Da "Umanità Nova" n.01 del 16 gennaio 2000
Assassinio di stato
Manifestazioni a Trapani e Ragusa
Ragusa 8 gennaio
Chiudere i lager per immigrati
Sabato 8 gennaio si è svolto a Ragusa il primo dei due presidi
organizzati in Sicilia presso due campi permanenti di detenzione per immigrati.
Ad organizzare l'iniziativa, promossa dal Gruppo anarchico, è stato il
Comitato Antirazzista, che ha raccolto varie adesioni (oltre agli anarchici
locali, la CUB ragusana, un gruppo di cittadini, da Catania Azad per la
libertà del popolo curdo, la Bottega del mondo Ararat, i Cobas scuola e
la redazione de "Il limone lunare" - FAS; da Gela il Sin Cobas). Hanno preso
parte al presidio anche compagni di Palermo e Noto. Complessivamente
però, solo una cinquantina di compagni sono intervenuti all'appuntamento
davanti al centro di viale napoleone Colajanni, segno anche delle
difficoltà che incontrano alcuni settori a mobilitarsi su obiettivi
quali la chiusura dei centri di trattenimento temporaneo, e soprattutto
l'apertura delle frontiere e la libera circolazione di tutti i cittadini.
Nello specifico lo abbiamo constatato a Ragusa, dove l'area pacifista e
Rifondazione si sono dissociati dall'appuntamento, lasciando l'onere
organizzativo sostanzialmente sulle spalle degli anarchici e di pochi altri.
Neanche i 4 morti della sommossa di Trapani del 28/29 dicembre (il quarto
immigrato è deceduto per ustioni la sera del 6 gennaio), hanno scosso il
quieto vivere rispetto al dramma degli immigrati che a centinaia sbarcano ogni
giorno sulle nostre coste. Parte degli immigrati reclusi a Trapani erano stati
trasferiti a Ragusa dopo la rivolta, e una ventina sono già stati
espulsi dall'Italia. Al centro di Ragusa alla vigilia del presidio erano stati
rinchiusi un'altra trentina di maghrebini catturati subito appena lo sbarco
sulle coste iblee. Per questo la vigilanza al centro era stata potenziata.
È stato praticamente impossibile poter fare accedere una nostra
delegazione al centro, come era stato anche richiesto al questore; la legge
Turco-Napolitano ha infatti registrato in novembre una ulteriore stretta che
rende estremamente difficile entrare dentro queste strutture; né c'erano
le condizioni di piazza per provare a fare delle forzature a sostegno della
richiesta di accedere al centro e portare direttamente la solidarietà
agli immigrati, come invece si era potuto fare un anno fa, con esito
positivo.
La manifestazione è stata comunque un primo segnale che andava dato; sul
tema degli immigrati esiste un'area, certamente composita, ma disposta a
muoversi, ad allearsi su basi minime ma centrali (come la chiusura di tutti i
centri di trattenimento), e, a partire da questo movimento sarà
possibile condurre un proficuo lavoro di sensibilizzazione perché queste
strutture, "terra di nessuno", vengano fatte conoscere all'esterno di quello
che realmente sono, e le richieste di una loro chiusura definitiva possano
essere assunte da un'area sempre più vasta. Sicuramente il grosso del
lavoro è tutto da (ri)fare, ma la prima pietra è stata gettata.
Occorre dotarsi di mezzi per potenziare l'iniziativa, e di inventiva per
rendere le iniziative più efficaci.
Pippo Gurrieri
Palermo: a fianco degli immigrati per la chiusura immediata dei lager di
stato
I giorni seguenti i tragici fatti avvenuti al centro di prima
accoglienza Serraino-Vulpitta di Trapani, hanno visto un crescendo di
iniziative volte alla sensibilizzazione ed alla mobilitazione dell'opinione
pubblica contro i centri di detenzione. Abbiamo iniziato con una presenza quasi
costante al reparto grandi ustioni dell'ospedale civico di Palermo dove sono
ricoverati i nord-africani scampati al rogo. Alcuni di loro versano in gravi
condizioni. Uno è morto (60% del corpo ustionato), un altro è
entrato in coma irreversibile, ed altri due si trovano in precarie condizioni
di salute. La nostra presenza al reparto non sempre è stata gradita ai
tutori dell'ordine. In particolar modo venerdì 7 gennaio, dopo averci
accordato di accedere al reparto per visitare i giovani scampati al rogo, dopo
pochi minuti ci allontanavano per sopraggiunti ordini dall'alto.
Sabato 8 gennaio un gruppo di compagni, tra cui il giornalista del Manifesto
Tano D'Amico, recatisi presso il "Centro di prima accoglienza" di Buonfornello
a Palermo venivano allontanati dai poliziotti di guardia al centro. Nella
stessa giornata nel pomeriggio tornavamo al centro ustioni e come se niente
fosse accaduto riuscivamo a vedere e parlare con alcuni dei tre ricoverati.
Parlando con loro constatiamo lo stato di profondo malessere e disagio in cui
si trovano, la paura di un immediato rimpatrio nei loro paesi d'origine. Noi li
informiamo delle iniziative che stiamo facendo e che faremo tutto il possibile
per aiutarli a non essere espulsi ed arrestati.
Domenica 9 gennaio a Trapani i Comitati per la pace di Trapani e Palermo
organizzano un presidio ed un corteo davanti all'"albergo a tre stelle
Serraino-Vulpitta. Da dietro le sbarre i "turisti" ci gridano tutta la loro
rabbia e disperazione, soprattutto la paura per la scampata morte. Sono
contenti della nostra presenza e gridano sistematicamente: libertà,
libertà, ci ringraziano di continuo, non vogliono essere abbandonati al
loro destino. Una delegazione di manifestanti (tra i quali Dino Frisullo)
riesce ad entrare all'interno dell'"albergo" dove si rende conto delle pessime
condizioni del luogo che la tragedia non è frutto della disperazione ma
è un'ennesima uccisione di stato. Dopo due ore di presidio ci muoviamo
in corteo per le vie del centro di Trapani affollato per gli sconti di fine
stagione, ma indifferente agli ospiti del Serraino-Vulpitta. Il corteo si
scioglie davanti al palazzo della provincia dove si svolge un'assemblea che
vede la presenza del sen. Russo Spena e di alcuni esponenti locali dei DS fare
sfoggio di eloquente retorica, che non incanta più di tanto i
partecipanti che rilanciano con fermezza la chiusura dei centri di detenzione
temporanea.
Info Palermo
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