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Da "Umanità Nova" n.31 del 10 ottobre 1999

Italia: l'ombra del nucleare di nuovo...

In Italia il nucleare è stato abbandonato nel 1987. Decisive furono le durissime lotte del movimento antinucleare, il referendum e, a dire il vero, anche le pressioni della potente lobby petrolifera che influenzò (diciamo così) le decisioni di alcuni politicanti. Sarebbe però sbagliato archiviare come defunta la "pratica" nucleare, innanzitutto perché rimane insoluto il problema del cosiddetto "decommissioning", cioè dello smantellamento e della messa in sicurezza degli impianti nucleari e delle scorie radioattive da essa prodotti. A 12 anni dalla chiusura delle (poche) centrali nucleari italiane non è stato ancora deciso come smantellarle. Oltre al problema degli edifici (tutti contaminati e pericolosi) rimangono circa 23mila metri cubi di materiale irradiato prodotto da centrali (Caorso, Trino Vercellese, Garigliano, Latina) ed impianti di ricerca (Saluggia, Trisaia, S. Piero a Grado, Vercelli, etc.) che nessuno sa come e dove smaltire. Recentemente (maggio 1999) la Commissione parlamentare d'inchiesta sui rifiuti ha pubblicato in documento sull'argomento in cui si parla di trovare un sito nazionale dove confinare le scorie per circa 300 anni. Poiché nessuno lo vuole, il sito non è stato ancora indicato ma è garantito un rimborso al Comune e alla Regione che accetteranno i veleni. Poiché le tecnologie del "decommissioning" non sono mai state sperimentate né in Italia né all'estero (non esistono centrali nucleari "messe in sicurezza" dopo essere state chiuse per il semplice motivo che nessuno sa come si fa!) è facile prevedere che le autorità italiane avranno un po' di problemi a trovare il "mausoleo" dove tenere per 300 anni le scorie. Il documento della Commissione parlamentare si conclude con un accenno preoccupante all'ipotesi di "riciclare" i "radionuclidi a vita lunga" in "reattori costruiti ad hoc... allo scopo di ottenere ulteriore energia e prodotti di fissione caratterizzati da vite medie più brevi". Per farla semplice: la Commissione propone di costruire una centrale nucleare capace di smaltire più in fretta le scorie. Siamo evidentemente al grottesco. Per uscire definitivamente dal nucleare bisognerebbe, insomma, rientrarci! Roba da matti.

Questa tesi demenziale fa però da sponda ai tentativi di rilancio del nucleare operati negli ultimi tempi da autorevoli esponenti governativi. Nell'ottobre 1998, in barba a quanto sancito nel 1987, il governo italiano è entrato con un finanziamento di 34 miliardi nel programma ADS che ha l'obiettivo di costruire un reattore nucleare per produrre "energia pulita e sicura". Qualche giorno dopo (novembre) alla Conferenza sull'energia e l'ambiente due ministri (Zecchino e Bersani) e il garante per l'energia (Ranci) hanno sostenuto la tesi che bisogna rivedere la scelta di rinunciare al nucleare, un settore "pieno di tecnologia, di scienza, di occasioni per lo sviluppo" (anche di morti, aggiungiamo noi).

I filonucleari cercano dunque di riorganizzarsi. L'alternativa - lo sappiamo bene - non è il tutto petrolio ma sono le fonti rinnovabili: il fotovoltaico, la geotermia, l'eolico, le biomasse, l'idroelettrico. Per anni i bassi prezzi del petrolio e la mancanza di una volontà politica hanno penalizzato queste fonti. Oggi l'aumento del prezzo del petrolio e la necessità di diminuire l'emissione di gas serra nell'atmosfera, ci forniscono un'occasione storica per rilanciare le fonti rinnovabili, sconfiggendo le lobby petrolifere e i fantasmi del nucleare.

M. Zicanu



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