Da "Umanità Nova" n.01 del 16 gennaio 2000
Dibattito
Anarchia, comunismo, trasformazione sociale
Della prossima rivoluzione
Se noi prendiamo in considerazione quei movimenti che si
sono richiamati all'anarchismo o sono stati portatori del metodo antistatale e
anticapitalistico di lotta; se a questi aggiungiamo tutta la letteratura
sociale che apertamente o implicitamente ha fatto propria la critica dello
Stato e della proprietà privata; se da questo insieme caotico cerchiamo
di determinare un massimo comun denominatore, finiamo per trovarci in mano ben
poca cosa: una critica nemmeno tanto originale dell'esistente e proposte di
trasformazione sociale che si elidono a vicenda.
L'anarchismo a cui chi ha proposto il convegno di Livorno fa riferimento
è in realtà ben delineato: ha ben precisi luogo e data di nascita
(Saint Imier, 1872), ed nel suo atto di nascita è anche scritto il suo
carattere: tendenza politica del proletariato.
Tutto ciò che avviene prima può essere considerato come
precursore del movimento, tutto ciò che avviene al di fuori dello
scontro di classe, al di fuori o magari contro il proletariato, non ha niente a
che vedere col movimento politico di cui intendiamo occuparci. Sarà
anche anarchismo, se ai suoi protagonisti piace definirlo così (non
abbiamo né intendiamo avere alcun monopolio dell'anarchismo), ma un
anarchismo di un'altra specie, di un'altra classe.
Storicamente è l'anarchismo come movimento politico che ha saputo
formare generazioni di proletari d'avanguardia con il proprio metodo d'azione e
di organizzazione, con la propria lotta politica, con la propria prospettiva di
abbattimento dello Stato e di espropriazione dei mezzi di produzione e di
distribuzione.
Se anziché seguire un metodo storico seguiamo un metodo logico,
arriviamo alle stesse conclusioni. Un movimento politico si distingue dagli
altri per il proprio rapporto con lo Stato, anche se parte del proprio
programma è in comune con altri partiti.
L'anarchismo si differenzia dai democratici borghesi perché, insieme
alle varie scuole socialiste, ritiene necessaria l'uguaglianza economica per
rendere effettiva l'uguaglianza politica; si differenzia dai socialisti
riformisti, insieme agli altri partiti rivoluzionari, perché ritiene
necessaria la rivoluzione per arrivare all'abolizione della proprietà
privata; si differenzia infine, e si caratterizza quindi, dai socialisti
autoritari perché ritiene l'abbattimento dello Stato premessa
indispensabile dell'espropriazione dei mezzi di produzione e di distribuzione,
e della riorganizzazione della società sulla base di libere associazioni
di produttori e consumatori ad opera del popolo (=COMUNISMO).
Ora, se l'anarchismo si caratterizza per la negazione dello Stato, esso non si
dà se a questa negazione non si accompagna l'aspirazione all'uguaglianza
economica e politica, presupposto della libertà individuale, e la
riorganizzazione sociale ad opera di libere associazioni.
Questo è l'anarchismo di cui intendiamo occuparci, questo è
l'anarchismo che ha saputo esprimere i momenti più alti della ribellione
proletaria e quindi è entrato e rimane nella storia.
Dalla critica dell'esperienza di questo anarchismo possiamo trarre gli
insegnamenti per oggi. Gli altri anarchismi li abbandoniamo volentieri ai
salotti dove sono nati: l'aria delle officine e delle barricate non è
adatta alla loro delicata costituzione.
Il dibattito che si è sviluppato su Rivista Anarchica sul tema del
comunismo dimostra l'esigenza di tornare a discutere ora di questi temi, senza
attendere un'auspicabile situazione rivoluzionaria.
Indipendentemente dalla forma concreta che il popolo, una volta abbattuto il
giogo statale, vorrà dare alla produzione e alla distribuzione, rimane
la domanda: la nuova società nascerà bell'e pronta dal crollo del
capitalismo, come Atena dalla testa di Zeus, o avrà bisogno di essere
preparata?
Basterà il semplice gioco delle contraddizioni economiche per provocare
il crollo del capitalismo e per mettere i lavoratori in grado di procedere
all'espropriazione? Queste sono alcune delle domande che ci hanno spinto a
promuovere il Convegno di Livorno, da cui non ci aspettiamo risposte
definitive, ma l'avvio di un dibattito che si allarghi a tutto il movimento dei
lavoratori, per dare al termine antagonismo un significato rivolto al futuro e
non solo alla miseria del presente.
Accanto alla questione del comunismo c'è la questione dello Stato. Il
dibattito svoltosi nel movimento anarchico e testimoniato dai vari programmi
che questo si è dato ha sempre fatto dell'abbattimento dello Stato non
solo un elemento della nuovo società, ma soprattutto un momento tattico:
è l'abbattimento dello Stato e la conseguente eliminazione del Governo
che permette alle energie popolari di liberarsi. E' allora che si sviluppa
l'azione specifica degli anarchici, portando il più avanti possibile la
rivoluzione ed impedendo la costituzione e il consolidarsi di ogni governo
rivoluzionario.
L'abbattimento dello Stato è il presupposto della trasformazione
rivoluzionaria. Questa concezione, presente negli scritti di Bakunin al tempo
dell'Internazionale, ribadita a Saint Imier nel 1872, confermata dal Programma
Anarchico del '20, diversamente da altre concezioni espresse nel tempo dal
movimento anarchico, non ha mai subito modifiche.
E' ancora adeguata alla nostra azione oggi? Questa è la seconda domanda
che presentiamo al Convegno di Livorno. Semplificando le cose, possiamo dire
che i due convegni precongressuali ci permettono di definire dove vogliamo
andare e il punto in cui ci troviamo; spetterà poi al Congresso di
definire la strada che intendiamo percorrere, le tappe necessarie e così
via.
A rivederci a Livorno.
Tiziano Antonelli
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