![]() Da "Umanità Nova" n.36 del 14 novembre 1999 Enel: segreti e bugie di un successo annunciatoLa vicenda Enel rappresenta l'ennesimo episodio dell'euforia collettiva che sta trasformando milioni di italiani in capitani di ventura dell'investimento azionario. Questa volta 3,8 milioni di persone hanno prenotato le azioni, sfracellando il record precedente che apparteneva a Monte Paschi di Siena (2,2 milioni). Il Tesoro ha incassato così allegramente 35.000 miliardi da destinare all'ammortamento del debito pubblico, cioè al riacquisto dei titoli di stato in circolazione, con i proventi derivanti dalla vendita dei gioielli di famiglia. Anche stavolta non sono mancate le critiche: se in precedenza si accusava il governo di aver venduto a basso prezzo aziende redditizie o addirittura strategiche, questa volta Amato è finito sotto accusa per i motivi opposti. In sostanza il governo avrebbe giocato sporco, perché ha fissato il prezzo al massimo della forchetta precedentemente indicata (3,4 - 4,3 euro) e soprattutto perché ha aumentato dal 20 al 35% la quota dell'azienda scaricata sul mercato, comunicandolo a cose fatte, cioè ad avvenuta chiusura dell'opv. Questo non è bastato a soddisfare tutta la richiesta della clientela retail (che ha avuto solo il pacchetto minimo di 500 azioni, con un ulteriore pacchetto di 500 attribuito per sorteggio al solo 20% dei sottoscrittori), ma ha assegnato più azioni del voluto ai fondi istituzionali esteri, che hanno subito venduto nei primi giorni di quotazione e tenuto quindi basso il prezzo iniziale. Immediatamente si è definita l'o.p.v. una "delusione" perché i risparmiatori non hanno realizzato lo sperato guadagno derivante dallo spint iniziale (ad esempio Tiscali ha "sparato" il 90% il primo giorno di quotazione, per l'ampio divario tra richiesta ed offerta). In realtà occorre ragionare con attenzione sulle potenzialità del titolo e su tutta la vicenda. La privatizzazione dell'Enel è un evento significativo e paradigmatico. Enel è subito diventato il titolo a più ampia capitalizzazione della borsa italiana (oltre 100.000 miliardi), con un peso del 9,2% in Piazza Affari, e sarà inserito in tutti i portafogli dei fondi, che devono ossessivamente "replicare" il benchmark di riferimento. Entro novembre Enel entrerà nel Morgan Stanley, entro dicembre nel Mib30 e nell'Eurostoxx 50, l'indice delle principali "blue chip" europee. Si prevede che i fondi italiani ed internazionali debbano comprare circa 2 miliardi di pezzi per correggere la loro attuale situazione di "sottopeso" e riportarsi a benchmark. Nonostante quindi l'alto prezzo di collocamento ed il possibile scivolamento iniziale fin verso i 4 euro, l'azione ha nel tempo delle ampie possibilità di recupero. Questo dovrebbe facilitare il compito di Mediobanca e Merryl Lynch, che nei primi giorni hanno dovuto svolgere un'intensa attività di pompieraggio per sostenere il titolo, incollandolo vicino al prezzo di collocamento. E' presto dunque per definire il collocamento Enel come un "bidone" rifilato dal Tesoro ai risparmiatori, rincarato poi dalla dichiarazione di volerne collocare una seconda tranche già tra 4 mesi. Il prospetto allegato alla scheda di sottoscrizione, che ogni investitore dovrebbe sempre leggere con attenzione, in realtà raccontava tutto di Enel, elencando minuziosamente le possibili fonti d'incertezza dei ricavi e dei profitti attesi per il futuro. Istituito con legge 6.12. 