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Da "Umanità Nova" n.26 del 5 settembre 1999

Vengo anch'io? Politici d'estate

L'estate si chiude con una serie di movimenti che animano di una vita meccanica il sottosistema politica. Può valere la pena di ricordarne alcuni:

Le baruffe neocomuniste

Il Partito della Rifondazione Comunista, reduce da un salasso elettorale doppiamente preoccupante perché determinato sia dalla scissione cossuttiana che dalla crescita dell'astensione elettorale, deve decidere cosa farà da grande, si fa per dire.

La sconfitta elettorale, infatti, ha dimostrato si bertinottiani che l'opposizione parlamentare dura e pura non è conveniente e non serve a conquistare i settori sociali che in misura consistente hanno scelto l'astensione. A questo punto il PRC si trova di fronte al rischio dell'implosione e la metà del partito di derivazione cossuttiana pone all'ordine del giorno la necessità di una politica "ragionevole" e diversa dalla logica massimalista e movimentista di Bertinotti. La sconfitta dei bertinottiani dimostra, infatti, che il corteggiamento nei confronti dei centri sociali può garantire qualche passaggio sui giornali e in televisione ma non porta voti. D'altro canto il PRC deve fare i conti con la debolezza del suo insediamento sociale, debolezza che lo rende sgradevolmente omogeneo agli altri partiti, e con il fatto conseguente che l'oscuramento da parte dei media lo ha pesantemente penalizzato.

A questo punto i nostri eroi lanciano una politica di prudente riavvicinamento al centro sinistra in vista delle elezioni regionali del 2000, riavvicinamento che prelude, con ogni evidenza ad una qualche forma di desistenza per le elezioni politiche del 2001.

Come si vede, una svolta ragionevole e che può scandalizzare solo coloro che avevano riposto eccessive speranze nella politica bertinottiana di agitazione di piazza.

A questa apertura all'Ulivo seguono risposte differenziate e, in qualche modo, interessanti visto che le maggiori aperture vengono dai settori postdemocristiani della maggioranza, quelli che sono interessati ad un'alleanza fritto misto, per un verso, e al tenere la destra fuori dal gioco governativo e sottogovernativo, per l'altro.

La faccia feroce viene fatta soprattutto dai diretti concorrenti del PRC e cioè dai rinnegati del PdCI che vogliono far pagare ai nostri eroi le scritte e gli slogan anticossuttiani di questa primavera (chi non ricorda i reiterati "Rizzo pelato, servo della NATO!" che ornavano i muri delle città?) e, soprattutto, che devono garantirsi lo spazio di guardia plebea dell'ulivo, spazio che sarebbe inevitabilmente occupato con maggior credibilità da un PRC tornato all'ovile.

Sull'altro versante della maggioranza, l'ineffabile Antonio di Pietro nel mentre firma i referendum di Alleanza Nazionale si dichiara indisponibile al perdono con l'intento evidente di mettere in imbarazzo i DS e di alzare il prezzo del suo sostegno al governo anche in considerazione del fatto che si tiene sempre aperta una possibile transumanza a destra.

In buona sostanza, vale in questo caso la regola secondo la quale le lotte più vivaci sono quelle fratricide.

I libertari per ogni stagione

Nel corso dell'estate i liberali, liberisti e libertari della Lista Bonino ritemprati dal ritorno in scena del sempreverde Giacinto, detto Marco, Pannella hanno raccolto le firme per i loro venti referendum in concorrenza e collaborazione con i postfascisti di Alleanza Nazionale che si sono concentrati su due referendum e sonno giunti a raccogliere tutte le firme necessarie, almeno a sentire loro.

Forti dell'ottimo risultato della Lista Bonino, lamentandosi orribilmente della repressione alla quale li sottopone il terribile regime cattocomunista, informandoci ogni giorno dalla televisione che la televisione li censura, la Bonino e Pannella, i due eroi "libertari", hanno aperto, chiuso e riaperto a più riprese la trattativa con la destra per fornirle la terza gamba, accanto ad AN ed Forza Italia, lasciando al buon Casini del CCD il ruolo di coda o, meglio, di codino del Polo.

