unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.26 del 5 settembre 1999

API di Falconara
Cernobyl in Vallesina

Mercoledì 25 agosto è stata sfiorata una catastrofe. Mezza Vallesina ha rischiato di essere devastata irrimediabilmente, per un incendio sviluppatosi all'interno della raffineria API di Falconara, costato caro a due lavoratori.

Un incidente, l'ultimo, di una serie che negli ultimi tempi stanno aumentando di numero, denunciando lo stato, il livello della manutenzione, e le norme di sicurezza di un impianto considerato fra quelli più a rischio in Italia, che non ha niente da invidiare a quelli tristemente noti di Seveso, dell'Acna di Cengio, della Farmoplant di Carrara.

Ciò nonostante la dirigenza aziendale ha aggiunto che quanto è successo dimostra comunque la capacità di tenere gli impianti sotto controllo e, in questo, le istituzioni si sono rallegrate per l'efficienza dei piani d'emergenza che hanno domato l'incendio evitando guai peggiori.

Qualcuno certo ha affermato la necessità di riconsiderare il rapporto territoriale tra API, ferrovia, corridoio aereo e i due quartieri cittadini confinanti con la fabbrica, magari attuando un piano per spostare... i quartieri e la ferrovia. Nessuno che abbia messo in discussione l'esistenza stessa di un impianto, giustificata sulla stampa locale da un balletto di cifre e di dati economici che danno però solo il segno che i profitti privati dell'API, ed i suoi ricatti occupazionali valgono per amministratori e politici locali, regionali e nazionali molto più della vita umana e della salvaguardia ambientale.

Sembra che spostare l'impianto costerebbe 3000 miliardi circa (cifra fornita dalla dirigenza API), mentre la delocalizzazione dei due quartieri appena 300. E quest'ultima soluzione sembrerebbe la più semplice, con il sicuro vantaggio per i residenti di non essere più costretti a respirare petrolio o a rischiare di saltare in aria da un momento all'altro.

Ma questo non tiene conto che l'API non è solo una questione che interessa la periferia urbana di una città, Falconara, ma è uno degli elementi che contribuisce da anni a rendere la Vallesina una fogna a cielo aperto. I fumi della raffineria nelle giornate senza vento vengono respirati dai 30.000 abitanti di Falconara, ma basta si alzi un po' di brezza che i residui gassosi del petrolio arrivano tranquillamente nelle città dell'entroterra per diversi chilometri, sommandosi e comminandosi con tutte le altre sostanze inquinanti presenti nella zona, una delle aree più urbanizzate ed industrializzate delle Marche.

E' bene ricordare inoltre, che l'impianto è attraversato dalla linea ferroviaria che collega Ancona con il Nord, ed è a pochi chilometri dall'aeroporto "Raffaello Sanzio" che, negli ultimi tempi, causa le guerre balcaniche, ha aumentato notevolmente il traffico aereo e la sua importanza sul piano militare. Elementi che aumentano il rischio di una catastrofe in caso di incidente aereo o ferroviario. Qualche anno fa precipitò in mare, a poca distanza dall'impianto, un aereo da turismo, facendo accendere diversi ceri alla madonna.

Ciò nonostante la raffineria non dovrebbe correre rischi per il suo prossimo futuro. Il ministero dell'industria, otto anni fa, le ha rinnovato la concessione ad operare fino al 2010 ed il direttore generale del ministero dell'Ambiente, Corrado Clini, ha affermato che dal punto di vista amministrativo avrebbero delle difficoltà ad imporre la chiusura di un'azienda che ha sempre rispettato le prescrizioni di sicurezza indicate. Sul fronte politico, al di là della retorica garantista o allarmista dei partiti di governo e di opposizione, ben poco si scorge all'orizzonte che possa far sperare in una battaglia futura contro gli interessi dell'Anonima petroli italiana della famiglia Brachetti Peretti, una vera e propria dinasty industriale. Non sarà certo il locale Comitato dei cittadini di Villanova e Fiumesino (i due quartieri contigui alla raffineria) a minacciare la vita dell'impianto: troppo debole di fronte agli squali della politica che da anni sono sottomessi agli interessi dell'API. e, nonostante l'infortunio fatale occorso a i due operai, causato dall'esplosione, sul fronte sindacale poco o nulla si è mosso.

Tutto ci dipinge un quadro molto più fosco di quello che i bagliori dell'esplosione hanno per un attimo portato alla luce. Un quadro che riguarda una città degradata, Falconara, nel suo territorio, nella sua vita sociale ed economica. Centro turistico estivo locale nel passato, causa l'inquinamento del mare e le emissioni maleodoranti della raffineria, ha visto le sue coste progressivamente abbandonate dai bagnanti: Il suo retroterra contadino, praticamente scomparso, ha lasciato spazio a decine di fabbrichette che, sul noto modello marchigiano, producono sfruttamento per i lavoratori e profitti per i tanti padroncini locali. Inoltre una delle attività più proficue della città, quella alberghiera, sostenuta dalle mensili cerimonie di giuramento dei militari di leva della caserma C.A.R. (Centro Addestramento Reclute) dell'esercito dell'84deg. Bgt. Ftr. "Venezia" di Falconara, presto scomparirà sotto i colpi riformatori della leva militare a favore dell'esercito professionale. In pratica Falconara sta tornando ad essere Ancona 6, la frazione del capoluogo marchigiano istituita per decreto negli anni venti dal fascismo, cancellando la municipalità faconarese, contribuendo così all'allargamento dell'area metropolitana di Ancona, a spese della salute del territorio e della popolazione.

A questo punto sul piano politico non risulta affatto retorico o utopistico augurarsi che possa prendere l'avvio una battaglia che chieda la chiusura dell'impianto, garanzie occupazionali per i posti di lavoro perduti, il risanamento ambientale ed il risarcimento dei danni causati in questi anni dalla raffineria. Questo non solo in risposta a quanto è successo il 25 agosto scorso, ma anche per poter far nascere una opposizione di base che rimetta in discussione i bisogni ed i sogni della sua gente di Falconara, e della Vallesina, che oggi più che mai ha bisogno di diventare padrona del suo futuro.

Mercoledì 25 agosto scorso l'esplosione dell'API ha risvegliato bruscamente, sull'orlo del baratro, Falconara e la Vallesina, ponendole una volta per tutte di fronte ad una scelta: continuare a cedere ai ricatti, alle menzogne, alle devastazioni ed all'arroganza del profitto privato, o urlare e far valere le ragioni della salute, dell'ambiente, dell'occupazione (vera) e della vita.

Giordano



Contenuti UNa storia in edicola archivio comunicati a-links


Redazione: fat@inrete.it Web: uenne@ecn.org