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Da "Umanità Nova" n.31 del 10 ottobre 1999

L'ombra del Giubileo sulla libertà di sciopero
Lotte dei ferrovieri tra ricatti padronali e frammentazione sindacale

Tra domenica 26 e lunedì 27 settembre si è svolto l'ennesimo sciopero dei ferrovieri, organizzato da una parte di quella coalizione che nei mesi scorsi aveva indetto forti manifestazioni di dissenso verso la gestione della società FS; allora a dissociarsi era stata la FILT-CGIL, ora sono rimasti fuori anche i sindacati di settore della CISL e della UIL, mentre alcuni sindacati di base si sono mossi autonomamente rispetto ai promotori.

Cosa è successo in questi ultimi tempi? E' successo che il processo di unità organizzativa messo in atto con il CNU-T (Coordinamento Nazionale Unitario Trasporti) ha trovato un omologo nella costituzione dell'O.R.S.A., una sorta di federazione tra sindacati autonomi (il COMU, la FISAFS, l'UCS, tra i ferrovieri, l'ANPAC, la CILA-AV, il Sapent ed un'altra decina di sigle del trasporto aereo e marittimo), che hanno ritenuto di seguire un'altra strada, trascinandosi l'UCS, già aderente al CNU-T. Questa "novità" non poteva non avere una sua qualche influenza nei rapporti organizzativi che avevano favorito la messa a punto delle basi per il superamento della frammentazione del sindacalismo di base e autonomo del settore. L'ORSA, oltretutto, è dichiaratamente un'aggregazione tra sindacati autonomi sia storici che recenti, quindi non ha nulla a che vedere con la storia e l'esperienza del sindacalismo di base; il COMU, da parte sua, con questa adesione, sembra aver fatto una scelta di campo ben precisa, il che fa presupporre che la sua componente "professionale" e corporativa abbia preso il sopravvento sull'altra solidale, unitaria e classista.

Lo sciopero del 25 e 26, indetto dai sindacati ferroviari aderenti all'ORSA (FISAFS, COMU, UCS), è stato proclamato solo qualche giorno prima, per evidenti titubanze dovute al dialogo aperto con la Società FS, che ha cercato di approfittarne per tentare di evitarlo, senza però riuscirvi; questo ha comportato una scarsa informazione fra i lavoratori, poche assemblee (e non molto riuscite), ed una partecipazione non all'altezza della grave situazione che il settore ferroviario attraversa. Sia chiaro che siamo ben lungi dall'accettare le strumentali percentuali a ribasso di scioperanti fornite dalla Direzione FS, ma è anche vero che il calo in alcuni impianti storici, è stato vistoso.

Lo sciopero aveva come temi portanti il rifiuto dello "spezzatino" ferroviario, cioè il rigetto della societarizzazione che sta spaccando la Società in quattro aziende, in previsione di dividere contrattualmente i ferrovieri. Inoltre c'è il contratto in scadenza, mentre prosegue la politica di restringimento dei posti di lavoro, con la trattativa aperta tra FS e sindacati di regime, per una ulteriore perdita di 28.000 posti.

Motivi che ormai fanno parte del bagaglio culturale di quella sostanziosa parte dei ferrovieri che da anni scioperano per cercare di porre un freno alla ristrutturazione selvaggia del settore, alla svendita di importanti pezzi di azienda, alla perdita costante ed inesorabile di importanti segmenti di trasporto, sia di persone che di merci.

La FLTU-CUB ha aderito allo sciopero con le stesse modalità scelte dai promotori, ma con una propria proclamazione in cui spiccava la decisone di scioperare anche "per chiedere il ritiro immediato del licenziamento 'politico' fatto nei confronti di un componente del suo Coordinamento Nazionale, illegalmente allontanato dal suo posto di lavoro, la biglietteria di Roma Termini". E l'aver posto all'attenzione il caso del compagno Emilio (sia pure con una inesistente eco sulla stampa) ha voluto significare la solidarietà e la battaglia ingaggiata dalla FLTU (e fatta propria dalla stessa CUB) per far rientrare il licenziamento del compagno romano, in merito alla cui situazione, si è costituito, nel corso di una riunione svoltasi il 24 settembre a Roma, alla vigilia dello sciopero, un "Comitato di sostegno dei ferrovieri" (tel/fax 06 4456205).

