![]() Da "Umanità Nova" n.01 del 16 gennaio 2000 Inform@zione
Varese, facoltà di biologia In seguito al ritrovamento di documentazione che comprova l'avvenuto rogo di 7 donne (la punta di un iceberg) nel 1520 a Venegono Superiore, feudo dei conti Castiglioni e sede del più grosso seminario d'Italia, un certo risveglio di attenzione sembra essersi posto intorno all'argomento anche nelle provincie bianche. L'università di Varese ha organizzato per venerdì 17 dicembre, nell'aula magna della facoltà di Biologia, una conferenza di quattro cattedratici dedicata all'argomento. Nella stipata aula per tutta la serata si sono susseguite le relazioni le quali, pur non negando gli episodi di intolleranza religiosa (troppo vasta è la documentazione che la comprova), hanno avuto una costante: esortare alla moderazione nei giudizi, diluire le tematiche, ammorbidire i toni, cercare il pelo nell'uovo (soprattutto in ambito sessuale, con figure pornografiche proiettate in presenza di due sussiegose suore, secondo il vecchio metodo inquisitoriale d'insudiciare moralmente gli imputati) pur di attribuire qualche quota di colpevolezza alle vittime. Logica conseguenza: a un tratto è squillata la spavalda asserzione che "gli inquisitori, anche i più efferati, erano tutti in perfetta buona fede!". In questo modo il termine "misoginia" (letteralmente = odio per la donna) non può continuare ad essere utilizzato, perché rappresenta un fattore aggressivo da parte dell'uomo, ed è dunque stato sostituito con "ginefobia" (= che ha paura della donna), molto più consono allo spirito giubilare ed alle tartufesche richieste di "perdono" che vanno di moda di questi tempi. Il pretesto per coniarlo scaturisce dal fatto che le donne potevano essere "fattucchiere", che alcune erano in grado di mescolare erbe per fare intrugli, ed avevano perciò una certa dimestichezza con fattori attribuibili al "soprannaturale", come guarire un malanno, curare delle ferite ed altro: insomma, un "ascendente" che giustifichi la qualifica di streghe. A ben vedere l'operazione non è per nulla originale: già gli apologeti della Germania di Hitler e dei campi di concentramento e di sterminio per ebrei e "diversi", da anni si stanno facendo in quattro per giustificare i massacri attribuendo colpe alle vittime: gli ebrei erano possessori di fortune, erano in grado di condizionare l'economia del paese, non erano del tutto integrati né integrabili nella comunità, come non lo erano gli zingari ed altre categorie. Ma neppure gli apologeti del regime del dittatore centroeuropeo erano stati del tutto originali in questa macabra speculazione sulle vittime innocenti: già Isabella La Cattolica, alla fine del 1400, colpevolizzando gli ebrei li costringeva all'abiura e alla sottomissione alla sua religione, pena la requisizione dei beni, le torture, i roghi collettivi, con pretesti del tutto simili a quelli usati dai nazisti e dagli agiografi dei nostri giorni, con la benedizione del papa di allora e di quello di adesso che la sta beatificando. Soltanto un breve intervento dal pubblico di Clizio, uno studioso di questioni attinenti ai crimini che la chiesa viene commettendo da duemila anni a questa parte, ha contribuito a riportare un po' la questione nei suoi giusti termini. Ha ricordato che tutta questa moderazione è un imbellettamento a posteriori: i roghi erano roghi, e in essi bruciavano "eretici" in carne ed ossa, prevalentemente le donne e in modo particolare quelle che cercavano di lenire i mali dell'esistenza; e le torture erano torture, non solo qualche tiro di corda (che già da solo è atroce) ma ferri roventi, ruote, digiuni, lavande, applicazione di "mordacchie" e tante altre ancora. Galileo, di cui recentemente è stato chiesto il "perdono", non è stato soltanto spietatamente stiracchiato anche se si trovava già in età avanzata: gli sono stati cavati gli occhi, perché non potesse più guardare le stelle che gli avevano fatto abbandonare i sentieri della "fede": "Come pena del contrappasso, perché non potesse più vedere negli astri ciò che non avevan saputo vedere i Gesuiti". Quanto alla supposta "perfetta buona fede", Clizio la ribalta in "perfetta mala fede. I santi inquisitori ancor prima d'iniziare i processi volevano una sola cosa: uccidere". Altro che ginefobia! Alfonso N.
Napoli: "Il Funerale del 900" Pomeriggio di Domenica 2 Gennaio 2000, Piazza S. Domenico, centro storico L'idea è nata, circa un mese fa, per scherzo, come spesso accade. Poi, parlandone, organizzandoci e elaborandola è diventata reale: nauseati dalla sovrabbondanza di festeggiamenti previsti per la nascita del "nuovo millennio" e coscienti di aver qualcosa da dire a proposito di questo secolo giunto al termine, abbiamo deciso di accompagnare con un particolare rito funebre il passaggio al 2000. Apriva il coloratissimo e rumoroso corteo un grande Bug, uno scarrafone (per dirlo con un termine locale), costruito con i sacchetti della spazzatura, a ricordare il clima superstizioso che ha pervaso i mezzi di comunicazione negli ultimi mesi. Appena dietro, a braccetto e a passo marziale marciavano quattro personaggi, un Militare, un Ecclesiastico, il Dio Denaro e La fortezza Europa. Seguivano strani animali transgenici, un orologio impazzito, televisioni con gambe e braccia, stendardi neri e varie maschere, accompagnati da un lamento musicale e dalle grida disperate di alcune donne, che ricordavano il "defunto". Progressivamente la musica è diventata gioiosa, richiamando varie centinaia di persone. Tornati a Piazza S. Domenico ci siamo disposti in un grande cerchio, al cui centro sono state poste tutte le maschere. Mentre veniva letto un breve testo (scritto, collettivamente, nei giorni precedenti), tre ragazze gettavano terra, fiori e frutta sopra il mucchio dei costumi. Una danza collettiva, che ha coinvolto anche gli spettatori presenti ha concluso il "rito", trasformata in seguito in festosa tammoriata: i napoletani, sorpresi e incuriositi, hanno risposto in modo molto propositivo alla provocazione. Condoglianze! Soledad
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