1962 n. 1643, l'Enel nazionalizzava circa 1.250 aziende e società operanti nel settore con il compito di "assicurare con minimi costi di gestione una disponibilità di energia elettrica adeguata per quantità e prezzo alle esigenze di un equilibrato sviluppo economico del Paese": era la principale realizzazione del contro-sinistra, quello di allora. Il centro-sinistra di oggi si propone, con il Decreto Bersani del 16.3.99 n. 79, "una progressiva liberalizzazione del mercato dell'energia elettrica e un incremento dei livelli competitivi". L'Enel deve quindi rinunciare alla sua posizione di monopolio e dismettere parte delle sue attività. Iniziamo dunque ad affrontare le principali fonti d'incertezza per l'Enel del futuro. 1) Produzione. Oggi Enel produce il 63% e distribuisce il 77% dell'energia consumata in Italia. Dopo scenderà rispettivamente al 40% ed al 47%. Dovrà dismettere 15.000 MW di potenza entro la fine del 2002. Questo significherà ridurre del 31% la produzione di energia, del 15% i ricavi complessivi, del 16% il margine operativo lordo. In cambio della potenza ceduta, Enel incasserà circa 8.200 miliardi, perché le centrali saranno vendute a prezzi di mercato (che a loro volta dipenderanno dal prezzo atteso dell'energia per i prossimi anni). Il ricavato verrà reinvestito nei nuovi settori d'attività attraverso cui Enel ha cominciato la diversificazione produttiva. 2) Distribuzione. Il decreto Bersani prevede una sola concessione di distribuzione in ambito comunale. Enel dovrà cedere alle municipalizzate (laddove esistano) la distribuzione dell'energia prodotta o importata. Si stima che questo riguardi 1,6 milioni di clienti (il 5% del totale) ed il 5% dell'energia venduta (pari a 1.400 miliardi l'anno). Peraltro il decreto prevede perequazioni per compensare l'obbligo di Enel di distribuire energia nelle aree non urbane meno remunerative e più costose. 3) Vendita. Il decreto Bersani prevede la definizione di due clienti-tipo: il cliente vincolato ed il cliente idoneo. Il cliente vincolato è il piccolo consumatore che non ha potere contrattuale e deve rifornirsi dal distributore della sua zona, ad un prezzo fissato nella trattativa tra il fornitore ed una nuova figura chiamata "Acquirente Unico". Il cliente idoneo è tipicamente il grande utente, ovvero la grande impresa o un eventuale consorzio tra piccole imprese che si associano per spuntare condizioni migliori. Il cliente idoneo può rifornirsi di energia da chi vuole, cioè da chi gli pratica il prezzo migliore. Questo rappresenta per Enel una grande fonte d'incertezza, perché con i criteri attuali i clienti idonei sono il 18% del totale, ma saliranno al 25% con i criteri del 2002 e possono lievitare ulteriormente con la formazione dei consorzi. Per Enel è impossibile prevedere quanti di questi clienti idonei si rivolgeranno ad altri fornitori in futuro. 4) Prezzo. Il sistema delle tariffe cambierà e l'Authority per l'Energia sta ancora elaborando la nuova struttura tariffaria. Per Enel si calcola una riduzione tendenziale dei ricavi del 17% nei prossimi 4 anni, che la società compenserà con un drastico taglio dei costi. Si è capito che a pagare il prezzo principale di questa riduzione saranno i lavoratori, già scesi da 103.550 al 31/12/94 a 81.041 unità il 30/6/99. La cura Tatò non sembra però ancora finita, perché sono stati annunciati altri 25.000 tagli di personale entro il 2004. Questo ci riporta però ad un'ulteriore fonte di incertezza: 5) Prepensionamenti. Il principale strumento di alleggerimento del personale potrebbe bloccarsi nel 2001 (o anche prima) con l'ipotizzato intervento del Governo sulle pensioni. Il fondo previdenziale degli elettrici (gestione speciale dentro l'Inps) è in deficit e per consentire il riassorbimento (dal 1.1.2000) l'azienda deve sborsare nel trienno 2000-2002 una cifra pari a 1.500 miliardi annui (oppure optare per la rateizzazione dal 2000 al 2019). Il blocco dei prepensionamenti potrebbe ulteriormente aggravare la situazione. 