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Da "Umanità Nova" n.34 del 31 ottobre 1999
Convegno di Imola
L'esperienza dell'Unione Anarchica Italiana
Domenica 10
ottobre si è tenuto a Imola il convegno di studi sull'Esperienza
dell'UAI dal biennio rosso alle leggi eccezionali (1919-1926) promosso
dall'Archivio storico della FAI con la collaborazione della F. A. emiliana e
dei gruppi "Malatesta" di Imola, "Borghi" di Castelbolognese e "Libertad" di
Rimini. Questa iniziativa é il primo impegno di carattere nazionale
assunto dall'ASF, e proseguirà il prossimo anno con una seconda giornata
di studi, dedicata ai processi organizzativi dell'anarchismo italiano, sul tema
La nascita e l'esperienza della FAI dal 1945 agli anni settanta.
Proposito dei promotori è quello di approfondire lo studio e la
riflessione sulle tematiche che hanno portato l'anarchismo italiano a
intraprendere un fecondo percorso organizzativo e federalista che crediamo
l'unico che possa imprimere alla nostra attività la necessaria efficacia
sulla strada dell'emancipazione da ogni forma di costrizione ed
autorità.
La giornata ha visto una nutrita e qualificata partecipazione di relatori e di
pubblico, costituito da compagni giunti da ogni parte d'Italia e dalle numerose
persone interessate ai temi affrontati. Purtroppo un'indisposizione ha tenuto
lontana Dadà (L'occupazione delle fabbriche e l'UAI) mentre le
relazioni degli altri assenti, Musarra e Gurrieri (L'UAI e la "questione
siciliana") e Bernardi (L'anarchismo bresciano e l'UAI), sono state
distribuite in sala. Gli atti saranno pubblicati dalle Edizioni Zero in
Condotta. L'organizzazione dei gruppi anarchici imolesi è stata, come
rilevato da Fedele in chiusura dei lavori, impeccabile, e ringraziamo ancora
una volta il gruppo "La Comune" per l'efficacia e la generosità con cui
ha accolto i partecipanti. Dopo la breve introduzione di Ortalli, che ha
ricordato Gianni Furlotti e Aurelio Lolli, recentemente scomparsi, e dopo il
saluto di Landi a Luce Fabbri, forse l'ultima testimone dei giorni che videro
la nascita dell'UAI, hanno avuto inizio i lavori.
Ha esordito Di Lembo (La tradizione dell'anarchismo federato) che
partendo dagli anni della Internazionale ha ricostruito mezzo secolo di storia
dell'anarchismo in Italia, fino alla nascita dell'Unione Comunista Anarchica
Italiana al Congresso di Firenze del 1919 e al successivo Congresso bolognese
del luglio 1920 che diede vita all'UAI. La sua analisi si è incentrata
sulla questione discriminante dell'organizzazione, e sull'atteggiamento tenuto
al riguardo dalle diverse tendenze del movimento, il cui peso specifico
è variato in modo significativo nel corso dei decenni col mutare delle
fasi storiche. Punti nodali della ricostruzione sono stati i ricorrenti
tentativi, falliti fino alla nascita dell'UAI, di associare in
un'organizzazione nazionale tutti gli anarchici, o parte significativa di essi,
dopo la dissoluzione dell'Internazionale.
Berti (Malatesta e la nascita dell'UAI), si è soffermato sul
ruolo svolto da Malatesta nella crisi italiana del dopoguerra. In esilio dal
1914 dopo la "settimana rossa", riesce a rientrare solo nel 1920, quando la
tensione rivoluzionaria del "biennio rosso" già stava calando. Pur
agendo con abilità e spregiudicatezza, non può invertire il corso
degli eventi che si avvia, dopo la fine dell'occupazione delle fabbriche, verso
l'esito reazionario da lui lucidamente previsto. Fondamentale resta il suo
ruolo nella nascita dell'UAI e suo sarà il Programma anarchico
(rielaborazione del Programma del 1899), mentre il Patto associativo
sarà scritto da Fabbri, ma sempre sotto sua ispirazione. Berti ha
svolto un'analisi approfondita dei due documenti, ancora oggi punti di
riferimento per la FAI, mettendone in luce gli aspetti problematici che
meriterebbero di essere ripresi in altra sede.
Fedele (Gli anarchici italiani e la rivoluzione russa) ha esposto in
modo puntuale l'atteggiamento anarchico di fronte a un evento epocale quale fu
la Rivoluzione russa. Pur con le incertezze spiegabili con le scarse
informazioni (come è stato efficacemente scritto, ciascuno raffigurava
secondo i suoi desideri ciò che stava realmente accadendo) gli anarchici
si accorsero, con preveggenza e lucidità, dell'esito dittatoriale che
avrebbe comportato la presa del potere dei bolscevichi. Se dopo l'estate del
1921 e la repressione di Kronstadt nessuna illusione é più
possibile, le prime prese di distanza risalgono ai primi mesi dopo la
rivoluzione. Si segnalarono il gruppo pisano de "L'Avvenire anarchico",
Malatesta, Bertoni e soprattutto Fabbri (esemplare Dittatura e
Rivoluzione). Le riserve anarchiche riguardarono non soltanto la dittatura
del proletariato ma l'assunzione del potere in quanto tale e la sua
istituzionalizzazione in governo statale da parte di una forza
rivoluzionaria.