Evidentemente sino ad ora sono stati troppo golosi con l'effetto di essere scaricati da Silvio Berlusconi che ritiene evidentemente che i voti controllati dalla Lista Bonino siano meno numerosi di quelli che hanno raccolto, grazie ad un clima particolare, alle elezioni europee e, soprattutto che Pannella sia un alleato scomodo ed ingombrante, capace di far perdere al Polo più consensi di quanti ne porterebbe.

Ancora una volta è interessante notare che la frizione più forte c'è fra i liberali di Forza Italia e i libertari della Lista Bonino mentre i camerati di AN si fanno meno problemi e cercano un rapporto privilegiato con i pannelliani anche per recuperare la batosta presa alle elezioni europee da FI.

Bossi o l'anno del cavallo magro

La recente, crisi che ha portato alla fuoriuscita di importanti dirigenti piemontesi e lombardi a qualche mese di distanza da quella di settori veneti della Lega, della Lega Nord può essere considerata come un momento di crisi simile ai, molti, precedenti o essere un colpo secco alla resistibile ascesa del leghismo. Molte ragioni inducono a ritenere che la crisi in questione possa vere un impatto più consistente delle precedenti. Dal punto di vista dell'organigramma la Lega perde molti amministratori e di conseguenza un pezzo di potere, da quello politico la crisi inchioda la Lega ad una sua contraddizione interna strutturale: l'essere l'espressione elettorale o, almeno l'esserlo stata, di un universo sociale moderato e pragmatico a fronte dell'incapacità di ottenere risultati concreti dal punto di vista degli interessi che pretende di rappresentare.

in altri termini la Lega rischia di trasformarsi in un movimento a forte densità ideologica, radicato solo in alcune province del profondo nord ed incapace di fare politica parlamentare nel mentre non è nemmeno in grado di praticare lo scontro di piazza e la mobilitazione sul territorio nonostante alcuni sforzi in questa direzione.

Il destino dei leghisti dissidenti sembra scontato e andranno, con ogni probabilità, a costituire l'anima federalista della destra che già governa le principali regioni del nord Italia.

I leghisti duri e puri, ridotti ad essere, per citare Bossi, un cavallo magro dovranno correre molto se vorranno recuperare lo spazio perso.

Ancora una volta, le due anime della destra, quella nazionale e quella padana, si scontrano fra di loro e per la Lega il Polo si dimostra un avversario più temibile dell'Ulivo.

Dal politico al sociale

Le brevi note precedenti dimostrano che la tendenza del sottosistema politico a muoversi come un universo separato e dominato da logiche interne vanno rafforzandosi sia grazie agli effetti del sistema elettorale maggioritario che per l'effettivo svuotamento del rilievo effettivo della politica parlamentare dal punto di vista storico.

Dal punto di vista della tecnica elettorale è noto che il sistema elettorale maggioritario si propone di semplificare gli schieramenti politici e di depoliticizzare la società favorendo la riduzione della politica parlamentare e tecnica pura di governo. Questo lodevole obiettivo deve fare i conti in Italia con la natura affatto particolare del ceto politico con l'effetto di portare ad esiti suggestivi, almeno ad oggi. Un fautore del maggioritario di carattere ottimista può ritenere l'attuale circo equestre politico come una fase di transizione che ci condurrà ad avere una democrazia all'americana in tempi non troppo lunghi.

Visto che noi non siamo difensori del vecchio sistema dei partiti né apologeti del nuovo, dovremmo volgere la nostra attenzione agli effetti sul corpo sociale dell'esaurirsi del senso stesso dell'azione parlamentare anche sulla base di ciò che pretende di essere.

La triste fine del PRC, ad esempio non basterà certo a guarire del tutto gli amanti di sinistra dei riti elettorali ma potrebbe favorire l'affermarsi di un punto di vista diverso da quelli sul mercato sulle questioni all'ordine del giorno.

A settembre ci attendono alcune importanti scadenze politiche e sociali. Il dibattito politico e sindacale dell'estate, quello più preoccupante, si è incentrato intorno alle ipotesi di taglio delle pensioni come rimedio al problema della disoccupazione.

Su questo terreno dovremo fare chiarezza, costruire mobilitazione, riprendere l'iniziativa.

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