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Da "Umanità Nova" n.25 del 25 luglio 1999
All'ombra del grande camino
Enichem di Porto Marghera
Quando, qualche anno fa, Gabriele Bortolozzo, il vecchio operaio del
Petrolchimico da cui tutto è cominciato, inchiesta Casson compresa, mi
raccontava parte delle oscure vicende della chimica di Porto Marghera, i
contorni della geografia del dominio disegnata in questa area della Laguna
veneziana apparivano già ben delineati.
Sono contorni che rimandano ad un grappolo fittissimo di interessi, come ho
rilevato in altre occasioni, legati ad uno dei più grossi affari del
secolo. Ma nel corso di questo declinare di millennio, lento ed altrettanto
foriero di tragedie, il settore della chimica subisce i contraccolpi di un
sistema economico che cerca altre e più ecologicamente spendibili fonti
di guadagno. Per questo un accordo definitivo non si trova ancora sulle sorti
del Petrolchimico; perché accordi non ce ne possono essere fino a che i
poteri forti, quelli che non si vedono, non troveranno la soluzione migliore
per comporre, o ricomporre, gli equilibri della speculazione.
L'azienda EVC è soltanto una delle mille creature mostruose generate dal
capitalismo nostrano ed internazionale. Fu presentata intorno alla metà
di quest'ultimo decennio come la panacea ai guai del settore chimico. La presa
in carico da parte di EVC di alcuni degli impianti considerati a grandissimo
rischio doveva servire a segmentare un comparto industriale scosso alle
fondamenta dalla controinchiesta di Bortolozzo e dalle denuncie di Medicina
Democratica, fino al rinvio a giudizio dell'intera nomenclatura coinvolta nello
scandalo delle morti bianche di decine di operai. L'operazione ha retto per un
lasso di tempo brevissimo in rapporto alla consueta durata dei cicli
industriali delle grandi corporazioni, tutela dei segreti compresa.
Gli ultimi avvenimenti lo dimostrano con una qualche certezza. L'incidente
dell'8 Giugno scorso, infatti, continua a far parlare di sé e non
soltanto per la quantità enorme di Cloruro di Vinile Monomero che se
n'è andata a spasso per l'atmosfera. Considerare la questione soltanto
da questo punto di vista sarebbe analisi davvero miope; per una serie di
ragioni abbastanza precise. I volumi di composto fuoriusciti, tanto per
cominciare. La volta scorsa avevo messo in dubbio la serie di numeri sfornati a
garanzia della tranquillità della popolazione; faccio sempre bene ad
accanirmi sulle cifre. Il 16 Giugno il quotidiano locale La Nuova Venezia se ne
usciva con un titolo a caratteri cubitali denunciando che le tonnellate di gas
nocivo sfuggite al reparto CV22 erano quattro e non una. L'accertamento
eseguito dagli organi competenti, così amano definirsi, vale a dire
tecnici della Provincia e dell'ARPAV, Agenzia Regionale per l'Ambiente, ha
stabilito che tre delle tonnellate in questione sarebbero finite bruciate nel
termocombustore e una soltanto dispersa nell'aria attraverso il camino E10,
alto 145 metri e sprovvisto della cosiddetta torcia utilizzata per mettere a
fuoco i residui delle lavorazioni di materiale chimico tossico. Ma si tratta
appena di una delle tante versioni ufficiali fornite. Qualcun altro sostiene
che le tonnellate realmente emesse in atmosfera siano due. Affastellamento di
notizie contrastanti, conferme e smentite, interventi multipli da parte degli
infiniti organi di controllo locali. Infine, disinformazione e l'obiettivo
è stato ampiamente raggiunto.
Ci interessa poco, tuttavia, la magia dei numeri: ci basterà constatare
che la matematica è davvero un'opinione quando si parla di disastri
ambientali e che scienza e tecnica aiutano nella maggioranza dei casi i padroni
delle ferriere. Ci interessa molto di più il gioco delle
responsabilità, perché disvela le trame fittissime degli assetti
di potere, piccoli o grandi che siano.
La Provincia ha stilato lunghi e dettagliatissimi rapporti sulle cause
dell'incidente al Petrolchimico e sono addirittura i suoi esperti a mettere in
serio dubbio la versione dell'azienda sull'entità della fuga di CVM.
Eppure è stata proprio lo stessa Amministrazione provinciale ad
autorizzare anni addietro la chiusura della fiaccola del camino incriminato,
l'E10 appunto, poiché l'acido cloridico prodotto dalla combustione del
Cloruro di Vinile danneggiava le carrozzerie delle auto dei dipendenti,
posteggiate all'esterno degli impianti. La notizia è stata fatta
rimbalzare sulla stampa in un articoletto comparso sempre il 16 Giugno, questa
volta su Il Mattino di Padova, quotidiano dello stesso gruppo de La Nuova
Venezia. Chi parla, a briglia completamente sciolta, è Pietro Miani, ex
capo della Sicurezza del Petrolchimico. Il supertestimone, che nel frattempo
è già passato dall'ufficio di Felice Casson per un lungo e
dettagliato colloquio con il pubblico ministero, racconta un mucchio di cose
interessanti anche ai giornali ed ammette le gravi carenze impiantistiche nei
reparti di produzione CVM.
