Da "Umanità Nova" n.4 del 6 febbraio 2000
29 gennaio: manifestazioni a Firenze, Milano, Trapani
Chiudere i lager di stato
Firenze: chiudiamo i lager di Stato
È sempre difficile dare il numero dei partecipanti quando un
corteo è come quello di sabato scorso a Firenze, ed infatti le cifre che
si sono sentite in televisione e lette sui giornali vanno da 5000 (erano di
più) a 10000 (erano di meno); fatto sta che l'impressione che dava era
quella di un fiume di persone che ha continuato a crescere a mano a mano che il
serpentone attraversava quella che è una delle città "vetrina"
per eccellenza.
I manifestanti, provenienti da diverse regioni - dal Veneto alla Campania -
appartenevano a quella vasta area della cosiddetta "sinistra diffusa" che va
dal sindacalismo di base ai centri sociali, passando per le associazioni
antirazziste ed i picccoli partitini marxisti; certo è che la tanto
strombazzata (soprattutto dai neoriformisti) adesione di CGIL ed Arci si
è ridotta a 7 bandierine e quella di RC ad uno spezzone di non
più di 2-300 persone in coda alla manifestazione.
In piazza, volantini a parte, non si sono quasi notate le differenze, pure
esistenti e ben note, fra chi ritiene comunque giusta la legge Turco-Napolitano
e vorrebbe solo far cessare lo scandalo dei lager e chi invece si oppone
decisamente a qualsiasi frontiera; anche gli slogan più gridati
ricordavano soprattutto i valori della solidarietà e
dell'internazionalismo, pochi invece quelli antigovernativi. Insomma, tutti
insieme per la chiusura dei lager di Stato esistenti e per impedire la
costruzione di nuovi campi di concentramento per uomini e donne che hanno il
solo torto di appartenere al mondo dei più poveri.
Discreta la presenza di migranti, in ordine sparso dietro gli striscioni,
più invadente e visibile quella di PS e CC che hanno scortato in gran
numero la manifestazione e che alla fine hanno letteralmente militarizzato
l'esterno della Stazione ferroviaria ma non sono riusciti ad evitare che due
vetrine venissero segnate dal passaggio del corteo. Un paio di bandiere, un
volantino veneziano e qualche compagno sparso segnalavano la presenza
anarchica.
Caotico-Info (Pisa)
Milano: una manifestazione sentita ma discussa
Una manifestazione molto sentita e molto discussa la manifestazione che
si è tenuta a Milano sabato 29 gennaio. Annunciata da polemiche con i
principali organizzatori - alcuni centri sociali di Milano hanno alla fine
infatti deciso di non parteciparvi ma di recarsi alla manifestazione di Firenze
in aperta polemica con il protagonismo di altri gruppi. Annunciata da un
atteggiamento sempre più rigido del Comune di Milano; solo alcuni giorni
prima un gruppo di rom era stata privato delle sue roulotte e costretto a
dormire in macchina per alcune notti, nonostante il freddo che da tempo
imperversa a Milano. Annunciata dallo scontato divieto della questura di far
giungere la manifestazione fino al lager di Via Corelli. Preparata dall'attacco
ai compagni ed alle compagne che da Genova stavano partendo per partecipare
alla manifestazione di Milano.
La manifestazione, come ormai spesso accade, era molto eterogenea al suo
interno e certo molti di noi poco avevano a che spartire con le forze
istituzionali che al suo interno si trovavano. Nonostante ciò
però si sentiva nella maggioranza delle persone che vi partecipavano (ed
erano parecchie migliaia) la necessità di dire basta a questo stato di
cose, di dire basta ad un mondo che ci vuole divisi, ad un governo che impone
condizioni di vita sub umane agli immigrati. La manifestazione era accompagnata
dalla musica della Banda degli Ottoni a scoppio, da artisti di strada, ma
soprattutto da persone che erano scese in piazza senza appartenere ad uno
schieramento preciso, ma decise a dire no ai campi lager e alla leggi contro
l'immigrazione.
La manifestazione è terminata con l'annunciato attacco della polizia, un
alto numero di manganellate e lacrimogeni sparati in uguale misura da polizia e
carabinieri ed il prevedibile ingresso concordato di una delegazione nel
lager.
Una manifestazione positiva ed importante per Milano che però
dovrà darsi gli strumenti per poter continuare concretamente in futuro
il suo cammino per giungere ad un reale abbattimento di tutte le leggi anti
libertà che oggi ci opprimono.
R.P.
Trapani: libertà di vita
Gli occhi di Nasim sono profondi come il mare che l'ha portato.
