unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.38 del 28 novembre 1999

Il Malaffare "Rosso" o come far passare anche Berlusconi per una persona per bene

Gli anarchici hanno sopportato molto dai comunisti, e dopo da quegli ectoplasmi che cambiando nome e simbolo arboreo, hanno cercato di far dimenticare Kronstandt e dalla Spagna fino alle fosse di Katyn.

Oggi, mentre stanno per consegnare il paese a Berlusconi e ai quaranta (speriamo a tanto il numero si limiti) ladroni, forse qualche indiscrezione ci è consentita. Anche perché questa volta i padroni di Palazzo Chigi e di Botteghe Oscure (per mutuo graziosamente concesso dall'ex - andreottiano Cesare Geronzi, Banca di Roma) stanno per attentare a uno dei pochi immutati valori del paese: il portafoglio.

Da qualche mese Palazzo Chigi si è trasformata in una bottega assediata. Bottega, non Fortezza.

Ed allora cerchiamo di ricostruire i canali del "malaffare rosso". A differenza dei tempi di Craxi oggi la tangente non è più una più o meno grande decurtazione del plusvalore. Oggi e una stock option [1] pagata direttamente sul trading [2] azionario. Il tutto avviene sul "mercato" e in nome del mercato.

Il centro del giro di affari e la Banca di Roma. Ma attenzione essa non appare mai protagonista, eppure, casualmente è in tutti gli affari. Le cifre del consolidamento del debito verso l'ex-PCI non sono note. Le pubblicità e i film sponsorizzati sull'Unità si. Ma come mai un ex banchiere andreottiano è passato nelle file del "sol della sinistra?"

Qualcuno ricorda il "ribaltone", n. 1, Dini passò armi e bagagli (pochi) nelle file del progressismo italiano?

Era una dote, giacché a Dini tutto si può accreditare, anche la moglie del Costa Rica, ma non certo l'acume politico.

Precedentemente e previdentemente il nostro Geronzi aveva provveduto insieme all'IMI, alla B.N.L. ed altri al collocamento in Borsa di Mediaset e come nella parabola evangelica i debiti del gruppo Berlusconi si erano tramutati in azioni. E che azioni le Mediaset ! Le uniche su cui sinora non si sia persa una lira.

Venalità a parte, da dove nasceva la carriera di Geronzi? I maligni ricordano un oscuro funzionario della Banca d'Italia, in quegli anni remoti quanto, imperituramente alle 12 di ogni giorno veniva deciso il fixing della lira sul dollaro. Per funzione e posizione Geronzi conosceva questo fixing alle ore 10/10.30 del mattino. Solo anime preconcette e maldisposte potrebbero pensare che l'uso che ne facesse in quelle ore fosse diverso dall'assunzione di un romanissimo cappucino.

Però qualche benemerenza l'ebbe. Fino a diventare Presidente di un'autentica carrozzella romana che rispondeva al nome di "Cassa di risparmio di Roma". Cosa poi vi fosse da risparmiare a Roma, terra nota più per i suoi scialacqui e dissesti, fa parte dei misteri della Fede. Ma proprio a quella Fede nell'Apostolica e Romana Chiesa Geronzi dedicò ogni scrupolo e benemerenza, giacché anche oggi a Piazza Benedetto Marcello campeggia giallo e oro il gonfalone del Giubileo. E molti furono i giubilati, man mano che il suo potere cresceva ed inglobava prima il Santo Spirito e poi il Banco di Roma. E nel Banco di Roma era custodita, insieme ad altri innominabili segreti quella lista dei 500 di Sindona, che mai la pubblica opinione ebbe il tedio di leggere.

Ai più sembrò una follia. Tutti gli sportelli bancari insistevano sullo stesso territorio. A Sabaudia, terra sottratta alle paludi dal genio della Buonanima, addirittura i due sportelli "Banca di Roma" erano divisi da un verduraio che forse per motivi di ciociara cocciutaggine si rifiutò di vendere, lo stabile che divideva le due agenzie, aumentando il dileggio dei passanti.