Intanto continua frenetica, per tutta la settimana successiva all'incidente,
l'attività dei cosiddetti esperti. Il verbale del sopralluogo condotto
l'11 Giugno dal Settore Politiche ambientali della Provincia, rappresentate
dall'ingegner Avezzù, e dal tecnico ARPAV signor Franco Rigosi viene
spedito direttamente all Prefettura ed al Comune affinchè si adottino le
misure del caso. Un verbale impietoso, questa volta, di apparente secca
denuncia delle responsabilità ma nello stesso momento ampiamente
contraddittorio. La Nuova Venezia, il 12 Giugno, quattro giorni dopo la fuga,
ne riporta i brani salienti; vediamone brevemente un paio. "La causa
dell'evento è da ricercarsi soprattutto nell'inadeguata conduzione
dell'impianto da parte degli operatori, i quali hanno trascurato un allarme di
livello relativo ad una colonna di distilllazione. L'allarme di livello del CVM
è stato ignorato dagli operatori. Poco dopo è scattato il blocco
di massima pressione." E ancora: "E' da segnalare l'inadeguatezza del fax che
riportava notizie incorrette (ora dell'evento 8.30 e non 20.30, quantità
emesse molto limitate), era scarno di informazioni (non risulta nemmeno il
reparto dove è avvenuto il fatto) nonché in forte ritardo (3 ore
dopo l'incidente, quindi a evento concluso)."
Ma il vero pezzo forte è quello che riguarda la sicurezza ambientale:
"Le condizioni meteo erano di relativa calma di vento (2 metri al secondo in
direzione NNE), quindi si presume che le ricadute al suolo siano decisamente
modeste [...] I sistemi di sicurezza automatici hanno funzionato correttamente,
prevenendo incidenti di elevata pericolosità per gli addetti e la
popolazione: l'incidente sarebbe stato evitato con una adeguata conduzione
dell'impianto." La chimica può ancora funzionare. Si legge ancora nello
stesso rapporto: "Il cloruro di vinile fuoriuscito ha provocato lo sfondamento
della guaina idraulica 899. La valvola ha provocato così per circa
un'ora e mezza il rilascio di cloruro di vinile nel collettore e di conseguenza
in atmosfera. La quantità di cloruro di vinile emessa è in corso
di valutazione. Da una prima sommaria analisi si attesterebbe attorno ai 900
kg."
Fatemi capire. Un'ora e mezza di dispersione in aria di CVM conseguente allo
sfondamento di una valvola di sicurezza - sfondamento, non cattivo
funzionamento - per arrivare a dire che comunque l'evento è rimasto
dentro ad un margine di non elevata pericolosità. Le conclusioni a
voi.
Non è finita qui, sia ben chiaro. Nuova ispezione di Provincia e ARPAV
il giorno 15 Giugno all'impianto incriminato. I tecnici questa volta,
attraverso l'utilizzo di modelli matematici diffusionali, così riporta
la carta stampata, possono constatare che la grande quantità di CVM in
parte allo stato puro, in parte combusto - a questo punto uno, due, tre o tutte
e quattro le tonnellate, non è dato di sapere - è ricaduta in una
vasta area, in parte residenziale che comprende Malcontenta, Gambarare, Piazza
Vecchia, Porto Menai, Dogaletto. La zona in questione dista non più di
tre o quattro chilometri dall'EVC di Marghera e, continua a riportare
imperterrito il cronista, la concentrazione massima di gas tossici e
cancerogeni è stata di 0,2 parti per milione. Quantità non
pericolosa, ben s'intende, ma superiore allo zero assoluto che consigliano le
autorità sanitarie di tutto il mondo.
A questo punto gli esperti della Provincia e dell'Agenzia Regionale per
l'Ambiente si mettano d'accordo, perlomeno prima di coinvolgere la Prefettura.
C'è stata o no contaminazione delle aree limitrofe allo stabilimento e
se sì in quale realistica misura? Può davvero un impianto del
genere essere ancora considerato sicuro? Infine: possiamo cortesemente chiedere
un dato certo sul tonnellaggio di composto sparato direttamente nei nostri
polmoni?
Dichiarazioni, conferme, smentite, ritrattazioni, nuove dichiarazioni.
Disinformazione. Dopo la catena delle molecole, la catena delle bugie.
Il direttore di EVC, Carlo Porcu, dovrà rispondere, a seguito della
comunicazione giudiziaria che gli ha inviato Casson, di disastro colposo e
omissione di cautele. Reato pesante, soprattutto per le responsabilità
che ne derivano. Nel frattempo in tema di sicurezza continuano gli interventi
misti - leggete caotici - di Comune, Regione, Provincia, ARPAV, Vigili del
Fuoco, Ministero dell'Ambiente. Chissà se la guaina idraulica 889
è già stata sostituita.
Mario Coglitore
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