![]() Da "Umanità Nova" n.26 del 5 settembre 1999 Bollettino di guerra IITarget L'associazione dei sindacati liberi e indipendenti (Afitu), organizzazione di metalmeccanici serbi che fa parte dell'opposizione antigovernativa, ha reso noti i risultati di un'inchiesta effettuata sull'entità dei danni causati dalla guerra "umanitaria": circa 2.000 vittime civili e 6.000 feriti gravemente in Serbia, Kosovo, Montenegro; alcune migliaia di centri pubblici, uffici, ospedali, case di cura sono stati colpiti dai bombardamenti (solo in Vojvodina 3.650 strutture danneggiate, 3.000 a Leskovac); 33 strutture sanitarie (cliniche, centri psichiatrici, reparti per neonati, etc.) colpite più o meno gravemente; 121 fabbriche; 23 raffinerie; 28 centri agricoli; 29 scuole, soprattutto elementari; 61 ponti; 9 monasteri e luoghi di culto; 15 musei e monumenti storici; 44 tra radio, TV e ripetitori; 24 stazioni ferroviarie; 14 aeroporti; 19 sedi diplomatiche e persino 41 autobus, oltre a un numero imprecisato di strade, uffici pubblici ed altre infrastrutture civili più o meno "centrati" dalle armi della NATO.
Secondo la stessa fonte indipendente sarebbero stati 1.200 gli aerei impiegati dalla NATO (contro gli oltre 500 dichiarati) per un totale di 26.289 azioni accertate; mentre sarebbero stati lanciati 10.000 missili "cruise" e 2.900 tra missili e bombe. Nel corso di 2.300 attacchi su 995 target sono state scaricate 21.700 tonnellate di esplosivo compresi 152 containers con 35.450 "cluster bomb". (La documentazione di questa ricerca è stata consegnata a una delegazione di metalmeccanici della FIOM di Lecco e parzialmente pubblicata su "Il manifesto" del 25 luglio).
Secondo fonti ufficiali lo stato italiano ha contribuito direttamente per un 10% alle operazioni belliche della NATO contro la Serbia, impiegando 54 veicoli e 19 basi, effettuando oltre 1.300 missioni operative, per un totale di 3.600 ore di volo. Durante le azioni di bombardamento l'Aeronautica italiana ha sganciato 115 missili Harm (per un costo di circa 50 miliardi di lire), oltre 500 bombe Gp Mk.82, 39 bombe a guida IR (che costano circa 135 milioni di lire l'una!) e 80 bombe a guida laser (appena più economiche). I costi complessivi della guerra aerea italiana: oltre 180 miliardi di lire.
Francesco Giuseppe Bider, 37 anni, di Biella è morto in combattimento in Kosovo in giugno, indossando l'uniforme dell'UCK. Era uno dei "volontari" italiani arruolati dall'UCK, tiratore scelto, reduce della Bosnia e con 8 anni di esperienza di guerra; di lui hanno scritto di tutto: che era pacifista, antimilitarista, cattolico, convertito all'islam, ma quello che si sa del suo curriculum fa pensare molto più semplicemente ad un mercenario.
Nel mese di luglio la Marina Militare italiana ha dichiarato concluse le operazioni di bonifica dell'Alto Adriatico dagli ordigni sganciati in mare dagli aerei di "Allied Force". Il bilancio di circa due mesi di attività con l'impiego di 9 dragamine e 550 uomini, è ridicolo quanto allarmante:34 ordigni (di cui 2 vecchi residuati) localizzati ed eliminati, comprese alcune micidiali CBU 87 e BLU 97. Costo dell'operazione: 9 miliardi di lire, stornati dal bilancio della Marina Militare che in questo modo ha potuto svolgere un'esercitazione in grande stile. Nonostante che l'ammiraglio Paolo Giardini abbia dichiarato che "possiamo garantire un grande coefficiente di sicurezza a chi opera i quel tratto di mare", e che Il Gazzettino (30 luglio) abbia diligentemente scritto che "pescatori, bagnanti, operatori turistici possono stare tranquilli", rimangono gravi ombre su tutta l'operazione contraddistinta sia dal top secret militare che da un'evidente impreparazione ad affrontare un'emergenza prevista e determinata dagli stessi militari; si pensi che la marina Militare è giunta a richiedere ai pescatori di Chioggia un certo numero di "ramponi" utilizzati per la pesca a strascico per cercare di "catturare" le bombe giacenti sul fondo. D'altra parte rimane sconosciuto il numero effettivo delle bombe sganciate dalla NATO e, in particolare, si nasconde il numero di quelle caricate con uranio impoverito e delle insidiose bombe a frammentazione (grandi più o meno quanto una lattina media di birra) contenute in numero di circa 200 in ogni contenitore "cluster bomb". Nel Basso Adriatico invece, dove altri due gruppi di dragamine della NATO operano al largo di Foggia e Bari, le operazioni di bonifica dovrebbero concludersi alla fine di agosto; alla fine di luglio il bilancio ufficiale è, su 102 ordigni sganciati, 75 localizzati e 67 distrutti. Anche qua però la cortina della disinformazione impedisce di sapere tipologia degli ordigni e modalità dell'intervento che, come paventato da più parti (Ordine dei Medici di Padova, Legambiente, etc.), rischia di devastare ed inquinare a tempo indeterminato l'ecosistema adriatico, facendo esplodere bombe caricate con uranio 238, fosforo, tritolo ed altre sostanze chimiche.
Se il comandante in capo della NATO, generale Wesley Clark, è stato "dimissionato" dal suo incarico per la condotta fallimentare della guerra contro la Serbia, a conferma del fatto che gli USA l'hanno in realtà tutt'altro che vinta (così come successe dopo la guerra del '91 contro l'Iraq quando fu silurato il generale N. Schwarzkopf), questo conflitto ha senz'altro portato fortuna alla famiglia Shea; infatti David Shea, manager della Raytheon Systems e cugino diretto di Jamie Shea portavoce della NATO, ha ottenuto commesse militari per 1.800 miliardi di lire. La notizia ovviamente ci riempie di gioia e ci fa meglio comprendere il senso di una frase letta su la Rivista della NATO, poco prima dell'aggressione neo-imperialista: "... ci felicitiamo per il fatto che il programma di lavoro per il 1999 includerà nuovamente un considerevole numero di attività militari...".
Si sa ancora poco sui costi della presenza militare italiana in Kosovo, ma qualche cifra comincia ad essere conosciuta. La paga mensile di un soldato semplice si aggira intorno ai 7,3 milioni, per cui considerando una media (al ribasso) di 9 milioni per ognuno dei 5.500 militari impegnati (in gran parte graduati), si può tranquillamente affermare che, ogni mese e solo di stipendi, questa missione di "pace" ci costa circa 50 miliardi di lire, cifra questa che presumibilmente va come minimo raddoppiata considerando le spese per il mantenimento delle truppe, il carburante per i mezzi, le armi, la logistica e i trasporti aerei. I risultati dell'operazione sono invece noti: nelle zone controllate dai militari italiani si registrano la più grave pulizia etnica anti-serba e il maggior numero di distruzioni ed incendi contro abitazioni civili e chiese ortodosse; l'UCK ringrazia per la collaborazione "umanitaria" Altra Informazione
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