Antichi tempi della prima repubblica. Eppure osservate con che armonia il giro delle poltrone assunse l'aspetto di una danza macabra. Il dott. Lamanda allora illuminato ispettore della Banca d'Italia, e fervido sostenitore dell'operazione venne assunto dalla provvida Banca di Roma ed ora ricopre cariche di tipo vicariale. Un garrulo giornalista a nome Gaffino Eraldo, libercolante per le edizioni di "Repubblica" oggi siede a capo delle Relazioni Esterne, dopo averne lodato i meriti sul gazzettiere di cui era responsabile economico. Menti adulatorie e sicuramente venali fanno assumere il suo stipendio a 800 milioni di sesterzi annui. Pochi per le falsità dello scriba, molti per gli esangui conti della Banca. Che annoverava oltre i palazzinari romani, Ciarrapico e Cragnotti quali clienti di rango. Simili gestioni provocavano sofferenze nette pari a 7.000 miliardi nel II semestre 1999, ma garantivano quella bonomia che è l'anima del generone romano.

E come tacere dunque le forsennate gesta della Assessora Lanzillotta Linda in Bassanini, la quale vendette all'ineffabile laziale Cragnotti la Centrale del Latte di Roma, privatizzazione sbandierata come quella delle ferrovie inglesi, e con gran dispendio di advisor anglofili. Tanta sapienza portò a una penale di 1 solo miliardo in caso di rivendita del bene, prontamente rigirato al parmigiano Tanzi, e solo per intercessione dell'Authority locale il cuor generoso laziale donò altri 14 miliardi al Comune di Roma, essendo comunque la plusvalenza di 26.

Costei fu anche capace di mettere all'asta terreni non appartenenti al Comune. Per tutti questi meriti attualmente è sottosegretaria al Ministero del Tesoro, dove risuona leggero il ticchettio delle sue scarpette.

Si dirà: ma tutto ciò che c'entra con D'Alema? In effetti D'Alema viene dopo, eredita, e con il governo eredita Geronzi. Delle due eredità la seconda certo è più redditizia. Nel Consiglio d'amministrazione siede tal certo Alfio Marchini, erede di quel Marchini che gli antichi militanti comunisti conoscono e riveriscono in quanto donatore del Palazzone di Botteghe Oscure. Il Costruttore Rosso, italica imitazione del banchiere Hammer amico di Lenin.

Ma veniamo al presente. Prima con una piccola operazione, come dire da "Compagni da Merende".

L'onnivoro Geronzi compra la Banca Nazionale Dell'Agricoltura, proprietà di tal certo Conte Auletta Armenise, che di nobile aveva solo il lignaggio, visto che il suo eloquio assomigliava più a quello di uno scaricatore trasteverino. Narrano che ad ogni assemblea fosse aduso dire "Cari soci, anche quest'anno la vostra Banca va dato tanti bei sordini...". A un certo punto i "sordini" finirono e lui vendette. A Geronzi padre dialettale e spirituale del generone romano. Il quale dopo un "tira e molla" di maniera rivendette il tutto alla Banca Antonveneta, austera padana istituzione. Come si vede dai grafici il titolo che vagava intorno agli 1.30 Euro, schizzò a 2.50, con un effetto spettacolare oltre il 3. I soliti maligni - di cui purtroppo la Capitale abbonda - sostennero che a trarre grasse plusvalenze dall'operazione furono due costruttori Marchini e Caltagirone, parente del famoso "A Fra, che te serve?" Questa volta sul mercato finanziario non rimbalzarono tali blasfeme parole, ma qualcuno nel segreto dei desk [3] degli operatori sussurrò che forse una parte dei proventi di quello che in America sarebbe bollato come Insider Trading finì in finanziarie del DS partito.

Provatisi in simili agresti speculazioni, i nostri tentarono il colpo grosso: Telecom, la più grande azienda italiana, i telefoni e i telefonini.

Si sparge la voce della più grande OPA mai tentata in Italia. La "vil razza padana" attacca il castello delle telecomunicazioni, il "piccolo mondo antico di Agnelli e del suo, ahime, tremebondo Rossignolo, sono alle strette, abbandonati dal ringiovanito Cuccia. Palazzo Chigi approva l'audacia dei forti, ma assai indebitati imprenditiori padani. In quelle ore banche d'affari internazionali giocavano oltre 100, 150 basis points sul Libor su Colaninno. Era il più grande leveraged [4] mai provato, e i prestatori professionali di soldi, usurando gioivano, certi che il valore acquistato avrebbe ampiamente ripagato il debito. La fiera degli imbecilli iniziò così. Lenders (cioè prestatori) in cerca di affari sicuri, dopo le scoppole degli emerging markets, [5] Borrowers, (cioè debitori) pronti a pagare qualsiasi cifra per un bottino certo, giacché regolato da tariffe pubbliche.

I giornali osannano alla libertà del mercato. Il titolo schizza da 9 a 11.25 Euro.

