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Da "Umanità Nova" n.26 del 5 settembre 1999

Folgore 1997/1999: Incidenti mortali, scandali e nonnismo

Sulla "Folgore" si potrebbe scrivere un libro. Per mancanza di spazio però ci limiteremo a analizzare gli avvenimenti di questo corpo dopo le clamorose denuncie sulle torture compiute dai parà durante la missione "umanitaria" in Somalia. Questa cronistoria si commenta da sola. Da parte nostra segnaliamo solo la complicità del governo di centro-sinistra che invece di fare piazza pulita continua ad esprimere solidarietà nei confronti dei vertici militari coinvolti negli scandali. Vuoi vedere che la "Folgore" è considerata un "soggetto" pericoloso che, non si sa mai, conviene avere dalla propria parte? Potrebbe essere questa una chiave di lettura che spiega perché alla "Folgore" è permesso di fare tutto, o quasi.

5 giugno 1997: un servizio pubblicato da "Panorama" fa  scoppiare lo scandalo delle torture compiute dai parà italiani durante la missione in Somalia iniziata nel 1993. Le foto e le testimonianze pubblicate parlano di torture e sevizie in stile sudamericano che confermano quanto era stato denunciato fin dal 1993 da alcuni settimanali ("Epoca" e "Avvenimenti") ma che era stato insabbiato dalla magistratura militare. Lo scandalo si allarga a macchia d'olio e la "Folgore" è sul banco degli imputati. I generali Loi e Fiore, ex comandati dei parà e della missione sono costretti a dimettersi. Il governo decide di istituire una commissione di inchiesta, presieduta da Domenico Gallo.

20 giugno 1997: lo Stato maggiore dell'Esercito comunica "che è allo studio la sostituzione del generale Cantone" comandante della Folgore fin dai tempi della missione in Somalia e attualmente in Albania come comandante di una missione civile-militare. A sostituire Cantone viene chiamato il colonnello Celentano, che durante la missione in Somalia aveva comandato il 186mo reggimento della Folgore. A Cantone rimane però l'incarico in Albania.

23 giugno 1997: dopo essere stato interrogato dal magistrato inquirente il generale Cantone sostiene la tesi della "torbida macchinazione" contro la "Folgore".

12 luglio 1997: i genitori di tre giovani parà morti durante dei lanci effettuano un volantinaggio in occasione del giuramento di un gruppo di allievi parà dello SMIPAR di Pisa un volantinaggio. Chiedono giustizia per i loro figli morti fra il 1994 e il 1996 per una serie di "problemi tecnici legati alla tecnica di lancio con uscita rapida ideata dal generale Loi" quando comandava la "Folgore". Per la morte dei parà la procura di Lucca ha rinviato a giudizio 21 militari fra cui lo stesso generale Loi, il generale Staccioli, il generale Rosa, il generale Jacono. Fra i rinviati anche il direttore di lancio Marco Giacomini, accusato di nonnismo per aver picchiato e costretto a fare delle flessioni prima del lancio uno dei giovani morti.

1 agosto 1997: piena stima e sostegno morale alla Brigata Folgore viene portato da Valdo Spini e dalla Commissione difesa della Camera durante un incontro con 400 fra ufficiali e sottufficiali parà svoltosi nella sede del comando della Brigata a Livorno.

9 agosto 1997: la commissione Gallo conclude i suoi lavori assolvendo i vertici della "Folgore": le torture ci sono state ma sarebbero dei "casi isolati".

17 agosto 1997: il caso delle torture si riapre per la testimonianza di un maresciallo del carabinieri paracadutisti che rende pubblico il suo diario. Il diario costringe la commissione Gallo a riaprire l'inchiesta.

4 settembre 1997: la magistratura livornese decide di prorogare di sei mesi le indagini sull'omicidio del maresciallo della "Folgore" Marco Mandorlini, trovato morto il 13 giugno 1995 sulla scogliera livornese con colpi portati da un pugnale in uso fra i parà. Durante la missione in Somalia Mandorlini era stato il capo scorta del generale Loi.

9 ottobre 1997: il pretore di Lucca decide di unificare i procedimenti aperti per la morte durante i lanci dei tre parà.

23 marzo 1998: inizia a Lucca il processo per la morte dei tre parà che vede coinvolti 21 imputati, tutti alti gradi della "Folgore". Il processo è tutt'ora in corso.

