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Da "Umanità Nova" n.31 del 10 ottobre 1999

Figli dell'officina e Comunione e Liberazione

Che i Modena City Ramblers rimasticassero (in maniera non sempre felice) un repertorio popolare e di lotta, moderando i toni per non urtare troppo i vari generi di "sinistri" e potersi presentare come mito generazionale alle varie feste dell'Unità, beh, questo non era mistero.

E' nuova questa loro riproposizione, nell'ultimo CD, nientepopodimeno che di Figli dell'Officina, inno rivoluzionario del Biennio Rosso, nonché delle attuali organizzazioni anarchiche ed anarcosindacaliste in Italia.

A parte il giudizio musicale complessivo (l'utilizzo nel CD di una strumentazione più rockeggiante che in passato, con campionature varie, non fa più contenti quegli appassionati di folk che già di fronte a questo gruppo avevano le loro riserve), resta il fatto che, nel testo di Figli dell'Officina, viene utilizzata una versione dove le "bandiere rosse e nere" diventano "libere bandiere" e i figli, oltre che dell'officina, sono di "questa terra" (quale?). I nemici, trattati con una certa deferenza, sono il "Duce, il Papa, il Re", i ribelli sono "in lotta" per un mondo di fratelli (di pace e di lavor), e la melodia è tutto tranne quella di un inno di lotta.

Niente male, il nostro inno, grazie agli arditi "Modena", può essere tranquillamente presentabile in qualsiasi salotto della sinistra perbenista, e, perché no, anche introdurre un comizio del Presidente del Consiglio.

Un consiglio a questi artisti: perché, visto che in ambito rivoluzionario la filologia non è il vostro forte, non approfittate del Giubileo 2.000 per riproporre l'Inno del Biancofiore, presentabile anche al meeting di Comunione e Liberazione?

Stoyan V. e Rolando M. L.



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