unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.27 del 12 settembre 1999

La Voce dei Lettori
Note a margine di una guerra schifosa

Sono trascorse poche settimane dalla cessazione dei bombardamenti sulla Serbia e sul Kosovo e i risultati della "guerra umanitaria" sono sotto gli occhi di tutti.

L'intervento della NATO ha provocato un'impennata vertiginosa della pulizia etnica e solo ora si può avere un'idea degli orrori avvenuti durante i 78 giorni di guerra. La convivenza tra l'etnia serba e quella kosovaro-albanese è stata (forse) definitivamente minata e il problema dello status del kosovo è ben lontano dall'essere risolto, con chissà quali altre tragiche conseguenze per il futuro.

La Serbia è un paese distrutto , annientato dai bombardamenti e dall'arroganza di Milosevic; l'economia è sull'orlo del baratro; l'ambiente devastato e la popolazione divisa tra tensione verso un cieco nazionalismo e la disperata speranza in un futuro "normale".

A occidente si fregano le mani i mercanti di morte che hanno fatto affari d'oro e sprimentato i loro nuovi, odiosi prodotti e le multinazionali che si spartiranno la torta degli interventi di ricostruzione. Anche gli americani, e i loro fedeli servitori inglesi, hanno di che rallegrarsi per aver affermato la loro leadership in campo militare e condotto una brillante campagna di propaganda attraverso i mass-media.

Non ride certo Kofi Annan e la sua ONU che esce dalla guerra delegittimata e relegata a mero organo di ratifica di decisioni prese da altri.

Sul ruolo della nostra italietta e del suo patetico governo di sinistra è meglio stendere un velo pietoso.

Molto è stato detto e molto resta da dire, ma intento la Serbia e il Kosovo sono scomparsi dalle prime pagine dei giornali e dagli "speciali" televisivi, oscurati dall'informazione spazzatura di questa estate: tra poco avremo dimenticato tutto, aspettando... la prossima schifosa guerra in qualche luogo strategico del pianeta.

Il variopinto movimento contro la guerra, di cui gli anarchici fanno parte e con un ruolo niet'affatto marginale, ha il dovere di tenere desta l'attenzione sui conflitti che insanguinano la terra, sulle loro cause e conseguenze, pur con i limitati mezzi che ha a disposizione, soprattutto in "tempi di pace" (ammesso che ne esistano ancora).

Il concetto di "guerra umanitaria", eticamente giusta, non dichiarata e combattuta con sistemi micidiali ma anche a suon di conferenze stampa, immagini e notizie create e/o mostrate ad hoc, impone tuttavia una riflessione e un'autocritica in grado di creare nuovi ed efficaci modelli di opposizione critica radicale nei confronti di un sistema globale che produce distruzione e morte. Nei mesi scorsi ho sentito molto, troppo spesso urlare i soliti vecchi slogan contro la NATO, la CIA, l'imperialismo occidentale, il governo, ho sentito parlare molti cattolici, ma non solo, di pace e nonviolenza in modo banale e superficiale, ho sentito lanciare appelli per un internazionalismo che ormai non esiste più o comunque non è in grado di mobilitare le masse dei lavoratori, ho vista salire sul carro pacifista partiti, associazioni, gruppi che non hanno nulla da dire sull'argomento ma sono alla ricerca di consenso e credibilità. Tutto questo mi ha deluso e annoiato, dandomi l'impressione di una carenza di contenuti e povertà di analisi e proposte. Credo sia importante non appiattirsi in un conformismo dei comportamenti e delle opinioni ma misurarsi con la complessità delle situazioni cercando con onestà e chiarezza percorsi e obiettivi concreti. "Certo (...) le organizzazioni sociali oggi non riescono a fermare questa maledetta guerra contro la Serbia, così come ieri non sono riuscite a dare sufficiente man forte alla linea nonviolenta di Rugova ed alla legittima richiesta di autonomia del popolo kosovaro. E' per questo che ci sentiamo impotenti, marginali, superflui. Ma l'errore più grande che possiamo commettere è quello di interiorizzare la sconfitta" (T. Penna su carta n. 7, giugno 1999).

