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Da "Umanità Nova" n.37 del 21 novembre 1999

Millennium round a Seattle
Il tavolo dei padroni del mondo

Dal 29 novembre al 3 dicembre a Seattle , USA, patria della Microsoft di Bill Gates, si gioca una partita importante per i nostri destini di "clienti" e consumatori" futuri - figurarsi per chi non può permettersi di vedersi come un "consumatore" futuro in quanto la propria speranza di vita si è ridotta a causa della povertà, della fame, del riemergere di malattie già debellate, di AIDS.

Il Millennium Round che unisce le delegazioni dei paesi membri del WTO è un'occasione per far fare un passo in avanti alla legislazione mondiale sul commercio dei beni e servizi, dopo il mezzo passo falso nella sede più delimitata dell'OCSE di far ingoiare un Accordo Multilaterale sugli Investimenti che, tra le altre amenità, tutelava fortissimamente in sede giudiziaria i "padroni del vapore" contro ogni evenienza di ordine sociale, politica e in ultima istanza nazionale che pregiudicasse i piani di investimento e di profitto di imprese transnazionali.

L'insuccesso in ambito OCSE ha fatto inabissare il progetto AMI trasferendolo nel più ampio contesto del WTO, in cui una numerosa presenza di stati rende fittiziamente più democratico il controllo a livello governativo, mentre in realtà diluisce le dosi velenose disseminandole entro un corpus normativo internazionale più vasto, meno controllabile e, soprattutto, più cogente.

Ma il vertice di Seattle servirà anche a capire in che modo i rapporti tra Euro e Dollaro, ossia tra Unione Europea e Stati Uniti, evolveranno nel giorno in cui la massa critica de due partner - competitori starà per equilibrarsi, e quindi anche l'area europea potrà attirare investimenti in capitali esteri, sottraendo il primato agli USA che gestiscono le leve del dollaro e dei loro buon del tesoro particolarmente redditizi per investitori internazionali. Forse non tutti sanno che il grosso deficit commerciale degli USA è più che compensato dall'attrazione fatale di capitali esteri, giapponesi in primis, in quantità superiori a ogni altro paese del mondo.

Infatti elementi di contenzioso tra UE e USA ce ne sono in abbondanza, tutti legati esemplarmente a beni e servizi quotidiani, facilmente comprensibili dalla arcinota massaia di Voghera: banane e film. Così va la vita in questa folle epoca di mercificazione totale!

Nel 2000 scade il trattato do preferenza che i paesi dell'UE praticano a determinati beni primari esportati da paesi da economie povere situate in Africa, nei Caraibi e nel Pacifico, un tempo ex colonie europee. Ebbene, gli USA fanno valere le norme internazionali del WTO per evitare che anche in futuro noi consumatori europei possiamo comprare banane gestite da multinazionali europee che sfruttano paesi poveri del sud, a favore di multinazionali americane che sfruttano economie nazionali di paesi orbitanti nel suo giardinetto (domestic backyard), ossia il continente latino-americano e il centro-america. D'un sol colpo si priva così ogni paese di una propria politica estera fatta anche di commerci, al di qua, ovviamente, di ogni considerazione sulla iniquità del rapporto commerciale tra paesi distributori e poi consumatori finali.

La filosofia del WTO risiede nella convinzione che il commercio mondiale totale innalza i livelli di benessere perché lo scambio arricchisce di qualcosa qualcuno che ne è carente. Per far ciò, solo il mercato può dettare le regole e i costi di tali transazioni, senza che governi possano tutelare in maniera di favore, quindi operando discriminazioni su beni da importare o da esportare in date aeree del pianeta in cui competono imprese di altre nazioni. Per conseguire tale risultato occorre ridurre le tasse doganali e, in genere, ogni prelievo fiscale di stato sulle transazioni, comprese quelle sul commercio telematico. Va da se che riducendo sempre di più l'IVA sugli scambi internazionali che interessano prevalentemente le aeree ricche del pianeta, ossia Giappone, Unione Europea e Nordamerica, si privano i rispettivi governi di una fonte di accumulazione di capitali per la sopravvivenza dello stato.

Il libero scambio su basi di partenza diseguali non fa altro che amplificare le disuguaglianze e impoverire i paesi poveri del sud del pianeta che si vedono privati degli sbocchi esteri delle loro economie interne, spesso monodipendenti, mentre sono costrette ad indebitarsi per poter comprare su mercati esteri e in divise non più nazionali, ma in dollari, sui cui livelli di cambio non possono influire, ciò di cui hanno bisogno per tirare avanti nella dimensione globale che spazza via economie di scala locale e comunitaria, anche grazie ai ricatti delle istituzioni internazionali (FMI, WTO, Banca Mondiale, Banca dei regolamenti Internazionali, Banca Europea per la Cooperazione e lo Sviluppo).

Aderire al WTO significa accettare le regole istitutive che disciplinano il commercio mondiale in chiave multilaterale. Tuttavia gli USA, che pure sono tra i paladini del liberoscambismo internazionale, non esitano a porre con norme di carattere nazionale (artt. 300-301 del loro Diritto commerciale) leggi che regolano bilateralmente rapporti tra se e gli altri stati, come nei casi di embargo verso le imprese non americane che violano l'embargo americano contro Cuba o l'Iran o l'Iraq o la Libia, facendo affari con il governo di Fidel Castro o dell'ajatollah Khatami o di Saddam Hussein o di Khaddafi.

Le poste in palio sono oggi rappresentate dagli scambi culturali tra aree del pianeta i cui prodotti non possono subire trattamenti discriminati, con ciò minando però la specificità nazionale in fatto di identità, memoria storica e capacità immaginaria legata alla propria realtà, mentre si affida ai business di chi è più forte per produrre di più e piazzare meglio i propri prodotti questo nevralgico collante sociale.

Anche le pratiche anticoncorrenziali e monopolistiche (o oligopolistiche) nel settore della comunicazione di massa (telecomunicazioni satellitari, occupazione di bande dello spazio atmosferico, potere di lanciare satelliti, ecc.) interessa il WTO di cui però si registra l'incapacità di interventi preventivi e l'affidarsi alle norme nazionali per disciplinare nella pratica quanto la teoria liberoscambista pretende di affermare in dottrina.

Infine, molti paesi chiedono la concessione di una clausola sociale che dia tempo per adeguarsi alle trasformazioni globali delle economie in prospettiva di dotarsi di risorse, soprattutto umane, idonee a sostenere tale filosofia di vita esiziale per chi si trova già in stato di degrado materiale. In tal senso, molti paesi richiedono di riportare in sede di Organizzazione Internazionale del Lavoro tutte quelle regole in fatto di protezione dei lavoratori nei vari comparti produttivi e commerciali, rafforzando tutele sindacali liberalizzate in sede WTO.

Salvo Vaccaro



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