4 aprile 1998: il comandante dello SMIPAR, gen. Nardi, e il suo vice, gen. Scalera, vengono rimossi dai loro incarichi dopo la denuncia di tre episodi di nonnismo. La decisione è stata presa dallo Stato Maggiore dell'Esercito. Il provvedimento è giustificato dal "non rispetto delle procedure" e "per non aver tempestivamente comunicato i casi di nonnismo". Fra i casi denunciati una recluta ricoverata in ospedale per aver avuto una pedata nei testicoli e un'altra costretta a bere un bicchiere di urina.

9 aprile 1998: un ex-sergente dei parà viene condannato dal tribunale di Livorno a otto mesi per "violenza aggravata continuata" nei confronti di una recluta che portata all'esasperazione si era poi suicidata.

16 aprile 1998: lo Stato maggiore dell'Esercito smentisce l'esistenza del progetto di sciogliere la "Folgore" trasferendone alcuni reparti alle Brigate Friuli, Garibaldi e Pozzuolo, pubblicato dal "Borghese".

7 maggio 1998: durante una visita all'Accademia militare di Livorno il sottosegretario della difesa Brutti dichiara che la "Folgore è uscita a testa alta dal caso Somalia".

28 maggio 1998: la commissione Gallo conclude il suo supplemento di indagine. Dopo aver confermato che le torture e le violenze ci sono state ma sono state episodiche, la commissione ammette che "talvolta l'azione di comando è risultata inadeguata o addirittura carente". La commissione ammette anche "l'ostentazione in talune unità di simboli e slogan nazisti e fascisti". Si tratta di ammissioni molto limitate che non inficiano un giudizio positivo sull'operato della missione militare italiana in Somalia.

8 giugno 1998: muore nell'Ospedale di Genova un maresciallo dello SMIPAR che il giorno prima si era schiantato sul tetto di una casa durante un lancio di addestramento.

24 giugno 1998: i familiari della vittima rivelano che una lettera anonima sostiene che il maresciallo Mandorlini è stato ucciso nella Caserma di Livorno la notte fra il 12 e il 13 giugno 1995 e solo successivamente trasportato sulla scogliera.

23 luglio 1998: nella campagna pisana viene trovato il corpo del comandante della 2^ compagnia dello SMIPAR. In serata il comando della "Folgore" dichiara che il "capitano è morto per presunto suicidio".

30 luglio 1998: in una audizione di fronte alla Commissione difesa della Camera, il ministro della difesa Andreatta sostiene che il comportamento del contingente militare in Somalia è stato carente nell'azione di comando a livello intermedio "ma non ai vertici".

27 agosto 1998: un carabinieri del GIS, le "teste di cuoio" dell'arma reclutate fra i carabinieri paracadutisti del "Tuscania" di stanza nella caserma dei parà di Livorno, si ferisce gravemente durante un'esercitazione in una fabbrica dismessa di Marina di Pisa.

4 settembre 1998: durante un lancio di addestramento ad Altopascio un maresciallo dei parà rimane attorcigliato ad un paracadute di un compagno e muore impiccato. In serata il ministero della difesa precisa che "non vi è alcuna connessione tra l'incidente e la cosiddetta tecnica di uscita rapida, tra l'altro non più in uso nell'esercito".

27 novembre 1998: due parà del reggimento Nembo rimangono gravemente feriti durante un'esercitazione a Marina di Vecchiano (LU).

11 maggio 1999: un maresciallo del "Col Moschin" viene trovato morto nel magazzino della caserma degli incursori sita a S. Rossore, alla foce dell'Arno. Viene aperta un'inchiesta: sembra che la morte sia dovuta alla caduta provocata da un malore durante un esercizio fatto "per tenersi in forma".

25 giugno 1999: a poco più di due anni di distanza dallo scoppio dello scandalo Somalia, la Commissione difesa del Senato assolve l'operato del contingente italiano considerandolo "fondamentalmente all'altezza delle nostre tradizioni e delle finalità di pace e soccorso umanitario della missione Restore Hope". La Commissione preannuncia una visita alle caserme dei parà di Livorno e Pisa al fine, come sostengono due esponenti di AN, di "esprimere ai paracadutisti la solidarietà del Parlamento".

A. V.



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