![]() Da "Umanità Nova" n.02 del 23 gennaio 2000 Congresso DS. Miele e manganelli
Si sono appena spenti i riflettori sul primo congresso dei Democratici di Sinistra e ancora si moltiplicano le valutazioni dei vari opinionisti. La stampa si è più o meno elegantemente ingegnata nel tentativo di cogliere i "segnali" che da questo congresso sono emersi e che, ovviamente, sono solo in parte contenuti nelle dichiarazioni dei vari leader. Tuttavia la palma di principe dei paradossi spetta non ad un giornalista ma all'ingessatissimo Folena che, interrogato sulle reazioni negative degli alleati cattolici alla scelta "antiproibizionista" del suo partito, ha candidamente asserito che i DS sono "anche un grande partito cattolico" (La Stampa del 18 gennaio). In verità c'è poco da stupirsi se si pensa che quello che la chiesa di Roma ha arraffato nei quasi cinquant'anni dell'era democristiana appare ben poca cosa in confronto alle generose elargizioni e privilegi conquistati all'ombra della quercia. Chissà, di questo passo anche i DS vorranno entrare nel Partito Popolare Europeo con Berlusconi, Castagnetti, Dini e Cossiga. Una prima considerazione è d'obbligo: D'Alema e Veltroni come coreografi sono assai meno abili dei socialisti di cui hanno preso il posto, la loro simbologia è assai più grezza e meno abile nel costruire un modello efficace sia sul piano delle idee che su quello dei programmi. Come paragonare l'abilità di un Craxi, eroe del pragmatismo in politica e sagace sponsor di raffinati intellettuali di corte come Luciano Pellicani, capace di trasformare Proudhon in un precursore della "Milano da bere" degli anni '80, con Walter Veltroni e il suo minestrone buonista? La scelta del Lingotto, ex fabbrica Fiat, che gli Agnelli, anche grazie ad un notevole sostegno economico degli enti pubblici sono riusciti a riconvertire in una nuova fabbrica di soldi, è l'indice inequivocabile che i DS conservano il sostegno dei salotti buoni della borghesia nostrana, consapevole che grazie ai governi Prodi e D'Alema, è riuscita a guadagnare molto spendendo assai poco. D'altra parte il gioco non ha nulla di implicito, poiché abbiamo visto per la prima volta nella sua vita Giovanni Agnelli presenziare ad un congresso di partito, che, con altri esponenti della borghesia industriale italiana, ha anche generosamente finanziato. Un tempo i delegati ad un congresso politico trovavano nella loro cartellina le relazioni su cui si sarebbe incentrato il dibattito, in questo inizio di secolo i rappresentanti DS hanno ricevuto anche la pubblicità della Fiat, del San Paolo, della Montedison, dell'Emas e della Falck. Del tutto emblematica è la discussione svoltasi sui referendum "sociali" dei radicali, che ha visto il buon D'Alema esibirsi al meglio nel suo ruolo di premier di "una sinistra moderna e consapevole" e, di fronte alla richiesta di adesione al fronte del no da parte di un Cofferati preoccupato dal rischio di veder eroso il potere dei sindacati di stato, si è così espresso: "Io sono contro i referendum sociali, non perché minaccino un vecchio ordine che voglio difendere, ma perché intralciano modernizzazione e cambiamento del paese". In altre parole D'Alema si è affrettato a rassicurare i suoi benamati sponsor, chiarendo che, coerentemente con le scelte sinora adottate dal suo governo, realizzerà una ulteriore liberalizzazione del mercato del lavoro, usando quel tanto di accortezza e vaselina necessarie a far passare questi provvedimenti in modo indolore (per i suoi sponsor, ovviamente!). Fattosi prendere la mano dallo slancio neoliberale il congresso DS si è poi pronunciato per la liberalizzazione delle droghe leggere e per la somministrazione controllata dell'eroina. Difficile sottrarsi al dubbio che nella scelta, subito ritrattata, abbia influito una certa voglia di corteggiare i radicali in vista della prossima tornata elettorale. Un colpo al cerchio e uno alla botte: sin dal giorno dopo i DS si sono affrettati a chiarire che le scelte del partito non coinvolgevano in alcun modo il governo di cui sono l'azionista di maggioranza. Ma la grande protagonista del congresso DS è stata la melassa, sparsa a piene mani negli interventi dei relatori così come nelle scenografie e negli slogan, una melassa densa e vischiosa per tenere insieme con i buoni sentimenti una compagine politica priva di identità, preoccupata di ribadire che lo strappo con il PCI è ormai cosa fatta, che il passato è sepolto, che oggi, nel nome di Carlo Rosselli, dom Milani, Sting e John Lennon, i DS sono un partito socialista, democratico e moderno, un partito postideologico e concreto. Un partito che si prende cura (I Care). Non vorrei parere impertinente ma ho il sospetto che gli immigrati che muoiono nel mar d'Otranto o nei centri di detenzione di queste "cure" farebbero volentieri a meno. Per non parlare di chi si è visto tagliare redditi e pensioni o di chi ha dovuto subire un bombardamento "umanitario". Per quel che mi riguarda volentieri rinuncerei alle cure di chi si preoccupa a tal punto dell'ordine e della pace (sociale) da impedire una manifestazione contro i lager per immigrati di fronte all'ingresso del Lingotto. Sabato 15 gennaio una manifestazione indetta dai centri sociali Gabrio, Murazzi, Askatasuna, dalla Federazione Anarchica Torinese e dal Comitato Chiapas è stata vietata, e solo dopo estenuanti trattative con la questura, è stato concesso, stando a debita distanza e possibilmente dietro a transenne appositamente piazzate, di volantinare ed esporre striscioni sotto la stretta sorveglianza di polizia e digos. Il miele per i padroni, i manganelli per chi dissente. È il modo di "prendersi cura" dei DS. Un partito socialista e democratico. Rosa Saponetta
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