Profondi sono gli occhi degli uomini rinchiusi all'interno del centro di
detenzione temporanea Serraino-Vulpitta di Trapani; occhi che comunicano
rabbia, disperazione, voglia di libertà. Occhi che lacrimano per il fumo
dei lacrimogeni sparati dalla polizia contro i 500 manifestanti venuti da tutte
le parti della Sicilia. 500 donne e uomini che lottano per la libertà di
circolazione, per una vera accoglienza che non conosce galere. È una
manifestazione gioiosa, bella, trasmette vitalità, scuote l'indifferenza
della città di Trapani. Da anni non si vedeva una manifestazione
così vibrante, creata e costruita dal basso.
Il corteo attraversa le vie della città: giocolieri, saltimbanchi,
musiche in arabo e francese dai megafoni di un'auto, alcune fiaccole illuminano
la testa del corteo. Rullano i tamburi, rimbombano gli slogan: "chiudiamo i
lager, apriamo le frontiere", "siamo tutti clandestini", "missione Arcobaleno
ladri". Si arriva davanti al Serraino Vulpitta gridando "libertà,
libertà", dalle celle-camerate ci rispondono "libertà,
libertà", sventolano lenzuoli, ci salutano freneticamente, gli occhi dei
migranti vedono tante mani che li chiamano, il chiarore dei fumogeni rischiara
il centro.
Entra la delegazione composta da sei persone tra cui due esponenti dei Verdi,
un rappresentante del Comitato per la pace trapanese, un compagno dei Comitati
antirazzisti trapanesi, due compagni anarchici, uno di Ragusa e uno di Palermo.
Una volta entrati i solerti funzionari della questura e della prefettura ci
mostrano le migliorie apportate al luogo dopo i tragici eventi della notte tra
il 28 e il 29 dicembre, ci mostrano il "campo sportivo" allestito per rendere
più gradevole la detenzione. Adesso ci accompagnano dentro la prigione,
all'ingresso troviamo due infermiere della croce rossa, salendo le scale
arriviamo ad un cancello di ferro che ci viene aperto dai poliziotti e
carabinieri: signori siamo in carcere! Per prima cosa ci viene mostrata
l'infermeria fornita di attrezzature atte all'identificazione dei
"clandestini". Mentre siamo lì il medico ci traccia un profilo umano
degli ospiti degno della migliore tradizione lombrosiana.
Nel frattempo inizia la bagarre. Gli "ospiti dell'albergo" non ci stanno,
incominciano a protestare vivacemente, celerini e carabinieri indossano gli
elmetti, impugnano i manganelli, schierandosi davanti alle inferriate della
suite. Noi cominciamo a parlare con i reclusi, che denunciano i soprusi
quotidiani e le continue provocazioni da parte del "personale alberghiero" ed
il persistente uso medico di sostanze sedative. Fuori dal centro le forze del
dis-ordine lanciano lacrimogeni, disperdono il corteo, coadiuvati egregiamente
dai vigili del fuoco che prima della carica lanciano forti getti d'acqua nei
confronti dei manifestanti. A noi che siamo dentro arriva il fumo dei
lacrimogeni, ci bruciano gli occhi, un "turista per caso" sviene e solo grazie
alla nostra presenza viene portato in infermeria. Distribuiamo schede
telefoniche e acquisiamo informazioni.
In nostra presenza polizia e carabinieri non mostrano "eccessivi" segni di
nervosismo, anzi i superiori si dispiacciono di questa situazione: il volto
umano delle istituzioni. I timori e le paure che quando ce ne andremo subiranno
le rappresaglie della polizia etnica.
Uscendo dal centro veniamo a sapere che il corteo si è ricompattato e
sfila scortato per le vie del centro. Arrivati nell'area di sosta troviamo la
polizia intenta a identificare una buona parte dei manifestanti, tra cui anche
uno degli anarchici presenti nella delegazione. Dopo qualche ora ognuno
potrà ripartire.
Domenica mattina apprendiamo dai mass media che l'operazione di Polizia etnica
ha portato alla denuncia per danneggiamento di 19 immigrati rinchiusi dentro il
centro e di una ventina di manifestanti, descritti dalla televisione come
autonomi e anarchici. È chiaro che si vuole criminalizzare, impedire,
stroncare da subito qualsiasi movimento di opposizione ai centri di detenzione
temporanea qui in Sicilia, movimento che ha avuto fin dall'inizio una
connotazione realmente unitaria, che ha visto nel suo piccolo una forte
volontà di costruzione dal basso. L'attacco repressivo è volto a
sedare per tempo la crescita di un movimento di opposizione in una
realtà come quella siciliana centrale nelle dinamiche dei flussi
migratori.
La lotta per la libertà di circolazione è fondamentale per
portare avanti una reale politica di relazioni tra culture e popoli differenti,
per la creazione di una società realmente liberata. Come anarchici
lanciamo un appello cresca dal basso una lotta a fianco dei migranti.
Info-Palermo
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