Da "Umanità Nova" n.27 del 12 settembre 1999
Cooperative
Tra partecipazione e sfruttamento
L'origine delle contraddizioni, e dello sfruttamento che da
esse si genera, presenti nel mondo della cooperazione odierna va ricercata
nella struttura giuridica, politica ed economica che 150 anni fa (e le
successive modificazioni) il mutualismo si diede
L'origine delle contraddizioni, e dello sfruttamento che da esse si genera,
presenti nel mondo della cooperazione odierna va ricercata nella struttura
giuridica, politica ed economica che 150 anni fa (e le successive
modificazioni) il mutualismo si diede: senza una previa contestualizzazione
storica il rischio sarebbe quello di affrontare un dibattito oltre che monco
anche ideologicamente fuorviato.
La cooperazione e il mutualismo nacquero, infatti, a metà del secolo
scorso come una delle risposte di solidarietà del movimento operaio e
proletario al nuovo processo di industrializzazione.
Se da un lato il modello capitalistico nascente offriva miseria e sfruttamento,
la cooperazione diveniva una risposta organizzata esterna al capitale con tre
finalità di fondo:
Contrattualistica: vendere la forza lavoro associata più cara, comprare
i beni di prima necessità e dividere i mezzi di produzione e con il
ricavato migliorare le condizioni lavorative e di vita degli associati.
Societaria: realizzare un modello di società alternativo a quello
capitalistico, attraverso forme graduali di occupazione degli spazi: una
società che si contrappone ad un'altra che non ha ancora sviluppato
appieno le sue potenzialità e il suo 'totalitarismo'.
Integrazionista: la cooperazione come strumento di integrazione politica delle
masse proletarie all'interno del sistema dato; la cooperazione come strumento
che anticipa 'diritti' che un giorno lo stato dovrà riconoscere: cassa
mutua, assicurazioni, pensioni, sanità pubblica, scuola pubblica....
Se le finalità esterne, a grandi linee, furono quelle sopracitate, le
finalità interne della cooperazione non erano dissimili dal punto di
vista dei principi:
Mutualità: la mutualità come principio interno e non esterno agli
associati. La mutualità esterna era una conseguenza di ciò che si
proponeva come modello produttivo e relazionale tra i cooperatori.
Democrazia economica: tutti dovevano poter prendere parte alle decisioni
comuni. Principio dell'eleggibiltà generale, della revoca delle cariche,
della rotazione. Una persona, un voto, ciò indipendentemente dalle quote
(una volta erano soprattutto in natura e strumenti di lavoro) versate.
Non distribuzione degli utili, o meglio distribuzione non economica, come le
società di profitto, ma indiretta: miglioramento delle condizioni di
vita degli associati. Di qui il termine anglosassone "no profit". A l concetto
di non distribuzione degli utili si affiancava anche il concetto della non
massimizzazione degli stessi se ciò fosse andato a scapito della
mutualità e dei benefici interni tra i soci: orari di lavoro
defatiganti, competitività con altre società cooperative ecc.
"Porta aperta": a tutti veniva concessa la possibilità di accedere alla
società cooperativa e mutualistica purché si rispettassero i
principi statutari comuni.
La società cooperativa, seppur costituita dai soci, ad essi non
apparteneva come proprietà privata.
Questi principi "storici" della cooperazione permangono nell'attuale
legislazione e vedremo poi come possano essere utilizzati per ragioni
esattamente contrarie a quelle per cui sono nati.
Il socio - lavoratore
Quando andiamo ad approfondire la figura del socio lavoratore dobbiamo sapere
che lo facciamo da due punti di vista tra loro conflittuali: il socio in quanto
corresponsabile dell'amministrazione giuridica, economica e fiscale della
cooperativa e il lavoratore in quanto erogatore di prestazione lavorativa in
cambio di denaro.
Il socio.
Premetto che si può essere soci di una o più società
cooperative senza necessariamente lavorarvi dentro, ma partecipando
esclusivamente al perseguimento dell'oggetto sociale attraverso
l'amministrazione corrente e straordinaria della società.
Il socio in quanto tale gode di alcuni diritti e doveri che sono così
definiti dal codice civile:
Diritti.
Farsi consegnare lo Statuto e il Regolamento interno della cooperativa.
Essere informati sull'ora, data e luogo in cui si terrà l'Assemblea dei
soci
Essere informati sugli argomenti della discussione assembleare e contribuire a
definirli.
Per quei soci che rappresentino 1/5 dei voti, richiedere la convocazione
dell'Assemblea dei soci
Ottenere il rinvio dell'assemblea nel caso in cui venga a mancare
l'informazione sull'ordine del giorno
Partecipare alla discussione nelle assemblee
Votare nelle assemblee. Ogni socio ha un voto, qualunque sia il valore della
quota o delle azioni (art.2532 del c.c.)
