merenda meglio di quanto costoro conoscano se stessi e sa bene che la burocrazia sindacale, opportunamente sottoposta a pressioni di vario tipo, cederà su questo punto come ha già fatto a più riprese in passato. Il problema per CGIL-CISL-UIL è, a mio parere, evidente: - una qualche forma di difesa delle pensioni è loro necessario sia per ragioni di immagine che perché la loro base sociale di riferimento è costituita ancora in gran parte da lavoratori salariati non giovani e delle medie e grandi imprese; - d'altro canto una crescita dell'accumulazione capitalistica nel "nostro" paese sembra possibile solo se si garantiranno alle imprese finanziamenti, sgravi fiscali, flessibilità del mercato del lavoro; - visto che la burocrazia sindacale affida le proprie sorti alla buona salute del sistema delle imprese non può che essere disponibile rispetto alle richieste di fondo che la CONFINDUSTRIA pone al governo; - la CONFINDUSTRIA sa fare i conti meglio dei nostri baldi sindacalisti e, di conseguenza, li ha già presentati: un taglio medio annuo dell'1% della pressione fiscale sulle imprese per i prossimi tre anni, - una manovra di questa rilevanza va finanziata in qualche modo e il modo lo conosciamo bene.
La vivacità verbale di D'Antoni si spiega anche con la politica che, da anni, va conducendo per costruire una grande CISL capace di essere punto di riferimento per un'area centrista che, sul piano parlamentare, è sempre più frantumata. La CISL, insomma, ha bisogno di rendersi visibile rispetto ad una CGIL sempre più appiattita sulle posizioni governative mentre lo stesso Cofferati deve condurre una politica del doppio binario nei confronti del governo appoggiandosi ai settori dei DS "di sinistra" rispetto all'attuale segreteria. In questi ultimi giorni il governo ha lavorato ad un confronto con le associazioni sindacali del lavoro autonomo con le quali sembra aver trovato dei punti di accordo mentre, come si è già detto, lo stato dei rapporti con i sindacati istituzionali del lavoro dipendente sembra pessimo e tale resterà sino al prossimo, prevedibile, riavvicinamento. Non è, al limite, da escludersi che a settembre CGIL-CISL-UIL faranno un po' di animazione sociale per svendere al meglio le pensioni e la spesa sociale ma si tratta di eventi che oggi possiamo solo ipotizzare. Infine, la campagna padronale per il taglio della spesa sociale in genere e delle pensioni in particolare gode, all'interno del discorso dominante, della possibilità di utilizzare un argomento forte: la difesa delle pensioni sarebbe l'espressione di una logica corporativa, miope ed egoista che privilegia i vecchi a scapito dei giovani, i garantiti a fronte dei disoccupati, le categorie forti a fronte di quelle deboli. Dimostrare che quelle della Confindustria sono tesi inverosimili non richiede troppi argomenti. Presentare come privilegiati i lavoratori salariati che guadagnano fra un milione e mezzo e due milioni al mese è ridicolo come è ridicolo attribuire ai lavoratori salariati la responsabilità dello sfascio della previdenza. D'altro canto, però, la metodica distruzione di qualsiasi forma di solidarietà di classe che il padronato ha condotto negli ultimi anni con la compiacente subalternità della burocrazia sindacale ha operato a fondo ed è, quindi, sin troppo efficace il classico discorso sulla "solidarietà" intesa come unificazione al ribasso dei salariati e come distruzione di garanzie e diritti. Sarà, quindi, necessario a settembre una campagna puntuale di informazione e di lotta su questi temi, una campagna che assuma i temi del diritto al reddito e della difesa delle condizioni di vita dei salariati come due elementi della stessa pratica e dello stesso progetto. CMS
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