Antonioli (L'UAI nei suoi rapporti con individualisti e
antiorganizzatori) ha approfondito le differenze tra individualisti e
comunisti anarchici antiorganizzatori. Pur guardando con diffidenza ai
tentativi di creare un'organizzazione formale (considerata inutile e
potenzialmente autoritaria) molti antiorganizzatori furono esponenti di rilievo
del movimento sindacale. Dopo la guerra scompaiono quasi gli individualisti,
anche per il passaggio all'interventismo e al fascismo di alcuni degli
esponenti più noti ma si riduce anche l'opposizione ai tentativi della
corrente malatestiana di dare vita a strutture organizzative. Se salvaguardata
l'autonomia di gruppi e individui, cadono molte preclusioni nei confronti delle
federazioni. Il nuovo clima si spiega con la consapevolezza di dover far fronte
alle responsabilità del momento (rivoluzione russa e nascita dei partiti
comunisti, agitazioni rivoluzionarie, avvento del fascismo) e favorirà
la nascita dell'UAI.
Sacchetti (Gli anarchici italiani e la questione delle alleanze) ha
affrontato alcuni dei punti nodali della attività del movimento,
illustrandone l'attitudine all'apertura verso i potenziali compagni di strada.
Interessanti i rapporti fra anarchici e FGS, e quelli che intercorrono con le
correnti di sinistra del PSI. Questo processo di avvicinamento prende origine
nella opposizione alla guerra e vede Bordiga e la frazione comunista del PSI
attenti a una collaborazione strumentale. È soprattutto a livello
sindacale che il problema assume un carattere centrale grazie al fatto che il
movimento, pur aderendo in modo massiccio all'USI, vede molti suoi esponenti
impegnati con ruolo di rilievo nella CGdL e nel sindacato ferrovieri.
Particolarmente sensibile a tentativi di unificazione sindacale sarà
Borghi mentre Malatesta "rimane più ancorato all'intransigenza
rivoluzionaria di sempre, refrattario ad ogni esercizio di mediazione".
Rossi (La UAI contro il fascismo) si è soffermato sulla
esperienza degli Arditi del popolo e sull'attentato di Lucetti a Mussolini nel
1926. Gli anarchici furono cassandre in costante rivolta contro tale ruolo,
imposto loro dalla situazione storica. In particolare Fabbri e Malatesta
svilupparono analisi lungimiranti del fascismo e misero in guardia nei
confronti di un esito controrivoluzionario della crisi. Fondamentale per la
vittoria della destra fu la "conquista" degli ex combattenti ma questo non era
scontato, e fu solo la miopia politica delle forze di sinistra a determinarlo,
con l'atteggiamento autolesionita di socialisti e PCd'I nei confronti degli
Arditi, sostanzialmente boicottati e abbandonati a se stessi. La UAI al
contrario manifestò attenzione e solidarietà, ma gli anarchici da
soli non potevano invertire l'ordine degli avvenimenti.
Bertolucci (Gli anarchici pisani e la costituzione dell'UCAI) ha parlato
del gruppo pisano raccolto attorno a Mazzoni e a "L'Avvenire anarchico", unico
giornale libertario, con la "Università popolare", che poté
uscire durante la guerra. Il gruppo pisano, in cui si inserirà il
triestino Siglich che ne diverrà esponente di rilievo, è su
posizioni antiorganizzatrici ma moderate. Non si oppone al Congresso di
Firenze, ma vi partecipa con due delegati al fine di evitare che nasca un
"partito" con una direzione accentrata e di salvaguardare l'autonomia dei
gruppi. Poiché l'UCAI risponde ai loro principi vi aderiscono con
convinzione. L'intervento di Bertolucci, per l'importanza della realtà
indagata e per il taglio della ricerca, travalica l'ambito locale per assumere
importanza generale.
Palombo (Di Sciullo e la nascita della Federazione anarchica abruzzese)
ha illustrato come anche in realtà "periferiche" dell'anarchismo, come
quella abruzzese, si svilupparono fermenti organizzativi sincronizzati con
quelli nazionali. Sintomo della omogeneità del processo organizzativo
che caratterizzò il movimento anarchico del dopoguerra. Significativo il
ruolo del vecchio internazionalista Di Sciullo, che influenzò
positivamente l'attività degli anarchici abruzzesi.
Antonelli (Il Programma dell'UAI: un programma in divenire) fa una breve
cronistoria dei momenti salienti della formazione progressiva del Programma
anarchico, un lungo percorso che nasce dalle formulazioni teoriche dei
tempi dell'Internazionale fino all'imporsi delle concezioni comuniste proprie
del movimento anarchico dei primi anni del secolo. È un tragitto lineare
la stesura del Programma accettato dal Congresso dell'UAI, che parte
dalle colonne della Questione sociale" di Paterson per arrivare a
divenire il progetto rivoluzionario degli anarchici aderenti all'Unione.
Marabini (Gli anarchici imolesi e la nascita dell'UAER) ha concluso le
relazioni, descrivendo con efficacia il fermento organizzativo e l'intensa
attività che caratterizzarono l'esperienza degli anarchici imolesi e
romagnoli nel dopoguerra. Forti di una tradizione e di una presenza massiccia,
risalenti ai tempi dell'Internazionale, furono tra gli interpreti principali
delle lotte rivoluzionarie dell'epoca. Ricca di dati e di notizie, la sua
relazione apre la strada a una ricerca organica sull'anarchismo imolese, che
ancora manca.
Ha concluso i lavori Fedele, che con un sentito discorso di commiato (e qui
vogliamo ringraziarlo per la sua disponibilità) ha espresso la propria
soddisfazione per la perfetta riuscita dell'incontro. Nella certezza che anche
la seconda sessione del convegno sull'anarchismo federativo saprà
affrontare con altrettanta efficacia i temi legati alla nostra storia, diamo
appuntamento ai compagni, sempre a Imola, per l'anno venturo.
Gianpiero Landi e Massimo Ortalli
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