unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.28 del 19 settembre 1999

Missione Arcobaleno
L'altra faccia della guerra

D'Alema cerca di minimizzare ma la destra, che di furti si intende, lo incalza: la missione Arcobaleno è uno scandalo. Siamo però convinti che sia sbagliato considerare questa vicenda come la consueta storia di cattiva gestione dei miliardi generosamente donati da tanti italiani. Come abbiamo già scritto (UN n. 19 e UN n. 23) la "missione Arcobaleno ha avuto una valenza non tanto umanitaria quanto politica. Una breve ricostruzione delle vicende legate all'aiuto "umanitario" organizzato dallo Stato italiano nella recente guerra del Kosovo chiarirà il nostro pensiero.

Allo scoppio della guerra il ministero dell'Interno italiano annuncia con un certo clamore di aver predisposto un piano di emergenza al fine di accogliere la prevedibile ondata di profughi che si sarebbe riversata in Italia. Vengono predisposti alcuni campi in Puglia e nelle vicinanze del confine italo-croato. Il governo italiano, come tutti i governi della NATO, conta su una rapida soluzione della crisi. A Roma come nelle capitali occidentali si è convinti che pochi giorni di bombardamenti saranno sufficienti per piegare Milosevic. Il piano di emergenza preparato dal ministero degli Interni prevede circa 20mila posti letto per i fuggiaschi del Kosovo. Ben pochi se confrontati con le centinaia di migliaia di profughi provocati dagli scontri dell'estate 1998. Il regime serbo però non molla. Dopo pochi giorni è chiaro a tutti che la guerra sarà lunga.

A questo punto il governo italiano cambia repentinamente strategia: non più assistenza ai profughi in Italia ma invio di ingenti aiuti in Albania per evitare che la fiumana di disperati cacciati dalle loro case dai criminali di Belgrado raggiunga le coste pugliesi. Viene lanciata la "Missione Arcobaleno". E' bene sottolineare che la "Missione Arcobaleno" non è del tutto improvvisata. Come abbiamo dimostrato nel primo dei due articoli citati, è molto probabile che la missione sia fondata su progetti elaborati dal governo italiano e da quello albanese fin dal gennaio 1999, cioè durante la ripresa in grande stile degli scontri tra milizie dell'UCK e polizia ed esercito serbo. Al termine della riunione dei paesi dell'UE e dell'OSCE del 1 aprile a Petersberg la strategia italiana diviene la strategia di tutti i paesi europei. I campi costruiti in fretta e furia in Albania e Macedonia scoppiano, la vita vi diventa impossibile. Se si volesse effettivamente alleviare le sofferenze dei kosovari albanesi sarebbe normale organizzare dei ponti aerei per trasportarli nei paesi più vicini. Ma le preoccupazioni umanitarie non toccano gli statisti europei interessati solo ad evitare un'ondata di profughi verso l'occidente.

In quei primi giorni di aprile i giornali pubblicano le tabelle con il numero dei profughi che i vari paesi accettano di ospitare nel loro territorio: dalle tabelle è assente l'Italia che ufficialmente non accetta nessun kosovaro. Ma la macchina propagandistica del governo e delle forze che lo sostengono si mette in moto: nel giro di pochi giorni la "Missione Arcobaleno" raccoglie una valanga di soldi e tonnellate di merci. Il governo stabilisce anche che le ditte donatrici possano farlo "esente IVA" e questo permette a molte società di liberare i magazzini di materiali scaduti o fuori commercio. Le donazioni private superano di gran lunga i fondi stanziati dal governo italiano. È evidente che la missione ha una duplice valenza: da una parte contribuisce a tener lontano dall'Italia i profughi, dall'altra permette di mostrare il volto di uno Stato italiano impegnato in prima fila negli aiuti "umanitari" facendo dimenticare - o, comunque, ponendo in secondo piano - le sue responsabilità nella guerra. In questo senso la missione è un grande successo.

Poi a giugno la guerra finisce. Non dovrebbe però finire l'aiuto ai profughi. Di aiuto hanno bisogno i kosovari di etnia albanese che ritornano; di aiuto hanno bisogno i kosovari di etnia serba che sono costretti a fuggire; di aiuto hanno bisogno i kosovari di etnia rom vittime, anche loro, di una nuova pulizia etnica. Ma i motivi politici che hanno spinto il governo italiano ad organizzare la "Missione Arcobaleno" non ci sono più. E allora è "normale" che vada tutto in malora. E allora è normale che nessuno si preoccupi di migliaia di contenitori che giacciono nei porti di Bari e di Valona. E allora è normale che la mafia albanese lucri sopra gli aiuti.

Per concludere: lo scandalo della "Missione Arcobaleno" è una delle tante facce della guerra che da anni insanguina i Balcani.

Gabriel



Contenuti UNa storia in edicola archivio comunicati a-links


Redazione: fat@inrete.it Web: uenne@ecn.org