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Da "Umanità Nova" n.32 del 17 ottobre 1999

Chi è contro gli OGM? Interessi e contraddizioni
Il mercato globale dei cibi transgenici

Continuiamo a parlarne e cerchiamo di agire perché i grandi giochi dei padroni del mondo rischiano ancora una volta di trovarci impotenti e in ritardo.

Cominciamo col denunciare chi è sicuramente a favore della diffusione degli Organismi Geneticamente Manipolati ovvero le cinque multinazionali che attualmente ne detengono di fatto il monopolio: Monsanto, Novartis, AstraZeneca, Aventis, e Dupont. "Dupont è il primo gruppo chimico del mondo, l'inventore del nylon, Novartis è il nome delle imprese farmaceutiche svizzere: Ciba Geigy e Sandoz unite insieme, AstraZeneca è l'Astra svedese più la Zeneca, già dell'ICI inglese e ora degli USA, Aventis è una divisione dei tedeschi della Hoechst, e Monsanto è Monsanto" (Il Manifesto, 14/9/99).

Molti governi stanno sostenendo le multinazionali nelle loro campagne: in prima fila, ovviamente, gli USA, paese nel quale le lobby economiche sono in grado tranquillamente di determinare le politiche imperialiste del governo; ma anche l'Argentina (secondo paese al mondo per estensione di campi coltivati a OGM) forsennatamente avviata verso un'economia ultraliberista e distruttiva; e altri ancora (Canada e Australia) che, silenziosamente consentono e incoraggiano le sperimentazioni.

Senza contare gli squallidi pseudo-scienziati prezzolati che all'interno dei loro laboratori o sparsi per i paesi poveri ad ogni latitudine conducono ricerche per appropriarsi del patrimonio genetico degli organismi viventi.

Il "fronte" che si contrappone a questo potente blocco si presenta assai variegato, animato da interessi diversi a volte settoriali e con strategie di denuncia e di lotta differenti: troviamo le associazioni dei consumatori, i produttori biologici, gruppi ambientalisti quali Greenpeace, WWF, Legambiente, partiti, il movimento contro le multinazionali e per il consumo critico, persino il principe di Galles e ...Suor Germana si sono scomodati per dire la loro.

A confondere le acque, negli ultimi mesi, hanno avuto grande risalto sui mass-media alcune prese di posizione per lo meno ambigue.

Hanno cominciato tre giganti dell'agroalimentare europeo, Danone, Nestlè e Unilever pronunciandosi per la limitazione o l'eliminazione degli OGM nell'intera gamma delle loro produzioni per "dare al pubblico solo i prodotti che è disposto ad accettare". Si tratta evidentemente di una strategia commerciale ad uso e (soprattutto) consumo del mercato europeo ma che non prende certo posizione sul problema di fondo. Sappiamo benissimo quanto stia a cuore a Nestlè la salute del genere umano!

Stesso discorso vale per i grandi gruppi distributivi europei quali Carrefour (Francia), Sainsbury's e Marks&Spencer (Inghilterra), Coop e Esselunga (Italia).

In Italia colpisce la campagna, a dire il vero assai generica e possibilista, di Legambiente che usa come testimonial nientemeno che l'ing. Guido Barilla, alfiere del made in Italy alimentare nel mondo che, in un'intervista rilasciata a "La Nuova Ecologia" di settembre, ha affermato: "Non esistono certezze sulla tipologia, la qualità e il futuro di questi prodotti di base. Alcune aziende hanno fatto investimenti colossali in questo settore e non mi sento di accusare professionalmente nessuno. Noi molto più semplicemente, ci porremo il problema se e quando ci saranno fatti nuovi".

Peccato che "Il 51% del pacchetto azionario è controllato dalla famiglia Barilla e il restante 49% è controllato da una finanziaria denominata Reolou Italia Srl di cui non conosciamo gli azionisti. Sappiamo tuttavia che nel consiglio di amministrazione della Barilla siedono vari personaggi stranieri tra cui Walter Wurth (...) presidente della multinazionale svizzera Oerlikon Buhrle che è una delle maggiori aziende europee di armi pesanti (blindati, cannoni, missili)" (CTM, Guida al consumo critico, EMI, 1998). Tra arsenali e mulini bianchi non c'è poi troppa differenza all'interno della logica del business.

Ciliegina sulla torta la tanto strombazzata notizia che Monsanto abbandona la produzione del suo Terminator. Non credo questo debba essere interpretato come riconoscimento dei propri errori : si tratta semplicemente di una astuta manovra per dimostrare al mondo che la multinazionale è sensibile alle sollecitazioni dei consumatori con l'intento di distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dalla sostanza del problema; Monsanto non si è mai distinta per trasparenza e correttezza sul mercato e le sue mosse rese pubbliche sono semplicemente operazioni commerciali ben orchestrate.

Un recente studio degli analisti newyorkesi della Deutsche Bank conferma che "un tempo considerati fondamentali per la crescita del settore, gli ogm saranno ora percepiti come paria" e, a partire da settembre, i mercati finanziari hanno cominciato a mandare segnali negativi: i prezzi della maggior parte delle azioni delle industrie biotecnologiche sono calati (Internazionale n. 304, 8714 ottobre 1999). E' in atto quindi una ridefinizione dei termini della questione gestita dalle stesse multinazionali con la complicità di mass-media e governi per penetrare in maniera meno aggressiva sul mercato mondiale e creare consenso.

Non lasciamoci ingannare e cerchiamo di sviluppare una critica radicale al problema che sveli tutti i meccanismi che ne stanno alla base e le contraddizioni che emergono, privilegiando l'azione diretta e il boicottaggio e utilizzando un linguaggio che sappia arrivare direttamente alla gente e stimolare scelte coerenti per la salvaguardia della salute e dell'ambiente nonché per la creazione di reti alternative allo strapotere dei colossi del commercio mondiale.

Lele Odiardo

Manchette:
La tecnologia terminator permette di produrre piante sterili, inserendo nel loro genoma un meccanismo suicida automatico. Se questa tecnologia venisse impiegata su larga scala, gli agricoltori non potrebbero più conservare una parte del raccolto per la semina dell'anno successivo. Sarebbero obbligati a comprare ogni volta nuovi semi e le aziende produttrici avrebbero un controllo totale sulle colture (...) Il brevetto di questa tecnologia suicida è di proprietà di un'azienda statunitense, la Delta&Pine Land, che è stata comprata dalla Monsanto. Ma anche altre grandi società stanno depositando brevetti di tecnologie simili che puntano all'uso di un "gene assassino". Il 4 ottobre la Monsanto ha annunciato che non ha intenzione di sviluppare e utilizzare la tecnologia Terminator, la quale comunque avrebbe bisogno di anni di ulteriori ricerche per poter essere proposta su scala industriale.
(da "Internazionale", n. 304, 8-14 ottobre 1999)



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