Pronto a ripiegare fra gli 8 e gli 8.50 quando Colaninno dichiara "tomo, tomo, cacchio, cacchio" che per pagare i debiti, deve scorporare TIM, il gioiello del Gruppo. Il Financial Times gli da del ladro, e tale deve essere sembrato agli occhiuti Fondi Comuni Inglesi. E in effetti fra i "giocatori" qualcuno che conosceva le carte e le ha sfruttate per giocare sui titoli c'è stato.

Ma a subire la vera grasseria sono gli italiani. Prima possedevano due giganti nel settore della Telefonia Mobile, Omnitel e Tim, ora, per le ferree leggi antitrust, ne hanno dovuto cedere uno (Omnitel) a Mannesman, mentre l'intera telefonia italiana è racchiusa in una serie di scatole cinesi. Proviamo a decifrarla: il controllo di ]Telecom è saldamente nelle mani di Tecnost che ne possiede il 55%. A sua volta TECNOST è controllata circa al 70% da Olivetti, che a sua volta ha come azionista di riferimento una società lussemburghese: BELL, che ha annunciato che porterà la sua quota intorno al 30% con un iniezione di 1.100 miliardi di lire.

Ma chi sono i soci della cassaforte che con il 30% del 70%, del 55% controlla di fatto il 100% di Telecom? Dietro Bell c'è Hopa e Fingruppo recentemente fusesi insieme. Che controllano il 56% di Bell.

Ma in BELL ci sono anche due soggetti colorati politicamente: il Monte dei Paschi di Siena, unica banca di sinistra fin dai tempi della D.C. e Unipol, l'assicurazione di Botteghe Oscure. Fra i finanziatori della scalata alla Telecom, oltre alle solite banche straniere figurarono anche la Banca di Roma e l'ABN AMRO, dei cui legami con i DS nessuno più ha dubbi. Ma è possibile che una banca olandese entri anch'essa nel pantano italiano? Se il Managing Director si chiama Gilberto Gabrielli, altro DS che sogna di acquistare anche la Banca di Roma, che a sua volta ha acquistato, tramite il Mediocredito Centrale il 63% del Banco di Sicilia e chiudere la campagna acquisti con il Monte dei Paschi di Siena, il quadro è chiaro.

La bottega assediata di Palazzo Chigi ha poco tempo per costruirsi un impero "telefonico-bancario" da opporre alla Fininvest di Berlusconi. E i Nicola Rossi, i Velardi, i Minniti, studiano capitalismo con l'entusiasmo dei neofiti.

Sbancor ha qualche dubbio.

Che Il Governatore della Banca d'Italia, Fazio, faccia celebrare le ultime nozze fra il pure sempre papista Geronzi e l'ex comunista D'Alema è assai dubbio, oltre che sconveniente

E per quanto riguarda i telefoni vedremo come andrà a finire, visto il per ora discreto ingresso di Bill Gates in Finsiel, società d'informatica del gruppo Telecom.

SBANCOR



NOTE

1 Le stock option sono premi in azioni pagati a dipendenti solerti, di solito appartenenti al top management delle società. Più sale in Borsa il valore delle società più le stock option sono elevate. Nel caso italiano però c'è qualche paradossale differenza D'alema e soci hanno guadagnato, ad esempio nel caso Telecom, facendo crollare il valore della società.

2 Trading, letteralmente commercio. In gergo borsistico indica una attività spesso parossistica di compravendita di titoli. In una stessa giornata un titolo o un suo derivato possono avere oscillazioni anche forti, all'interno di una curva tutto sommato lineare: l'abilità del traders è cogliere i picchi che formano la spezzata della curva. Se ci sono clienti di riguardo è anche un modo elegante per pagare "tangenti" non illegali.

3 Termine che sostituisce nel gergo finanziario l'antichissimo scranno su cui lavorava il povero contabile di Scroodge, dalle Favole di Natale di Dickens.

4 Letteralmente acquisto effettuato a debito, cioè usando la leva finanziaria. Di gran moda in America e in Inghilterra negli anni 70 e 80, quando gente di scrupoli minimi scoprirono che ci si poteva indebitare per comprare una società e poi trasferire i debiti sulla società acquistata, provoco non poche catastrofi economiche.

5 Termine con cui ottimisticamente si definiscono quei paesi che pur non meritando credito l'ottengono pagando tassi più alti. L'ottimismo deriva dall'aspettativa, quasi mai verificata che questi paesi emergano e diventino dei mercati. Casi clamorosi:Messico, Indonesia, Malaysia, Filippine ecc.



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