![]() Da "Umanità Nova" n.4 del 6 febbraio 2000 Adriano Sofri, "il gentiluomo"
Che le venticinque udienze della IV sezione penale della Corte d'Appello di Venezia non siano tanto servite per appurare la veridicità delle confessioni di Marino - reo confesso dell'omicidio del commissario Luigi Calabresi chiamando in causa gli ex-compagni di Lotta Continua, Bompressi, Pietrostefani e Sofri - quanto per affermare che in ogni aula di tribunale è innanzitutto la Ragion di Stato a dover esser servita e riverita, ci sembra una verità - anzi, la sola verità - ad aver trovato ancora l'ennesima ed imprescindibile conferma. Per questo, se anche con curiosità siamo in attesa di conoscere le motivazioni scritte della sentenza che hanno confermato praticamente il carcere a vita per Sofri e compagni (foss'anche soltanto per capire sino a quali vette s'innalzi l'ardire della letteratura giuridica), già da ora ci è sufficiente riflettere sul peso politico che questa sentenza veneta eserciterà sui processi che vedranno sul banco degli accusati i servi dello stato, ad iniziare da quello che a febbraio verrà intentato contro quattro neo-nazisti che sono accusati (assieme a Freda e Ventura, ora non più processabili) della strage del 12 dicembre 1969 a Milano in Piazza Fontana. Sí, perché a giocare di fioretto come hanno cercato di fare i legali degli imputati di Lotta Continua non solo non è stato utile a ripristinare la verità sull'omicidio del capo squadra politica della questura di Milano in modo da discolparli, ma - e la storia di questi ultimi 28 anni lo sta a dimostrare - ha contribuito ad annebbiare e a sfarinare le responsabilità politiche oltre che penali degli uni e degli altri. Lo stesso Sofri nella sua difesa e nelle sue memorie in ritardo si è accorto che la partita doveva giocarsi non soltanto sulla propria discolpa, quanto piuttosto sulla colpa di chi da sempre ha utilizzato l'omicidio di Calabresi e prima ancora l'assassinio di Pinelli come denaro contante per l'acquisto del potere. Anzi, per acquistare allora la credibilità di poter indirettamente partecipare alla gestione del potere politico in un Italia scossa dalle lotte operaie e dalla protesta studentesca. Dire che il Partito Comunista Italiano attraverso le alte sfere della sua dirigenza sapeva i retroscena della spontanea confessione ai carabinieri di Leonardo Marino, molto prima che il senatore Bertone e soprattutto che Ugo Pecchioli - l'alter ego del Ministro degli Interni - morissero, forse avrebbe reso ancor più imbarazzante una sentenza che attraverso i suoi reiterati procedimenti ha sempre tenacemente nascosto quanto Luigi Calabresi - da servo dello stato, sebbene di infimo livello - non fosse altro che una pedina della strage di stato giocata dai suoi servizi segreti per comprare i segreti che il PCI ben conosceva a proposito di Piazza Fontana, Pinelli, Golpe Borghese e via cantando. Ma Sofri ha preferito fare il "gentiluomo", colui che crede nella verità della giustizia di stato al pari della vedova Calabresi, uniti in un triste e amaro destino. Ci dispiace. Per Sofri e compagni, s'intende. Ma, noi, non abbiamo mai creduto nell'onestà dei nostri nemici fino al punto da scendere con essi a patti, aspettando che oltre all'intelligenza politica ci sequestrassero anche la libertà. Jules Élysard
|