Il socio può farsi rappresentare nelle assemblee da un altro socio.
Ciascun socio non può rappresentare più di cinque soci.
Concorrere alla formazione degli organi sociali: eleggere ed essere letti nel
Consiglio di amministrazione.
Esaminare il libro delle adunanze delle assemblee, delle deliberazioni assunte
e del libro soci.
Impugnare le deliberazioni assembleari contrarie alla legge ed allo statuto.
Partecipare all'assemblea dei soci che approva il bilancio d'esercizio.
Prendere visione del bilancio d'esercizio con le allegate relazioni del C.d A.
(Consiglio di Amministrazione) e del Collegio Sindacale. Il bilancio
d'esercizio deve restare depositato nella sede della cooperativa durante i 15
giorni che precedono l'Assemblea dei soci.
Godere dei servizi della cooperativa prodotti nell'esercizio dell'impresa.
Percepire gli utili d'esercizio distribuiti, nella misura stabilita dalla
legge.
Doveri
Effettuare il conferimento in denaro o in natura della quota del capitale
sottoscritta (quota sociale)
Effettuare le prestazioni accessorie stabilite dallo statuto
In caso del socio lavoratore, prestare la propria attività lavorativa in
rapporto all'oggetto sociale della cooperativa.
Attenersi alle decisioni adottate dalla maggioranza dell'Assemblea, anche per i
soci dissenzienti.
Conformarsi alle disposizioni impartite dagli amministratori.
Rispondere, limitatamente o illimitatamente (in via sussidiaria) in caso di
liquidazione coatta amministrativa o di fallimento.
Divieto di rivelazione di segreti e divieto di concorrenza.
Per i nuovi soci rispondere anche per le obbligazioni già contratte
dalla società.
Per i soci usciti, o per gli eredi, rispondere delle obbligazioni assunte dalla
società sino al giorno dello scioglimento del rapporto e per due anni
dallo scioglimento.
Le caratteristiche formali che la legge attribuisce ai soci di cooperativa
coprono due istanze gestionali che sono allo stesso tempo politiche:
attribuire i poteri atti ad una gestione politico-amministrativa funzionale al
mercato capitalistico.
Attribuire i poteri in conformità all'anomalia storica per la quale la
cooperazione era nata: è il caso dell'attribuzione di un voto ad ogni
persona, indipendentemente dalle quote possedute.
Il lavoratore.
In una recente pubblicazione dell'I.re.ccoop Piemonte (AAVV, Impresa
cooperativa, Norme giuridiche, adempimenti e agevolazioni, Torino, 1997) si
afferma:
"Il protocollo (riferimento Accordo economico collettivo 16 novembre 1988
sottoscritto da CGIL, CISL, UIL e centrali cooperative) sottolinea i caratteri
imprenditoriali della figura del socio, riafferma la prevalenza delle
deliberazioni dell'assemblea dei soci su ogni altra norma e prevede che per il
trattamento economico complessivo della prestazione di lavoro del socio si
faccia riferimento al contratto." (p. 196)
In questa brevissima sintesi c'è il succo della ragione giuridica e
filosofica secondo cui le centrali cooperative (Lega delle cooperative e
Confcooperative sono le più rappresentative) e i sindacati di stato
interpretano il rapporto di lavoro che intercorre tra cooperativa e socio.
I punti salienti sono tre:
Il carattere imprenditoriale della figura del socio all'interno della
cooperativa;
La prevalenza delle decisioni assembleari su ogni altra norma;
Conseguentemente al punto 2, il contratto nazionale di lavoro come
riferimento.
Questo significa, per il primo punto, che dovrebbe prevalere la natura
imprenditoriale del socio di cooperativa indipendentemente dalle mansioni
svolte, sia che esso prenda un salario pari a 1.200.000 al mese o che fatturi
1.000.000.000 l'anno come agricoltore associato, etc.
Per il secondo punto che le norme interne hanno prevalenza sulla giurisdizione
nazionale: questo significa che gran parte della materia che regola i rapporti
di lavoro viene demandata ai famigerati regolamenti interni veri volani della
precarizzazione. Ci sono cooperative di produzione e lavoro che attraverso i
regolamenti interni determinano:
non retribuzione della malattia;
non retribuzione delle ferie;
non retribuzione di straordinari, festivi e quant'altro;
inquadramento all'ultimo livello del contratto collettivo, indipendentemente
dalle mansioni svolte;
uso a cottimo del socio (interinale non regolamentato);
materiale antinfortunistico a carico del socio....