6) Diversificazione. Per compensare la riduzione dei ricavi conseguente alle dismissioni, Enel si è buttata in nuovi settori. Ha il 51% di Wind, la joint venture con France Telecom e Deutsche Telecom, che a fine agosto aveva già un milione di abbonati. Di recente si è fatta cedere dallo stato per 3.100 miliardi gli Acquedotti Pugliesi ed altre due società di gestione idrica (un settore, quello dell'acqua, che promette lauti profitti: il prezzo a metro cubo in Italia pare sia dieci volte inferiore a quello pagato dai tedeschi, con la prospettiva di assistere a forti rincari nei prossimi anni). Inoltre per 1.000 miliardi Enel ha comprato da Canal+ il 30% di Tele+, per fare finalmente decollare anche in Italia il fiorente mercato della Pay Tv. Questo diversificarsi in settori alternativi espone la società a rischi nuovi, per le incertezze legate a tutte quelle attività che non appartengono al "core-business". Tuttavia, forte dei suoi 29 milioni di clienti, Enel pensa di potre sfruttare l'effetto "cross-selling", cioè la vendita trasversale di servizi in rete, sfruttando le migliaia di chilometri di cavi in fibra ottica che Enel ha già posato accanto ai suoi cavi elettrici. 7) Contenzioso legale. Enel è una delle società più inquinanti ed è parte attiva in migliaia di processi, che le hanno fatto stanziare in bilancio 2.838 miliardi per fondo contenzioso e rischi diversi. La legislazione ambientale tira in ballo Enel su: emissioni nocive, inquinamento delle acque, smaltimento dei rifiuti e campi elettromagnetici. Nel 1998 il gruppo ha dovuto spendere 1.809 miliardi per misure volte a ridurre l'impatto sull'ambiente e adeguarsi alle misure di legge. Nel 1999 si prevede una spesa di 1.664 miliardi, soprattutto per ridurre l'emissione di anidride solforosa e di ossidi di azoto, e per interrare i cavi di distribuzione dell'energia elettrica. Ulteriori spese sono previste per ridurre l'impatto ambientale dei dannosissimi ripetitori di Wind.
In sostanza abbiamo riassunto l'insieme degli elementi che pesano sul futuro di Enel, ma anche gli strumenti che l'azienda intende utilizzare per mantenere alto, anzi accrescere, il livello degli utili. Se consideriamo che il costo del lavoro è in costante riduzione (-5,7% nel 1997, -9,1% nel 1998, - 6,8% nel primo semestre 1999) e se consideriamo che gli utili sono in costante aumento (+49,5% nel 1997, + 28,8% nel 1998, + 24,9% nel primo semestre 1999) abbiamo di che tranquillizzare coloro che hanno investito su Enel e smentire le cassandre che vedono nero nel suo futuro. In conclusione penso che l'intero evento possa essere riassunto così, a seconda dei punti di vista: 1) il governo è contento perché quest'anno ha incassato da Enel circa 39.000 miliardi (4.421 come dividendo straordinario e quasi 35.000 dalla opv), abbassando sotto il 2% il rapporto deficit/pil e sotto il 115% il rapporto debito/pil; 2) i risparmiatori che hanno aderito all'opv troveranno soddisfazione nel tempo perché l'azione salirà; 3) i clienti "idonei" realizzeranno forti risparmi sui costi perché, per loro, la bolletta scenderà; 4) i dipendenti dell'Enel pagheranno un duro prezzo alla liberalizzazione del mercato dell'energia: se ne andranno in 25.000 e c'è da sperare per loro che gli strumenti "morbidi" siano sufficienti per coprire l'esodo; 5) per gli utenti finali cambierà poco: è possibile che il prezzo per Kw diminuisca, ma verrà compensato dal rincaro delle altri voci della bolletta; il mercato funziona, ma non per loro, che devono pagare anche per i prezzi più bassi che vengono praticati alle aziende: in pratica finanziano l'abbassamento di prezzo rivolto alla grande utenza, in misura forse maggiore di quanto già fanno. Non credo siano necessari ulteriori commenti. Renato Strumia
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