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Da "Umanità Nova" n.4 del 6 febbraio 2000
Condannato Silvano Pellissero
Il buio sulla Val Susa
6 anni e 10 mesi. Questa la condanna inflitta il 31 gennaio a Silvano
Pellissero, unico superstite tra i tre occupanti della Casa Occupata di
Collegno, arrestati il 4 marzo del '98 con l'accusa di essere tra i
responsabili di vari attentati contro i cantieri dell'Alta velocità in
Val di Susa. Gli altri due, Edoardo Massari e Soledad Rosas sono morti in
carcere: Edo viene trovato impiccato nella sua cella il 28 marzo, il corpo di
Soledad viene trovato all'alba dell'11 luglio a Benevagienna nella
Comunità Sottoiponti, dove risiedeva dopo che le erano stati concessi
gli arresti domiciliari.
La primavera del '98 vede i riflettori dei media accendersi su Torino:
giornali, radio, televisioni "scoprono" che nella città della Mole,
oltre alle fabbriche e alle automobili, vi sono posti occupati abitati da gente
che vive al di fuori delle regole della produzione e del consumo, quindi gente
"pericolosa" tra cui possono attecchire "tentazioni terroristiche", gente da
osservare con le lenti dello psicologo e del sociologo, gente di cui è
ovvio si occupino le forze dell'ordine. Nelle prime settimane dopo l'arresto
dei tre presunti "Lupi Grigi" cresce il clima di intimidazione e repressione in
città: qualche vetrina rotta in centro diviene pretesto per far crescere
ad arte l'allarme sociale. Solo dopo la morte in carcere di Edoardo Massari i
toni si smorzano, emerge tra le anime belle della sinistra sabauda il fronte
del dialogo con i diversi, i disadattati, gli strani. All'inizio di aprile si
svolge per le vie del centro una grande manifestazione in un clima di paura
all'interno di una città assediata da migliaia di poliziotti: vanno in
frantumi i vetri dell'enorme "nuovo" Palazzo di giustizia, terminato da tempo
ma mai inaugurato. Nei mesi successivi la tensione cala e poco a poco sulla
vicenda cala il silenzio.
Dopo quasi due anni i pubblici ministeri Laudi e Tatangelo, responsabili
dell'inchiesta contro i tre squatter, conducono faticosamente a temine il
processo contro Pellissero. I due PM imbastiscono un procedimento che con gli
attentati contro i cantieri dell'Alta Velocità ha ben poco a che fare:
l'unico episodio per il quale Pellissero viene rinviato a giudizio è il
sabotaggio di una cabina elettrica della Sitaf a Giaglione; per il resto le
accuse sono di furto, danneggiamento, falsificazione del bollo dell'auto... Le
prove granitiche delle quale si erano tanto vantati non sono che indizi spesso
contraddittori, che tutt'al più disegnano il profilo di una persona che
fa qualche furtarello e non certo quello di un pericoloso terrorista. Ma
è evidente che le morti di Edo e Soledad pesano e i due PM non possono
certo permettersi di veder smentito il loro castello accusatorio: imbastiscono
quindi una requisitoria i cui cardini sono di natura squisitamente ideologica.
Innanzitutto assolvono post mortem Edo e Sole dall'accusa di essere stati dei
Lupi Grigi, riversando questa responsabilità sul solo Pellissero,
tuttavia continuano a ritenerli responsabili di un altra associazione
sovversiva - un'associazione "virtuale" non ancora divenuta operativa -
perché altrimenti sarebbe stato difficile chiedere la condanna di
Pellissero per tale reato. Pellissero, ex lupo grigio, si sarebbe solo
successivamente associato ai due squatter per commettere altri reati. Il
cardine della loro tesi accusatoria poggia sull'assunto che le case occupate,
luoghi in cui la polizia non entra mai, perché godrebbero di una sorta
di extraterritorialità, sono i covi di un terrorismo latente e diffuso,
tanto più pericoloso perché basato su gesti dimostrativi capaci
di suscitare la simpatia dell'opinione pubblica e non la generale riprovazione
che segue le imprese delle BR.