Gli anarchici da sempre sono contro gli eserciti, le guerre, i nazionalismi originati dagli interessi egemonici degli stati e dalla loro necessità di legittimarsi nonché da un sistema economico che deve procurarsi risorse, produrre profitto e creare sfruttamento. Gli strumenti di analisi e critica dell'esistente non mancano, tuttavia mi è sembrato, a volte, di notare u certo scollamento tra brillanti letture della situazione e una scarsa visibilità esterna unita ad un'azione limitata. Mi riferisco ad esempio alla diffidenza reciproca che impedisce alle prese di posizione e alle iniziative pubbliche degli anarchici di comparire su quotidiani e riviste (giornali locali, Il manifesto, Avvenimenti, Carta dei Cantieri Sociali e altri) oppure alle manifestazioni anarchiche alle quali partecipiamo solo noi, tra l'indifferenza della gente e dei mass media (per contro la manifestazione di Aviano del 3 aprile e lo sciopero generale del 13 maggio sono esempi di "azioni" riuscite con una chiara impronta libertaria ma con un'ampia partecipazione). Anche noi forse possiamo porci degli interrogativi e non aver paura di confrontarci con realtà diverse da noi, soprattutto su argomenti come la guerra che necessitano di un'ampia mobilitazione.

Alcune tematiche mi sembra offrano spunti interessanti per un dibattito che spero possa proseguire anche in questi confusi giorni postbellici:

Antimilitarismo. Credo sia un ambito di intervento prioritario all'interno del quale la componente anarchica e antiautoritaria possa portare contributi precisi e proposte concrete. Mi riferisco all'obiezione totale, all'obiezione alle spese militari, al sostegno ai disertori di tutti gli eserciti, in tempo di pace e in tempo di guerra, alla controinformazione, etc...

Nonviolenza. Certamente la violenza non è lo strumento di lotta abituale, credo però che anche le riflessioni anarchiche sulla nonviolenza siano state troppo tralasciate o sottovalutate. Soprattutto in tempo di guerra la nonviolenza può offrire spunti critici che, partendo da presupposti libertari e autogestionari, portano a scelte politiche precise e potenzialmente condivisibili anche da chi anarchico non è. Così forse la nonviolenza non sarebbe soltanto quella edulcorata di molti ambienti di matrice cattolica.

Solidarietà. E' un fatto concreto, non un semplice slogan; esistono forme di solidarietà delegate a grandi organizzazioni, alla chiesa o allo stato, durante la guerra del Kosovo addirittura la solidarietà è stata militarizzata affidando la missione Arcobaleno all'esercito e ai suoi tirapiedi. Ma ci sono anche forme di solidarietà diretta, che ognuno può mettere in atto come individuo, oppure gestite da piccoli gruppi o associazioni di base attenti a non compromettersi con il sistema di potere e a non cadere in mille contraddizioni, che possono godere del nostro sostegno e della nostra partecipazione attiva. Non dimentichiamo ciò che Kropotkin ha chiamato Mutuo Appoggio...

Sinergie. LOC, Beati i Costruttori di Pace, Cobas, Associazione Ya Basta, ICS, Cassa di Solidarietà Antimilitarista, Operazione Colomba, Pax Christi, Mir, Donne in Nero, Comitato Chiapas, Socialismo Rivoluzionario, Associazione per la Pace, Centri Sociali e Squatter di ogni latitudine e di ogni tendenza, Rifondazione Comunista, e tutte le altre sigle che in qualche modo hanno fatto sentire una voce contro la guerra: quali di questi gruppi sono disponibili a sporcarsi le mani con gli anarchici e con quali di questi gruppi siamo disposti a collaborare su alcune tematiche comuni?

Senza presunzione né risposte da dare. Peace, love & anarchy

Lele Odiardo



Contenuti UNa storia in edicola archivio comunicati a-links


Redazione: fat@inrete.it Web: uenne@ecn.org