![]() Da "Umanità Nova" n.02 del 23 gennaio 2000 Referendum. Asteniamoci!
Abbiamo, in più occasioni, posto in rilievo il ruolo di guardia plebea della destra sociale che svolgono i radicali. I referendum da loro proposti ed, in particolare, i cosiddetti referendum sociali ne sono la prova evidente. Obiettivo evidente dei referendum stessi è lo smantellamento pressoché completo di quello che resta dei diritti dei lavoratori definitisi nella precedente fase storica sulla base sia di importanti lotte che della necessità per le classi dominanti di garantire una qualche forma di pace sociale. Vale oggi la pena di ragionare del quadro politico e sociale che si va disegnando sulla base della ragionevole probabilità che ai referendum si arrivi effettivamente. L'apparato del sindacato confederale reagisce a quest'ipotesi compattandosi al proprio interno e lasciando, provvisoriamente, da parte le polemiche e gli scontri che lo hanno caratterizzato sino a qualche mese addietro. Gli stessi sindacati che hanno accettato una riduzione secca dei diritti sociali si scoprono una vivacità insospettabile e si schierano per il no. I settori più militanti della sinistra sindacale organizzano scioperi a livello di azienda, premono sull'apparato perché prenda iniziative forti, si preparano ad una campagna per il no. Tira la volata a questa campagna la stampa della sinistra di sua maestà come "Il manifesto" che lancia appelli alla mobilitazione, all'unità della sinistra politica e sindacale, alla lotta contro il neoliberismo rampante. Senza escludere che settori della sinistra statalista siano effettivamente preoccupati dall'iniziativa radicale, è evidente che i referendum pannelliani siano, dal loro punto di vista, un'ottima occasione per riprendere un'iniziativa che la sottomissione alle scelte del governo aveva alquanto appannato. Lo schierarsi per il no in occasione dei referendum radicali si intreccia con almeno due derive del ceto politico della sinistra: - la faticosa riemersione di una sinistra DS che, appoggiandosi alla CGIL, cerca di bloccare la deriva neoliberale dei DS stessi e di valorizzare un'opzione socialdemocratica. Quest'area può far valere, per sostenere le proprie ragioni, i pessimi risultati elettorali dei DS nelle elezioni europee ed in quelle per il comune di Bologna, risultati derivanti, con ogni probabilità, dalla perdita di consensi nella tradizionale base sociale della sinistra non compensata da conquiste di settori di elettorato moderato. Il fatto che, a breve, vi siano le elezioni regionali fornisce a questo settore della sinistra ottimi argomenti ulteriori. Come, poi, reagiranno i settori neoliberali dei DS è un problema aperto ma alcune avvisaglie vi sono; - il riavvicinamento fra DS e PRC in vista delle elezioni regionali. Il PRC, castigato elettoralmente per le sue mattane massimaliste, sta ritornando a cuccia e una campagna comune per il no con settori della sinistra di governo può essere l'occasione per uscire dall'isolamento e dalla marginalità politica che sembrava essere il suo destino. Il fronte padronale si muove con maggior tranquillità e determinazione. Il fatto di non aver promosso direttamente i referendum fornisce alla Confindustria l'occasione per poterli utilizzare come strumento di pressione per ottenere due risultati possibili: - una trasformazione del diritto del lavoro in senso neoliberale prima che si svolgano i referendum. Questa trasformazione sarebbe gestita assieme dal padronato, dall'apparato sindacale e dalla destra della maggioranza costituita da settori dei DS, dai Democratici e da varie frattaglie; - lo stesso risultato dopo i referendum con gli stessi interlocutori o con altri. La posizione padronale è legittimata dal fatto di non essere sostanzialmente diversa dalle quella di vari esponenti del DS come Ichino, De Benedetti, Aris Accornero ecc.. La destra vive alcune divisioni interne soprattutto con i propri referenti sindacali come l'UGL mentre la CISAL, già distintasi anni addietro in operazioni analoghe, si affretta a correre sotto le bandiere pannelliane sebbene questa scelta raffreddi il suo recente avvicinamento alla CISL ma, nel complesso, giocherà il ruolo di supporter della Confindustria nella speranza di dimostrare al padronato la propria maggior affidabilità nella gara in corso con la sinistra. Resta ai margini la Lega Nord che vede offuscata dall'occupazione dello spazio mediatico da parte dei pannellati il proprio referendum contro gli immigrati ma il suo riavvicinamento a Forza Italia dovrebbe indurla a più miti consigli. Una valutazione fredda del quadro che abbiamo di fronte è necessaria come è necessario prendere l'iniziativa sui temi che il referendum pone al centro del confronto politico e sindacale. Vari settori della sinistra sociale stanno proponendo la costituzione di Comitati contro i referendum radicali per l'astensione. Questa proposta può e deve interessarci purché si pongano al centro dell'iniziativa alcuni temi: - la denuncia del ruolo della sinistra statalista, politica e sindacale, nella svendita competitiva dei diritti sociali, denuncia che deve essere rigorosa e circostanziata: - l'attenzione alla quota crescente di lavoratori che già non hanno diritti dagli immigrati ai precari, dai lavoratori "anomali" a quelli ineriti nell'economia "Informale" meglio definita come lavoro nero. Quest'attenzione deve comportare un impegno forte per la conquista e l'estensione dei diritti oltre che per la difesa di quelli che ancora restano ai lavoratori normati; - la critica radicale dello stesso strumento referendario che affida ad una massa indistinta di individui atomizzati, compresi padroni e padroncini, burocrati e quadri, commercianti e lavoratori autonomi, politicanti, criminali e preti il diritto di decidere della sorte dei lavoratori salariati; - lo sforzo di costruire strutture militanti che vadano al di là delle sigle politiche e sindacali di appartenenza e, su contenuti precisi, siamo punto di riferimento per settori larghi di lavoratori; - la valorizzazione della mobilitazione e dell'azione diretta: assemblee, presidi, volantinaggi sul territorio e, ovunque sia possibile, scioperi e mobilitazioni. Ritengo che i tempi siano stretti e che la discussione debba essere aperta subito al fine di trovare le vie migliori per agire su questo terreno. Se sapremo intrecciare questa iniziativa con quella per la difesa delle libertà generali (penso alla campagna antigiubilare, per fare un solo esempio) e per i diritti sociali come quello alla pensione, i risultati potrebbero essere decisamente interessanti. CMS
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