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Da "Umanità Nova" n.28 del 19 settembre 1999

Letture

Alberto Ciampi, "Gli indomabili", Traccedizioni, Piombino 1999. Lire diecimila.

Esiste una foto emblematica in cui si vede F.T. Marinetti che, durante una manifestazione del regime fascista, indossa la tronfia uniforme di Accademico d'Italia, con tanto di feluca in testa.

E' un'immagine emblematica perché vedere in quelle vesti il più noto rappresentante di quello che era stato il futurismo italiano può indurre - come forse era allora intenzione del Minculpop - a pensare che questo concluse la sua rivoluzione, prima arruolandosi al completo nel movimento politico di Mussolini e, poi, integrandosi nella "cultura popolare" che avrebbe dovuto fascistizzare la società italiana, avvicinando le masse popolari ai nuovi concetti di arte, architettura, urbanistica, sport e spettacolo, secondo gli indirizzi politico-culturali dello Stato fascista.

Così però non fu, ed anche se la storiografia continua ad essere generalmente appiattita su questo paradigma, il Futurismo fu anche ALTRO e allo stesso modo in cui si era lacerato al suo interno tra "interventisti" e "antibellicisti" alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, si divise sull'adesione al fascismo e in seguito nel rapportarsi al regime mussoliniano.

Tale contraddizione risultò così profonda che neanche Marinetti, pur incarnando la corrente del movimento futurista più compromessa col fascismo e "normalizzato" da un punto di vista artistico, non sposò mai completamente le direttive del regime dissentendo, ad esempio, da quelle in materia razziale.

Far emergere l'ALTRO futurismo, quello riconosciuto dallo stesso Gramsci come tendenza proletaria così come si manifestò inequivocabilmente in Russia, Germania o Messico, rimane in Italia un lavoro appena avviato e soltanto da una ventina d'anni sono cominciate ad apparire ricerche storiche a riguardo (fondamentale, a mio giudizio, è stata l'opera di Giovanni Lista, "Arte e politica. Il futurismo di sinistra in Italia", Milano 1980).

Per conoscere invece le contiguità e le reciproche contaminazioni tra futurismo e anarchismo - ancor più rilevanti di quelle intercorrenti tra futurismo e comunismo - risulta ormai indispensabile l'attività di ricerca svolta da Alberto Ciampi, con la "fioritura" di diversi libri, a partire dal suo "Futuristi e anarchici. Quali rapporti?" (Pistoia, 1989).

L'ultimo -in ordine di tempo- suo regalo è il piacevolissimo volumetto dedicato a "Gli indomabili", ossia ad alcuni autori futuristi "fuori dal coro marinettiano" quali P. Illari, A. Rognoni e G. Soggetti, con particolare attenzione agli ambienti di Parma che videro un incredibile magma sovversivo di sindacalisti rivoluzionari, arditi antifascisti, futuristi , comunisti e anarchici.

Il lavoro, che comprende sia una parte storica sui percorsi politici di queste figure che una parte dedicata alle loro "eresie" artistiche, oltre ad essere di gradevole lettura dimostra ulteriormente quanto sia stata ricca di colori, pulsioni e schegge quell'esplosione che va sotto il nome, apparentemente unitario, di futurismo.

M.R.



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