![]() Da "Umanità Nova" n.33 del 24 ottobre 1999 Elettrosmog. Cavie da laboratorioSta per concludere il suo iter in parlamento la legge di regolamentazione sulle emissioni elettromagnetiche auspicata da tempo non solo dalle associazioni ambientaliste, ma anche dai produttori e dai gestori del campo delle telecomunicazioni. Approvata nei giorni scorsi dalla camera dovrebbe approdare a breve al senato per poi diventare operante e mettere così un paletto di riferimento per tutti gli impianti di telefonia mobile, antenne televisive, per radiofrequenze, ecc. Nel panorama da 'antenna selvaggia' che ha caratterizzato il paesaggio italiano in questi ultimi anni di sviluppo del telefono cellulare e dei ripetitori televisivi, l'arrivo di questa legge è salutata da molti in modo assolutamente positivo, sia perché regolamenta un settore in cui la conquista di fette di un mercato in crescita esponenziale aveva favorito un'installazione a pioggia di antenne ed antennine praticamente ovunque, sia perché parrebbe proteggere gli utenti dai pericoli dell'inquinamento elettromagnetico. Sul fronte dei gestori invece la regolamentazione è vista come garanzia nei confronti delle proteste dei cittadini che, il più delle volte organizzati in comitati, sono riusciti a mettere i bastoni nelle ruote nei piani di sviluppo delle varie società telefoniche. D'ora in poi, infatti, saranno i li miti d'esposizione dettati dalla Legge a definire collocazione e territori. E su questi limiti i comitati dovranno fare i loro, sempre più difficili, conti. Come sarà possibile contestare, e con che forza, gli esperti delle ASL, degli organismi di protezione ambientale, ecc., quando si presenteranno con le loro apparecchiature a certificare i limiti di legge? Quando tali limiti si riferiscono a valori istantanei, tra l'altro variabili secondo le condizioni d'uso, e non all'assorbimento che si realizza, giorno dopo giorno, nel corpo umano? L'illusione che questa legge , solo perché elimina la possibilità di collocazione delle antenne in prossimità di scuole o sul tetto dei condomini, impedisca la prosecuzione del nostro trattamento da cavie di laboratorio è del tutto vana. Noi continueremo ad essere cavie da laboratorio per gli studi sugli effetti delle radiazioni non ionizzanti, quali quelle elettromagnetiche, sul corpo umano finchè non si saprà con certezza il livello di pericolosità di tali radiazioni. Infatti se è vero che vari istituti di ricerca, in Svezia, negli USA, ecc., hanno verificato l'esistenza di alterazioni cellulari ed immunitarie su alcuni soggetti esposti, se è vero che tumori e leucemie sono stati indotti in animali sottoposti al trattamento elettromagnetico, tutto questo non basta perché manca la 'certezza' scientifica basata su uno studio sistematico su vasta scala (quanti? Migliaia? Milioni? insomma quanti?). Solo allora il ragionamento sui limiti avrà valore, ma intanto, quante morti per fall-out radioattivo abbiamo dovuto registrare per definire i limiti di esposizione alla radioattività nucleare? Quanti assassinati dall'amianto abbiamo dovuto contare per metterlo al bando? Siamo in molti a nutrire il dubbio che anche questa volta il ragionamento dei limiti serva unicamente a garantire uno sviluppo indisturbato, e solo lievemente controllato, di un settore che regala soldi a palate a gestori e produttori sulla pelle di un bisogno indotto a più livelli. M.V.
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