![]() Da "Umanità Nova" n.30 del 3 ottobre 1999 Marghera. Polo chimico e altri misteriL'assalto agli stabilimenti Enichem di Marghera da parte di Greenpeace ha riportato per l'ennesima volta alle cronache quotidiane l'interminabile vicenda del polo chimico lagunare. Tuttavia, al di là della rimarchevole azione degli ambientalisti militanti della Pace Verde, diciamola tutta, gli unici ancora credibili attualmente, occorre sottolineare come la questione ecologica in senso stretto sia soltanto una delle facce di una storia malamente raccontata negli ultimi anni. Certo, le reazioni sul versante operaio mettono allo scoperto la nervatura ormai fragile di un sindacato di fabbrica disposto a reazioni piuttosto energiche quanto a menzogne altrettanto radicali. Il delegato Fulc Bruno Filippini ha giurato e spergiurato, intervistato sul canale regionale RAI, che violenza non c'è stata, ma che, anzi, viva era la preoccupazione degli operai nei confronti di questi giovanotti incoscienti che si erano arrampicati in totale assenza di sicurezza su uno dei camini dell'impianto per attaccare striscioni di protesta. Scaramucce a parte, è evidente che l'immagine offerta al grande pubblico assume purtroppo i toni, del tutto falsati, della contrapposizione tra ecologisti e industrialisti, generando non poca confusione. In aggiunta, nell'indifferenza generale di questa fine secolo sempre più serpeggiante tra la gente, e dunque anche tra i miei concittadini, finiscono per scomparire anche alcuni nodi dell'intera vicenda che, come ho già ampiamente sottolineato in altri interventi, fanno il gioco dei potenti dell'economia. Cominciamo col formulare questa prima, semplicissima domanda: chi vuole veramente ancora la chimica a Marghera? Enichem forse no, giacché da almeno un paio d'anni sta conducendo una politica di appiattimento sul personale e di rimpallo delle responsabilità verso il basso, in particolare nei confronti dei tecnici. A seguito dell'inchiesta Casson, che di polvere ne ha mossa parecchia, è stato relativamente semplice accusare i propri quadri addetti al controllo degli impianti di scarsa professionalità, quando non addirittura di colpevole assenza. La totale obsolescenza delle strutture, del resto, comprese quelle attraverso le quali dovrebbe essere garantita la sicurezza, e l'assenza di interventi specifici di risanamento sono già di per sé un indicatore più che attendibile della linea di condotta decisa per i prossimi anni. La chimica sta lasciando Porto Marghera e più in fretta di quanto non si creda. Lo stesso cosiddetto patto d'area prevede senza mezzi termini l'arretramento di tutto il vecchio Petrolchimico con l'abbattimento, per cominciare, degli impianti acetici (utilizzati per la produzione di colle ed altro). Un bell'esempio di come sia davvero scarsa l'attenzione sui rischi derivanti da lavorazioni pericolose nella stessa area dentro alla quale si denuncia la contaminazione da Cloruro di Vinile Monomero (CVM). In realtà, non è ancora completamente chiaro quali siano gli scenari futuri per la zona di Porto Marghera. L'accordo sulla chimica, sbandierato alcuni mesi fa sui giornali come la panacea che doveva risolvere tutti i mali, tarda a diventare operativo. E ogniqualvolta ci si avvicina a qualche possibile soluzione, ancorché malamente concordata tra gruppi politici di pressione più che tra sindacati ed Aziende, si verifica l'ennesimo incidente. Sia esso provocato o meno, perché questo è il pensiero di molti, resta il fatto che nel frattempo sta partendo l'altro grande affare di fine secolo: le bonifiche e il riciclaggio delle aree. Una volta scomparsi i mastodontici stabilimenti, un enorme territorio resta a disposizione di quanti lo vorranno e lo potranno riutilizzare per altro tipo di investimenti. Argomento difficile e poco frequentato dai mezzi di comunicazione. Chissà perché. In breve, è possibile che la soluzione a tanti affanni stia proprio lì dietro l'angolo e, del resto, il colpevole del delitto è quasi sempre il maggiordomo, almeno in tanta letteratura poliziesca. Sembra, insomma, che l'idea di dismettere la chimica sia