Da "Umanità Nova" n.40 del 12 dicembre 1999
Dibattito
Sulla trasformazione sociale anarchica
Una visione generale del modello sociale di riferimento è certamente
fondamentale per un movimento politicamente ambizioso quale quello anarchico.
Ma la definizione più precisa dei modelli autogestionari di una
transizione socialista anti-statale può porsi solo in prossimità
di un cambiamento rivoluzionario e nel farsi del processo storico in quanto
deve far riferimento alle dinamiche sociali che determinano il processo
rivoluzionario stesso.
Oggi il dibattito sulla trasformazione rivoluzionaria, benché sempre
appassionante, rischia di essere fuorviante per due motivi:
a) non "la sfera di cristallo" ma un più umile buon senso mi sembra
indicare che la trasformazione rivoluzionaria della società non è
né all'ordine del giorno, né dentro l'orizzonte del visibile;
b) l'esercizio di immaginazione della "città ideale" rischia di
allontanarci dalla realtà concreta dei problemi, lasciando il campo
libero ad altri.
L'anarchismo non è "semplicemente etica individuale" anche se l'etica
conta molto nell'anarchismo. Compito specifico dell'anarchismo organizzato mi
sembrerebbe proprio quello di tradurre l'etica in politica. Ma per questo
è necessario dare risposte positive ai problemi attuali. É
necessario cioè, anzi è urgente, riuscire a dare delle
indicazioni concrete ai settori di classi subalterne in cui siamo immersi, non
sul "che fare il giorno dopo la rivoluzione" ma sul "che fare" in un'epoca di
trionfo del capitalismo e dello Stato.
Il discorso comunalista o municipalista, emerso in questi anni, se depurato di
aspetti velleitari ed unito a un rilancio della questione sindacale, poteva
rappresentare un passo in questo senso.
Ma tanto il discorso municipalista che quello sindacale vanno però
riempiti di contenuti concreti, programmatici.
Ad esempio, quando CMS su U. N. del 21 11 '99 scrive che dobbiamo prendere
posizione a favore del TFR in busta-paga, questo compagno ci da un'indicazione
precisa, su cui si può essere o non essere d'accordo, ma che comunque
riempie di contenuti la questione sindacale e che se discussa e approvata
potrebbe prefigurare una campagna, una formula di agitazione.
E rispetto al modello di democrazia sindacale che emerge dalle RSU, al di
là della nostra partecipazione tattica (obbligata direi) a tali
organismi, non abbiamo nessuna contro-proposta da fare ai lavoratori?
E contro ai continui tagli agli enti locali, che in barba alla retorica sul
federalismo, costituiscono l'alibi alla privatizzazione dei servizi locali,
sarebbe utile o no lanciare una campagna politica nazionale?
E nei comuni quali sono i problemi amministrativi più sentiti dagli
strati più disagiati della popolazione?
Quali percorsi di lotta anti-istituzionale possiamo indicare? Con quali
obbiettivi?
Questo tipo di argomenti penso che sarebbe prioritario discutere nei congressi
e nei convegni anarchici del 2000.
L'Anarchico Gestaltico
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