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Da "Umanità Nova" n.30 del 3 ottobre 1999

Diliberto con l'orbace

Ciclicamente e con una certa virulenza si ripresenta sui mass-media il problema giustizia, criminalità, ordine pubblico. Altrettanto ciclicamente la classe politica si affretta a spergiurare che la soluzione definitiva è in vista e si industria a presentare, da varie angolazioni ovviamente, progetti di riforma a tutto campo, che solitamente agiscono come soporifero sull'opinione pubblica. E così termina il ciclo.

Questa volta però ci sembra che ci sia qualche gustoso elemento di novità che rende la questione particolarmente avvincente e meritevole di una trattazione approfondita. Il tema, però, è particolarmente complesso, per cui ci limiteremo ad una serie di spunti di riflessione.

Cominciamo dalla giustizia. Il cretino di turno è il post-comunista Diliberto, ministro del dicastero competente. Già schiacciato dalle polemiche sulla magistratura e sulle relative ipotesi di riforma, si trova ora sballottato qua e là dalla rissa sulla carcerazione e sui detenuti in libertà. Non ci capisce un granché, ma come ogni buon cretino ce ne mette del suo: processi rapidi e detenuti in attesa di giudizio in galera tuona, con assoluta mancanza di originalità. D'altra parte tra neo-forcaioli e neo-garantisti (ma su questo torneremo più avanti) è un po' difficile districarsi. Solo una nota di colore: per la serie "la storia si ripete, prima tragedia e poi farsa" il Diliberto è l'epigono comico del vecchio infamone stalinista Togliatti, anche lui ministro della Giustizia ma almeno impegnato in una nefandezza in grande stile, l'amnistia ai criminali fascisti. A ciascuno il suo diceva Sciascia.

Prima di passare oltre, una noticina rispetto all'assoluzione di Andreotti. Grand'uomo il Giulio, da arcivescovo di quarantacinque anni di potere DC ad arcidiavolo mafioso colpevole delle peggiori scelleratezze, ad arcivittima del pentitismo. Sospendiamo il giudizio su di lui, ma rileviamo che i suoi discepoli (l'intera classe politica) non hanno avuto il coraggio di affossarlo. Meglio Bruto, almeno ha dato ispirazione a Shakespeare.

Passiamo alla criminalità. Qui siamo alla patologia sociale più profonda. Una parte del corpo sociale (o dell'opinione pubblica, se preferite termini più soft) insorge contro la criminalità (piccola e media). Camicie verdi, Volontari dell'ordine pubblico, Freikorps sono invocati come panacea universale. Armi libere per difendere l'ordine pubblico (e la proprietà, s'intende). Ricchi commercianti e becerume vario che prospera sulla miseria altrui e ignora massacri ed eccidi che quotidianamente avvengono nel mondo, si indigna per una rapina e scende coraggiosamente in campo.

Ci permettiamo qualche amichevole suggerimento per una maggiore prevenzione e repressione della criminalità. Tanks contro i contrabbandieri pugliesi e i loro fuoristrada; siluri ad uranio arricchito contro gli scafisti; collari elettronici esplosivi per i detenuti in libertà provvisoria; piazzole con annesso plotone di fucilieri - dislocate nei vari centri cittadini - per l'esecuzione immediata dei rapinatori; taglio degli arti - secondo la vecchia legge islamica - per borseggiatori e mariuoli vari; sterilizzazione per tossico-dipendenti; lancio dai finestrini del treno e del bus dei viaggiatori senza biglietto; ecc. ecc. Esageriamo? Lasciate fare e, come al solito, la realtà supererà ogni fantasia.

E a proposito di fanta-realtà, non ci possiamo esimere dal commentare i giri di valzer del quadro politico italiano. Il governo D'Alema ha maturato la sua completa conversione a difensore dei valori più puri della borghesia capitalista italiana e delle sue pulsioni imperialiste. Prima puntata: libero sfogo alla creatività industrial-imprenditoriale con l'eutanasia delle forme residue di Stato sociale, la deregolamentazione e la precarizzazione totale del rapporto di lavoro, l'impoverimento e la disoccupazione di crescenti masse di popolazione, i finanziamenti alla scuola confessionale, il rapporto organico con la middle-class. Seconda puntata: l'avventura bellico-imperialista nei Balcani, il protettorato neo-coloniale sull'Albania, la guerra alla Serbia, l'esercito di professionisti. Terza e ultima puntata: la vocazione forcaiola che emerge, appunto, nelle questioni relative alla giustizia e all'ordine pubblico. E' lecito immaginare qualche problema per gli studenti del futuro quando, interrogati, dovranno esporre, ad esempio le differenze tra le politiche del ventennio fascista e quelle dell'era d'alemista.

Ma a proposito di destra, l'affollamento è ormai insostenibile. Saranno presto risolti i problemi logistici più impellenti: soppalcatura a più piani della parte destra delle aule parlamentari, al centro andranno i rifondaroli, con famiglie e animali domestici (tanto spazio ce ne sarà), a sinistra, a scelta, vasche per pesci rossi o una palestra per body-building con luci soffuse e un'orchestrina jazz. Il problema più scottante tuttavia rimane quello politico: chi fa l'opposizione? Post-fascisti e forza-italioti sembrano non avere più argomenti. I più tacciono ormai da mesi, alcuni un po' più furbi si stanno buttando a sinistra e cianciano di diritti dei lavoratori, di Stato sociale e di garantismo. L'eccellente Berlusca, che scemo non è, strilla contro le leggi "liberticide" associando l'utile (meglio mettere le mani avanti, non si sa mai...) al dilettevole (finalmente si riesce a fare un po' di opposizione). Tranquillo Silvio, non indagheranno mai seriamente sui tuoi loschi affari, è il solito gioco delle parti (pardon delle frequenze).

E' il solito mondo a rovescio, anzi di più: la rappresentazione rovesciata di un mondo rovesciato, senza che questo doppio sfalsamento (nelle cose e nella rappresentazione) riesca a gettare un po' di luce, almeno per quanto riguarda il sentire comune, sui rapporti sociali, politici ed economici reali e sulle possibilità di un loro rovesciamento. Gli sgherri del capitale sono ovunque, quindi se qualcuno, dall'ambito istituzionale o para che sia, si affanna a spergiurare che è dalla tua parte, senza dire nulla tu dagli un bel cazzotto sui denti, tanto lui sa il perché.

Guglielmo del Surrey



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