![]() Da "Umanità Nova" n.01 del 16 gennaio 2000 Insegnanti. Il gioco della torre
Nel corso della prossima primavera agli insegnanti che hanno almeno 10 anni di anzianità di ruolo verrà offerta la possibilità di partecipare ad un concorso interno volto a premiarne le competenze (almeno questo è l'obiettivo dichiarato) con un aumento di stipendio di 6 milioni lordi all'anno e, quindi, di circa 300.000 lire nette al mese. Come si vede si tratta di un aumento consistente, significativamente superiore al 10%, dell'unico aumento di stipendio reale dopo quelli ottenuti con le lotte che gli insegnanti svilupparono fra il 1986 ed il 1988. I vincitori del concorso saranno 150.000, non pochi in realtà. Gli insegnanti di ruolo, ad oggi, sono circa 730.000, quelli che hanno più di 10 anni di ruolo meno di 500.000 e, valutando che non tutti parteciperanno al concorso, le possibilità di vincerlo saranno almeno del 33%. Ho ricordato questi dati perché ritengo sbagliato sottovalutare l'effetto che il concorso avrà su di una categoria che vive, come molte altre, una situazione di riduzione delle retribuzioni e, più di altre, di aumento dei carichi di lavoro, di perdita secca di prestigio sociale. Questo concorso si colloca all'interno di un assieme di mutazioni, per quel che riguarda la scuola pubblica, che è bene tenere presente sempre, Tralasciando l'autonomia scolastica l'attribuzione della dirigenza ai capi di istituto, la condizione die precari e molti altri aspetti pur rilevanti della situazione e concentrandosi sulla stratificazione interna della categoria degli insegnanti, è bene ricordare: - che è stata attuata l'elezione/selezione delle funzioni-obiettivo, cioè dei circa 60.000 insegnanti che hanno avuto un aumento di 3.000.000 milioni lordi all'anno, un po' meno di 200.000 lire nette al mese, in cambio dell'assunzione di incarichi aggiuntivi rispetto al loro normale lavoro; - che sono in svolgimento il concorso ordinario e quello riservato per l'immissione in ruolo e che questi concorsi interessano oltre che, ovviamente, i precari anche gli insegnanti di ruolo che vogliono cambiare classe di concorso; - che si sono avviate le nuove modalità di reclutamento del personale della scuola (corsi di specializzazione post universitari) che produrranno gli insegnanti che entreranno in ruolo tra qualche anno e che vedono la presenza, come formatori, di docenti della scuola primaria e secondaria oltre che di quelli dell'università;; - che gli stessi criteri di valutazione degli studenti si sono irrigiditi sulla base di una modellizzazione che tiene conto di debiti e crediti formativi; - che il lavoro degli insegnanti tende ad essere sempre più strutturato in maniera controllabile da parte dell'amministrazione. Il concorso, insomma, si colloca nel quadro di un'operazione di ingegneria sociale decisamente notevole. Può valere la pena di considerarne, schematicamente, il funzionamento: - la selezione verrà fatta da commissioni composte da presidi, ispettori del provveditorato e insegnanti in pensione da non più di cinque anni. Non è necessario essere particolarmente maliziosi per comprendere quale accrescimento di potere ne deriva per i quadri intermedi dell'amministrazione e i margini di gioco clientelare che si aprono. è vero che è previsto che delle commissioni potrà fare parte anche chi ha già superato il concorso ma questa decisione diverrà, ovviamente, operativa solo per i prossimi concorsi; - l'esclusione dal concorso di chi ha meno di dieci anni di ruolo, in una categoria nella quale sono normali da cinque a dieci anni di lavoro precario, è una simpatica forma di nonnismo sindacale volta a spaccare la categoria tra vecchi e giovani. Il punteggio sulla base del quale si passerà il concorso, se lo calcoliamo in centesimi, sarà diviso in tre parti: - un 25% attribuito sulla base di titoli (pubblicazioni, corsi seguiti, incarichi svolti) con l'effetto di premiare quelli che hanno studiato da piccoli per fare carriera e di dare occasioni di lavoro all'editoria che vive offrendo i suoi servizi a chi ha bisogno di titoli come già avviene nel caso dei docenti universitari; - un 25% sulla base dei risultati ottenuti risolvendo un quizzone consistente in cento domande; - un 50% che verrà assegnato sulla base della valutazione di una lezione svolta in classe o, per i timidoni, sulla base di una lezione svolta senza classe e sempre davanti ad una commissione. Possiamo immaginare, nei prossimi mesi, il successo dei corsi di formazione volti a insegnare come svolgere il quizzone e gestire il concorso, corsi organizzati, tanto per cambiare, dai sindacati di stato e l'aumento delle vendite della letteratura considerata utile agli stessi fini. Per motivi di spazio, mi limito a segnalare alcuni effetti di questa operazione: - la funzione docente, se svolta decentemente, richiede una disponibilità alla cooperazione con i colleghi. La logica del concorso prevede che, nella caccia al punteggio, ognuno corra per sé con le ricadute che si possono immaginare sulle relazioni fra gli insegnanti; - se, come è inevitabile, vi saranno docenti promossi e docenti bocciati ne deriveranno tensioni fra i due gruppi che svolgeranno lo stesso lavoro per retribuzioni significativamente diverse; - i salvati saranno incentivati a restare in servizio più a lungo per godere di un aumento retributivo che, grazie alla nova struttura delle pensioni, perderebbero in gran parte se abbandonassero il servizio con le prevedibili ricadute sull'occupazione; - il concentrarsi di energie per ottenere i premi e sottrarsi alle punizioni tenderà a indebolire la categoria nella rivendicazione di aumenti retributivi per tutti. Vi sarebbe molte altro da dire, soprattutto, sulla possibilità di sviluppo di una critica efficace alla politica dei sindacati istituzionali e dell'amministrazione e ritengo che sia il caso di aprire un confronto su questo tema. CMS
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