Da "Umanità Nova" n.31 del 10 ottobre 1999
Scuola: una riforma che piace alla Chiesa e alla Confindustria
Cicli scolastici e riciclati politici
"Non esiste un uso progressivo di uno strumento concepito per riprodurre una
società di privilegio. La scuola si riforma solo abolendo la funzione
per cui è sorta... dalla negazione dell'ipotesi riformista esce oggi una
linea politica contro la scuola riproduttrice di una società ineguale...
la distruzione del mito dell'obbligatorietà dell'insegnante pedagogo
come esperto... la connessione con l'avanguardia esterna, di fabbrica e di
quartiere..."
Luigi Berlinguer, attuale Ministro della Pubblica Istruzione,
in "Tesi sulla scuola" in "Il Manifesto" del febbraio 1970
"...c'è un elemento di fondo che da tempo costituisce ancora un freno
al rinnovamento della nostra scuola: un'aristocratica tradizione idealista ha
accentuato la distanza tra scuola e lavoro... Questa è la sfida che
tutti i sistemi formativi europei hanno affrontato con oltre dieci anni di
anticipo rispetto all'Italia. Riteniamo quindi particolarmente apprezzabile che
siano state previste nel secondo anno del ciclo secondario 'iniziative
formative per collegare gli apprendimenti curriculari con le diverse
realtà sociali, culturali, produttive professionali'. Tali iniziative si
attueranno anche in convenzione con enti e centri di formazione professionale e
potranno favorire il concreto avvio di esperienze diffuse di alternanza studio
lavoro."
Attilio Oliva, Presidente della Commissione Scuola di Confindustria
in "Il Sole-24 ore" del 2 ottobre 1999
In diverse occasioni Luigi Berlinguer ha ricordato una sua precoce attitudine
critica nei confronti della scuola tradizionale, dell'egualitarismo e, nel
contempo, del rifiuto di uno studio serio e severo e riteniamo, quindi, di far
opera utile citando alcune sue giovanili affermazioni.
Luigi Berlinguer, che già nel 1970 evidentemente studiava da Ministro
della Pubblica Istruzione, non nascondeva, come si può leggere,
l'adesione ad un programma iconoclasta e sovversivo nei confronti della
scuola.
Potrebbero parere strane le lodi che riceve dalla Confindustria e il fatto che
si proponga, oggi, di riformare quella scuola che, allora, sembrava ritenere
irriformabile.
Vogliamo, però spezzare una lancia in favore della coerenza di Luigi
Berlinguer, il nostro eroe vuole, oggi come allora, distruggere la scuola:
cambia solo la prospettiva in cui colloca quest'opera. Infatti basta
interpretare correttamente il suo pensiero. Luigi Berlinguer propone:
- "contro la scuola riproduttrice di una società ineguale" una scuola
che, in proprio e sotto la supervisione della Confindustria, produce e allarga
le diseguaglianze sociali;
- "la distruzione del mito dell'obbligatorietà dell'insegnante pedagogo
come esperto" e la creazione di un insegnante tutto fare che svolga il ruolo di
animatore sociale e di addestratore di forza lavoro secondo criteri
aziendali;
- "la connessione con l'avanguardia esterna, di fabbrica e di quartiere",
avanguardia consistente negli imprenditori (fabbrica) e ordini professionali e
gruppi di pressione (quartiere).
Da molti punti di vista, comunque, dobbiamo riconoscere che la riforma
scolastica che il ministro, con l'appoggio del padronato, del potere ecclesiale
e dei sindacati istituzionali, sta definendo è il classico caso di un
sogno che si rovescia in un incubo.
La critica al nozionismo porta ad una scuola supermarket che offre un sapere
degradato, quella al centralismo amministrativo all'aziendalizzazione delle
scuole, quella alla chiusura della scuola rispetto al "mondo del lavoro"
all'irruzione nella scuola stessa della Confindustria e della chiesa
interessate.
La Confindustria da anni punta, infatti, a introdurre nella scuola in genere
quella che viene, eufemisticamente, definita come "cultura industriale" e, in
particolare, a vedere riconosciuta come istruzione, finanziata con denaro
pubblico, la formazione professionale gestita direttamente dalle imprese, dai
centri professionali ad esse legati e da quelli gestiti dai sindacati di stato
e con questo riordino dei cicli ci riesce.
La chiesa o, per essere più esatti, il blocco di interessi rappresentato
dalla scuola cattolica e dagli ordini religiosi che li gestiscono, si vede
riconosciuto uno spazio di sviluppo privilegiato nella scuola dell'infanzia
(dai tre ai sei anni). Visto che non si prevede affatto di garantirne la
frequenza con la creazione di scuole pubbliche, inserendo nei cicli, la scuola
dell'infanzia si apre la via ad un massiccio incremento del finanziamento
pubblico (che già esiste) di quest'ordine di scuole anche se gestite da
privati. Se consideriamo le varie leggi regionali volte al finanziamento
diretto od indiretto della scuola privata ed il fatto che le scuole private
cattoliche potranno inserirsi nel mercato della formazione professionale, che
già le vede presenti in diversi casi, comprendiamo che le lamentele
degli ambienti clericali per una presunta disattenzione ai loro interessi sono
assolutamente strumentali.
Sul riordino dei cicli sarà necessario tornare a breve con una
valutazione tecnica più precisa e, soprattutto riprendere l'iniziativa
che già si è sviluppata negli scorsi mesi per quel che riguarda
la difesa della scuola pubblica.
Guido Giovannetti
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