Forse Laudi e Tatangelo erano al mare quando la polizia sgomberava
ripetutamente i posti occupati e i centri sociali torinesi e magari erano
andati in montagna quando gli stessi centri venivano devastati in occasione
delle frequenti irruzioni poliziesche con contorno di devastazioni e
vandalismi, ad esempio il primo maggio scorso in occasione della distruzione
dell'Askatasuna. Difficile però credere che i due solerti giudici
fossero in vacanza anche la sera del 5 marzo del '98 quando a margine degli
arresti dei tre squatter da loro ordinati, venne sgomberata la Casa di
Collegno, devastato e sgomberato l'Asilo occupato e solo per caso fallì
un analogo tentativo all'Alcova. In tutte quelle occasioni non v'è
dubbio che i posti occupati e i centri sociali godessero
dell'extraterritorialità, perché il comportamento della polizia e
dei carabinieri è stato quello di una banda di predoni che invadono un
territorio nemico con l'intento di devastarlo e saccheggiarlo. A ben vedere
deve ben essere questo il concetto di extraterritorialità consono alle
requisitoria squisitamente politica dei due PM, che hanno chiesto e ottenuto la
condanna di Pellissero per associazione sovversiva con finalità
terroristiche perché lo stile di vita, le occupazioni di case, i piccoli
sabotaggi rappresenterebbero pratiche di estrema pericolosità sociale
capaci di innestarsi nel malcontento diffuso nel corpo sociale e vanno quindi
perseguite con la massima durezza. La durezza dei e tribunali quella dei
manganelli. I manganelli dei poliziotti che hanno pestato con ferocia gli
squatter che nell'aula del tribunale di via Bologna urlavano la loro rabbia
dopo la sentenza di condanna: un pestaggio feroce che ha portato al ferimento
di diverse persone - una all'ospedale con una vertebra rotta - e al fermo e
denuncia di altre sei per resistenza.
Un dato che salta immediatamente agli occhi è che con la sentenza contro
Pellissero cala una cortina densa di fumo sulla vicenda al cui centro è
la Val di Susa e i suoi molti misteri, misteri divenuti ancor più fitti
dopo il processo che qualche mese fa portò alla condanna all'ergastolo
del pluriomicida confesso, nonché uomo dei servizi segreti, Franco
Fuschi.
Trova infatti conferma la tesi che già espressi due anni orsono che i
tre squatter siano stati il capro espiatorio di una storia dai contorni ben
più ampi ed inquietanti. La Val di Susa in questi anni è stata il
teatro di vicende oscure in cui si sono andati intrecciando interessi legati
alle commesse per le grandi opere che l'hanno devastata e ancora la stanno
devastando, nonostante le mobilitazioni degli ambientalisti e l'opposizione
sempre più forte della popolazione locale. Il progetto per i treni ad
alta velocità, che dovrebbe proiettare in Europa il decadente
capitalismo subalpino, non è che l'ultima tra le grandi opere che stanno
trasformando una delle più belle valli alpine in un immenso intrico di
cemento, asfalto e rotaie. Ricordo che ancor prima dell'alta velocità
ferroviaria è giunta in valle l'autostrada con il suo corollario di
devastazioni ambientali e intrighi che vedono coinvolti esponenti dei servizi
di sicurezza e la società che ha ottenuto l'appalto per la costruzione.
La vicenda vede al suo centro Germano Tessari, un maresciallo dei carabinieri,
già nel servizio antiterrorismo di Dalla Chiesa, che, passato alla
politica, denuncerà la corruzione della Sitaf (non dimentichiamo che
Bardonecchia è l'unico comune del norditalia che sia stato commissariato
per collusioni mafiose) ma, solo tre anni dopo, nel '95, terminata la carriera
politica, verrà assunto dalla Sitaf come responsabile per la sicurezza
per tutelarsi dai rischi di attentati. All'inizio del '95 nei cantieri
dell'autostrada vengono più volte ritrovati ingenti quantitativi di
esplosivo: dopo l'assunzione dell'ex-maresciallo i ritrovamenti cessano. Questa
vicenda si intreccia con quella di un traffico d'armi che vede l'ex-maresciallo
denunciare un altro personaggio legato ai servizi, Franco Fuschi, che, oltre ad
autoaccusarsi di ben undici omicidi, di traffico d'armi ed esplosivi per conto
dei servizi, finirà con l'accusare lo stesso Tessari. Nel processo
contro Fuschi il ruolo di Tessari e dei due neonazisti proprietari dell'armeria
Brown&Bess al centro di traffici e trame politiche e mafiose scompare
dietro le quinte perché la loro posizione viene stralciata.
Il buio cala sulla Val di Susa. Un silenzio attonito si raggruma sulle tombe di
Edo e Sole.
Maria M.
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