![]() Da "Umanità Nova" n.35 del 7 novembre 1999 Bossi e Haider. Attenti a quei due!Che la Lega Nord stia attraversando una grave crisi è un fatto che ormai non viene neppure nascosto dai leghisti stessi, ma proprio da questa crisi vengono segnali allarmanti proprio su come vi si vuole far fronte; basti pensare alla partecipazione del leader vincente della destra austriaca, Joerg Haider, al comizio tenuto a Vicenza da Bossi lo scorso 16 ottobre. Le ragioni della crisi leghista sono molte e qui ne possiamo evidenziare solo alcune. Innanzitutto la Lega Nord , e in particolare Bossi, stanno scontando un'intrinseca contraddizione: quella di aver voluto essere un partito parlamentare, con tanto di onorevoli, finanziamento pubblico e una dirigenza ancor più autoritaria di ogni altro partito, mentre alle proprie adunate continuava a proclamarsi come l'anti-partito per eccellenza, nemico dello Stato italiano. Questo opportunismo, assieme all'incapacità di poter compiere quella "rivoluzione padana" che veniva promessa come ormai imminente attraverso un linguaggio psudo-insurrezionale , ha determinato nel giro di pochi anni una consistente perdita di credibilità tra i secessionisti "puri e duri" e un'emorragia di consenso tra quell'elettorato che, piuttosto che astenersi, votava per la Lega Nord vedendola come un elemento di rottura e protesta verso la partitocrazia . Allo stesso tempo è fallito anche l'obiettivo di Bossi di catturare l'elettorato moderato ex-democristiano, sia perché è entrato in rotta di collisione con le gerarchie cattoliche sia perché il suo estremismo verbale ha finito con l'allontanare quei settori del ceto medio che avevano votato per decenni la D.C. proprio in quanto contrari ad ogni estremismo e che adesso si sentono molto più rassicurati dal sorriso televisivo del leader di Forza Italia. Così, volendo giocare si più tavoli, Bossi ha finito per perdere su tutti, non riuscendo, dopo un primo successo iniziale, a creare né un movimento secessionista né un partito autonomista, dimostrando fondate le previsioni di quanti avevano pronosticato un decennio di vita al "fenomeno" leghista. Questa contraddizione è forse stata ancor più lacerante nelle zone e nelle città del Nord Italia dove la Lega Nord è stata anche forza di governo, con sindaci e amministrazioni comunali che hanno mostrato ancor più palesemente i propri limiti politici e culturali nella gestione di quel potere tanto reclamato. Infatti quasi ovunque la politica dei sindaci leghisti si èdimostrata sostanzialmente identica a quella dei loro colleghi del centro-destra, se si eccettua qualche trovata spettacolare contro gli immigrati o gli "indesiderabili" di turno, e questa "normalità" per un partito come la Lega che annunciava cambiamenti di carattere epocale si è rivelato un autentico disastro. In questo scenario hanno poi cominciato a susseguirsi le scissioni, le defezioni, il frazionismo originati sostanzialmente da tre principali fattori: i metodi da piccolo dittatore usati da Bossi nella direzione del partito con la conseguente tendenza a scaricare sugli altri, militanti o dirigenti, le responsabilità dei propri errori politici; una presunta egemonia "padana" nei confronti delle istanze piemontesi rappresentate da Comino e del venetismo dei Comencini e dei Rocchetta; la questione cruciale delle alleanze, soprattutto a livello regionale, dove la Lega è destinata a rimanere fuori gioco se non trova intese con il Polo o il Centro-sinistra. A questi problemi , si sono poi aggiunte altre questioni forse secondarie, ma che hanno aperto vaste contraddizioni all'interno della Lega: la vicenda dell'assalto armato al campanile di S. Marco a Venezia da parte dei "serenissimi"; la posizione anti-americana e filo-Milosevic durante la guerra contro la Serbia; la presa di distanza a livello europeo da parte dei principali movimenti autonomisti: scozzesi, catalani, baschi, etc. che ritengono la Lega un partito razzista e troppo compromesso con l'estrema destra. Tutto ciò si è tradotto, alle ultime tornate elettorali, in una perdita di alcuni milioni di voti per la Lega Nord, in una situazione di paralisi dell'iniziativa politica a livello locale dove le sedi sono sempre più deserte e nella fallita manifestazione nazionale padana di settembre a Venezia. A questo punto, per tentare di salvare il salvabile, a Bossi rimangono poche carte da giocare e per certi versi può ricordare la condizione di Mussolini a Salò che tentò di ricostruire il partito fascista proprio attorno al suo nome e al suo passato carisma, offrendosi quale "bandiera vivente" ed unica ancora di salvezza per il leghismo ferito dal "tradimento". Così ecco che alle adunate leghiste come sui muri, vediamo i suoi seguaci che non sapendo più cosa rivendicare (federalismo? secessione? autonomia? indipendenza nazionale?), ricorrono al suo nome e al mito della Padania come unica sintesi, proposta e ideale. Ed accanto a queste invocazioni è tornato, col referendum anti-immigrazione, in primo piano il livore razzista contro extracomunitari - criminali perché, così come alle sue origini, l'individuazione del nemico-invasore torna ad essere il principale elemento di coesione ed identità del leghismo. Da qui, ecco infine i collegamenti della Lega Nord con l'estrema destra europea e, in particolare, l'attenzione per il successo del nazional-populismo dell'F.P.O. che ha saputo sfruttare al meglio la xenofobia austriaca, tutti accomunati dalla mitologia celtica e dai sacri valori del "sangue e del suolo"; ma anche stavolta la schizofrenia politica di Bossi è tale che, non potendo stringere alleanze con Forza Italia e Alleanza Nazionale che gli stanno già sottraendo consistenti fette di elettorato, finirà con stringere la mano destra ad Haider e la mano sinistra a D'Alema. Altra Informazione
|