Da parte del ministro Treu c'è stato l'ennesimo tentativo di intimorire gli scioperanti con una delibera della Commissione di Garanzia che invitava i ferrovieri a far proseguire tutti i treni già in viaggio all'inizio dello sciopero, e che dava, come sempre, una lettura distorta e filoaziendale dei "servizi minimi"; gli scioperanti non hanno accettato il ricatto della famigerata Commissione, né il clima di terrorismo psicologico, e si sono attenuti al rispetto dei "servizi minimi" ufficiali previsti per legge.

Ma il braccio di ferro di questi giorni (che va via via ampliandosi anche in altri comparti del trasporto) ha per posta in gioco la questione della libertà di sciopero: volgono, infatti, al termine, i tentativi del parlamento e dell'esecutivo di varare una nuova legge e più restrittiva della 196/90, alle cui modifiche lavora da mesi l'XI Commissione Parlamentare "Lavoro e Previdenza" della Camera; una legge che si muove verso l'allargamento dei settori sottoposti a restrizione (vedi i taxisti, per esempio) e dei periodi di moratoria stabiliti durante l'anno, e limita ulteriormente le condizioni in cui può svolgersi il diritto di sciopero, confermando i poteri di parte (padronale) della famigerata Commissione di Garanzia. Una legge che hanno fretta di approvare, perché vogliono arrivare al Giubileo con la pacificazione imposta nel mondo dei trasporti, con un anno di tregua e di tranquillità durante il quale, nel frattempo, i padroni e i dirigenti aziendali potranno agire indisturbati portando a compimento i loro disegni di privatizzazione e di annientamento di qualsiasi tipo di conflittualità.

Anche nel licenziamento di Emilio pensiamo possa esserci lo zampino del Giubileo; una sorta di "colpiscine uno per educarne cento" usato a scopo preventivo e ammonitore: non a caso tutto avviene a Roma e sembra apparentemente senza logica, che non quella meramente repressiva.

In conclusione: la ristrutturazione del settore trasporti sta provocando una certa crisi del variegato mondo del sindacalismo autonomo, in particolare nel settore ferroviario, colpito dal calo di iscritti (dovuto in gran parte alla riduzione del personale), e dall'occupazione dell'area tradizionale del sindacalismo "giallo" da parte di CISL e UIL; il che spinge "a sinistra" alcune forze da sempre legate a doppio filo con settori del centrismo politico e del sottogoverno, come pure con frange sostanziose di lavoratori altamente professionali, dotati di potere contrattuale, arroccati a difesa di vecchi privilegi. Da qui l'incontro con sindacati come il COMU, che arrivano alle stesse conclusioni ma provenendo da altre esperienze. In questo modo diversi sindacati di base rischiano l'emarginazione da parte di forze più grosse, rispetto alle quali, per vari motivi (in primo luogo un radicato settarismo) non hanno saputo adottare una linea tale da attrarle nella loro strategia e nelle loro proposte organizzative e programmatiche.

Allo stato delle cose è entrato in crisi il CNU-T, che pure ha rappresentato il tentativo più serio e consistente di superare il nanismo politico-sindacale di molte sigle, nonostante altre ne siano rimaste fuori ed altre ancora l'abbiano apertamente osteggiato. Ma non tutto è perduto, se è vero come è vero che nella CUB questo andamento delle cose ha finalmente aperto il discorso del superamento della frammentazione organizzativa interna nel comparto dei trasporti, e si stanno gettando le basi per la costituzione della CUB trasporti, che se riuscirà ad unificare SULTA, RdB e FLTU, rappresenterà una forza importante che nessuna ORSA potrà ignorare.

A parte tutto, la cosa più importante è che ci sono ancora settori, categorie, che insistono nell'opporsi ai processi di smantellamento del servizio pubblico, e che fanno dell'unità dei lavoratori e del conflitto, una bandiera (anche se dai colori indefiniti). E questo è il dato reale che la lunga lotta dei ferrovieri ci pone, ma anche il terreno su cui l'impegno delle forze libertarie e sindacali di base deve svilupparsi con maggior vigore.

Pippo Gurrieri



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