Per il terzo punto, conseguentemente ai primi due, il CCNL non può che
essere un riferimento la cui applicazione integrale viene demandata alla
caritatevole decisione del C. di A. Viene da sorridere quando si sente dire che
"la mia è una buona cooperativa perché applica integralmente il
contratto." In altri luoghi di lavoro ciò è scontato (o almeno lo
era), nella cooperazione è una straordinarietà. Non parliamo,
poi, della giurisprudenza ufficiale che ha l'ingrato compito di far quadrare il
cerchio, ovvero quello di conciliare un l'imprenditore con il salariato nella
stessa figura giuridica e umana.
A livello generale la letteratura giurisprudenziale afferma che il rapporto che
intercorre tra la cooperativa di lavoro ed il socio si qualifica come
adempimento del rapporto mutualistico prestato per l'attuazione dei fini della
società. Il rapporto di lavoro si configura quindi come sociale.
Da qui discende che il salario è, in realtà, una remunerazione,
costituita da compensi periodici che rappresentano degli acconti rispetto al
risultato della gestione annuale.
Il legislatore, per ragioni di giustizia sostanziale, ha introdotto delle
previsioni normative con le quali i soci lavoratori sono assimilati ai
lavoratori dipendenti: assicurazioni sociali, previdenza ecc.
Vi sono poi altre situazioni che connaturano il rapporto tra cooperativa e
lavoratore, anche quand'esso fosse socio, nelle modalità tipiche di un
rapporto subordinato: è il caso, a mio avviso, del periodo di prova o
del preavviso necessario per le dimissioni. Se il rapporto di lavoro fosse
esclusivamente societario, sarebbero ragioni sufficienti la richiesta di
ammissione e di dimissione in qualità di socio (che non richiedono
preavvisi) e non tanto le richieste di assunzione e licenziamento in
qualità di lavoratore.
Gli esempi potrebbero continuare ma una cosa è certa: il socio danneggia
spesso il lavoratore e non se ne capisce il motivo dal momento che si tratta
sempre della stessa persona.
Alcune possibili linee di intervento sindacale.
Area contrattuale.
Piena applicazione del contratto di categoria in tutte le sue parti.
Divieto di redigere regolamenti interni su materie di contratto.
Lotte per miglioramenti contrattuali: aumento dei minimi retributivi, riduzione
d'orario...
Divieto di versare i contributi sul salario minimo convenzionale.
Divieto di utilizzo del lavoro volontario.
Area sociale - amministrativa
Verifica della piena applicazione delle modalità di partecipazione
democratica ai processi decisionali.
Retribuzione dei momenti di vita associata (assemblee soci, CdA...): scelta tra
orario lavorativo o extralavorativo (straordinari).
Tutela della possibilità di crescita formativa del socio sulle materie
inerenti l'amministrazione corrente: lettura e redazione bilanci...
Settore Pubblico.
Capitolati d'appalto: prezzo non più del 10% del valore totale.
Valutazione della qualità dei progetti, dell'esperienza e della
territorialità delle cooperative come punti fondanti.
Riconoscimento monetario delle attività amministrative e progettuali
delle cooperative.
Obbligo mensile di pagamento dei servizi erogati, pena attribuzione automatica
del pagamento di una mora.
Tempi di assegnazione dei servizi: non meno di 10 anni. Possibilità di
revoca immediata del servizio sulla base di valutazioni periodiche qualitative
standardizzate.
Revoca immediata del servizio per inapplicazione del contratto (obbligo da
parte delle cooperative di fornire, su richiesta, copia delle buste paga).
Quale forma organizzativa?
Vista la complessità e la contradditorietà della figura del socio
lavoratore e vista la complessità dei processi di esternalizzazione (ho
volutamente tralasciato il settore privato su cui occorrerebbe fare un discorso
a parte) un'organizzazione sindacale non può non tenere conto dei vari
aspetti che tali complessità comportano.
A mio parere le difficoltà di sindacalizzazione del mondo della
cooperazione stanno solo in parte nelle difficoltà di organizzare il
conflitto nei luoghi di lavoro (cosa per altro vera), quanto nella forte
connotazione che l'elemento societario determina.
Per essere chiari, se è vero che il socio spesso danneggia il
lavoratore, è altrettanto vero che è difficile che il lavoratore
si schieri contro il socio per la stessa regola transitiva, dal momento che si
incarnano nella stessa persona.
E' importante quindi che un'organizzazione sindacale, o associazione o altro
tenga in debito conto le potenzialità emancipative ed egualitarie che
tale forma di lavoro associato ha avuto in passato. Questo non vuol dire,
però, che si possa derogare alla lotta contro lo sfruttamento, da
combattere, sempre, con tenacia.
E questo vuol anche dire che non si può pensare, secondo l'operaismo
socialdemocratico di questo secolo, che attraverso lo stato ci si emancipi dal
proprio precariato lavorativo o esistenziale.
La necessità di fissare alcune regole non può essere altro che
una forma di tutela da... e non certo una forma di liberazione.
Pietro Stara
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