parola d'ordine che troverete su insospettabili bocche, colta a mezza voce in un sussurro complice; è probabile che lo sappiano da un pezzo anche le autorità locali (Comune, Provincia, Regione) che in questa fase si guardano bene dal dichiararlo esplicitamente. Le ragioni dell'economia, credete, trascendono qualsiasi legittimo sospetto per i non addetti ai lavori; noi tutti, in sintesi. Si tratta naturalmente di cogliere con esattezza la misura e la quantità delle riconversioni previste, per le quali si parla già di parecchie decine di miliardi di stanziamenti. Se guardiamo alla storia della chimica italiana, il quadro si delinea ulteriormente: l'Ente Nazionale Idrocarburi (ENI) ha sempre assunto un atteggiamento piuttosto spocchioso nei confronti del settore, ereditato dopo lo scandalo Enimont, le tangenti e le vicende scabrose di Cagliari e Gardini. La chimica è entrata nel pacchetto delle risorse nazionali di uno degli enti a partecipazione statale più chiacchierato d'Italia, quando era in corso la battaglia per sviluppare il ramo petroli e metano. Un'eredità scomoda, frutto di scambio di favori politici. Liquidare il comparto della chimica è quindi soluzione auspicabile per un'intera classe dirigente già travolta dallo scandalo a seguito delle denunce per i danni provocati dal CVM sulle persone. Il business delle bonifiche è certamente materia di più facile gestione. E' possibile per esempio constatare come nell'ultimo anno, riferiscono fonti interne al Petrolchimico che ho personalmente consultato, molti dei tecnici e dirigenti, nonché qualche eminente sindacalista, siano passati direttamente alla locale AMAV (Azienda Multiservizi Ambientali Veneziana, la vecchia nettezza urbana), uno dei nuovi centri dai quali partiranno lucrosi progetti per la riconversione delle aree maledette. Si è arrivati persino alla costituzione di una società di servizi destinata ad occuparsi di collocamento del personale; anche in questo caso pare che tra i promotori abbondino ex sindacalisti. Si sta avviando, a quanto sembra di capire, la delicata fase dell'approntamento delle strutture necessarie a gestire il dopo Enichem. Ma chi smantellerà gli impianti? Quali cooperative, agenzie od altro provvederanno al risanamento del territorio? Il Consorzio Venezia Nuova, altra consistente realtà dalle nostre parti, sta lavorando da più di un anno all'interno del Petrolchimico per il risanamento degli argini del canale dei petroli e l'università di Venezia sta studiando le potenzialità dell'area - tra le maggiori il Porto di Venezia e il turismo - per fornire utili suggerimenti. C'è posto per tutti alla fiera della chimica. E, a guardar bene, come mi fanno osservare alcuni occhi attenti, le strutture logistiche essenziali ci sono praticamente tutte: servizi, linee telefoniche, strade, rete antincendio, rete di collegamento informatico, capannoni grandi come campi da calcio. Un'infrastruttura assolutamente funzionante che può essere utilizzata senza aggravio di costi. D'altro canto, mi risulta che aziende di vario genere si stanno impiantando con successo in alcune aree già dismesse. Per esempio quelle che producono detersivi e a quanto pare con relativi problemi nell'ottenere le concessioni e le autorizzazioni necessarie. Esiste qualcosa di meno inquinante dei detersivi? Restano inalterati gli unici numeri che contano davvero. 3800 persone negli organici delle aziende a tutt'oggi esistenti nell'area del Petrolchimico - Enichem, EVC, Ausimont, Crion, Tencara, Atochem, BP, Albacom - senza parlare delle imprese d'appalto (1000-1500 unità). 3800 persone, con relative famiglie, da ricollocare non si sa bene dove, non si sa bene come. La chiusura di Porto Marghera, infine, significherà anche l'abbandono della pipeline collegata a Ferrara, Mantova e Ravenna che a tutti gli effetti dipendono dagli stabilimenti veneziani. Nessuno di noi è in grado di proporre soluzioni, al momento. Ed è questo il vero limite di ogni analisi che si ferma alla semplice escussione dei fatti. Ma le cose, per quanto possa risultare poco consolatorio, almeno diciamole per intero. Mario Coglitore
|