unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.5 del 13 febbraio 2000

Scuola
La rivolta degli insegnanti

L'attuale mobilitazione degli insegnanti ha i caratteri classici del movimento inteso come l'irruzione sulla scena di soggetti sociali e culturali esterni ai meccanismi della tradizionale rappresentanza politica e sindacale.

Un movimento prende l'avvio da un fatto singolo tale da suscitare mobilitazione anche se questo fatto, nell'occasione il concorso per selezionare il 20% degli insegnanti che dovrebbero ottenere 6.000.000 lordi di aumento retributivo all'anno, non è che l'ennesimo di una serie di fatti altrettanto gravi e non è che l'applicazione del contratto firmato l'anno passato.

Quando un movimento parte non può che riprendere in esame, con una velocità straordinaria, l'assieme delle questioni sulle quali si misura. Se il concorso è il cuore del contratto firmato nel 1999 ne consegue che il contratto stesso va messo in discussione e, con il contratto, la politica scolastica del governo, la dirigenza ai capi di istituto, il riordino dei cicli scolastici ed il conseguente taglio degli organici, la nuova organizzazione del lavoro e l'aggravio di impegni, burocratici e stupidi che ne derivano e così via.

Il movimento permette di confrontarsi in quanto soggetti concreti, in quanto persone che vivono una situazione di sofferenza e di tensione che, sino a qualche mese addietro sembravano chiuse nelle vicende individuali e di singolo istituto.

E, quando gli insegnanti sviluppano un'azione autonoma i loro rappresentanti istituzionali vengono messi in discussione. Infatti il contratto non si è fatto da sé e che qualcuno lo ha ben firmato e voluto. La questione della rappresentanza, in parole povere, torna sulla scena.

Il concorso ha reso clamoroso di un salto di qualità. Un aumento reale dell'ordine delle 300.000 lire al mese modifica radicalmente la costituzione materiale della categoria degli insegnanti.

Lo scandalo è esploso sulle modalità di selezione e ha iniziato a riguardare la selezione stessa. Come è noto sono previsti tre passaggi:

- la presentazione di un curriculum con le attività svolte, i titoli che si hanno ecc. è apparso subito evidente che questo curriculum (che vale sino a 25 punti) premierà, in primo luogo, coloro che hanno studiato da piccoli per fare carriera, quelli che hanno fatto corsi di formazione in quantità industriale, i frequentatori delle strutture di formazione legate ai sindacati istituzionali, gli amici dei presidi ecc..;

- la soluzione di un quiz in cento domande che vale altri 25 punti. Il carattere surreale di una prova del genere che pretende di permettere un valutazione oggettiva delle competenze dei docenti, è parso evidente. Ed è, soprattutto, parso evidente che vi è un mercato della preparazione alla soluzione dei quiz ad opera dei sindacati firmatari. Nella gara allo sfruttamento della nova situazione si è distinta la CGIL che ha rotto un patto con i sindacati suoi soci e non si è accontentata di chiedere l'iscrizione in cambio di corsi di formazione ma li ha messi in vendita. Ma, soprattutto, la preparazione al quiz è apparsa per quello che vuole essere e cioè l'imposizione ad una categoria recalcitrante dell'apprendimento della neolingua burocratica tanto amata dai pedagoghi pazzi che circolano fra le sale del Ministero della Pubblica Istruzione e le sedi sindacali;

- infine la prova strutturata consistente in una lezione dinanzi ad una commissione che vale cinquanta punti. Visto che la commissione è costituita da presidi, ispettori e colleghi in pensione è chiaro a chiunque quale rafforzamento della gerarchia interna della scuola ne derivi. Non ripugna alla ragione, infatti, che un ispettore del provveditorato o un preside inviati a giudicare siano propensi ad affidarsi all'opinione del capo di istituto della scuola dove il collega insegna. Ancora una volta, un modo per favorire mille forme di clientelismo e di corruzione.

Gli insegnanti hanno mille ragioni per disprezzare profondamente, dal punto di vista della competenza professionale, gli uomini che li dirigono o, almeno, per non fidarsene affatto. Molto altro si potrebbe dire sul concorso (l'esclusione di chi ha meno di dieci anni di servizio in ruolo, le stranezze per quel che riguardano il curriculum ecc.) ma l'essenziale è stato detto.

Il concorso ha provocato tre reazioni:

- compiacimento da parte dei fedeli fidati dell'amministrazione e dei sindacati di stato (che tendono a coincidere) che finalmente vedono a portata di mano il premio che ha lungo hanno agognato;

- paura da parte di molti colleghi che temono di essere puniti per la loro incompetenza nella neolingua pedagogico burocratica e per aver svolto il loro lavoro in classe e non nei luoghi del potere;

- indignazione da parte dei settori della categoria che hanno un'idea forte della funzione docente.

Ne è sortito un processo di presa di parola. Il discorso dominante era chiaro: contro il concorso sono i ciuchini, quelli che non vogliono farsi esaminare perché incompetenti. Ma proprio i colleghi che godono di generale apprezzamento hanno denunciato per primi lo scandalo. Si è detto finalmente, a voce alta e chiara, che i fedeli fidati, i collezionisti di punti e titoli spesso insegnano poco e male, che in classe ci stanno poco e quando ci stanno non fanno certo cose egregie. Si è, insomma, valorizzato il lavoro contro l'attività promozionale ed autopromozionale.

Il movimento, come tutti i movimenti, ha sorpreso i suoi avversari e superato le aspettative di chi per anni si era opposto alla scuola azienda, ai presidi dirigenti, alla divisione della categoria. Assemblee autoconvocate vi sono state in molte scuole, hanno iniziato a circolare appelli e mozioni, i giornali hanno pubblicato lettere di protesta che sono state fatte circolare ovunque, messaggi hanno iniziato a girare in internet. Vi è stato, insomma, l'emergere di un bisogno forte di protagonismo dal basso.

A questo punto è successo di tutto:

- la CGIL, ha rivendicato il contratto, il concorso, la politica scolastica del governo e, bontà sia, ha riconosciuto che si devono riprendere in considerazione le modalità di svolgimento del concorso;

- Alternativa Sindacale, l'opposizione virtuale interna alla CGIL, ha tirato fuori il capino e preso le distanze, con calma, dalla casa madre;

- CISL e SNALS hanno attaccato la CGIL per l'eccesso di avidità e spiegato che loro hanno firmato il contratto e accettato il concorso ma che pensavano non fosse vero e che il Ministro avrebbe fatto un falso concorso per premiare l'anzianità di servizio;

- la UIL non esterna troppo ma trotterella dietro la CGIL.

Il Ministro, dapprima, ha spiegato che avrebbe spezzato le reni agli insegnanti e, poi, ha rallentato le procedure e riaperto il confronto con i sindacati di stato al fine di indebolire e dividere il movimento e di tirarsi fuori dai guai nei quali si è cacciato.

Questo giro di valzer è comprensibile: a breve vi saranno le elezioni regionali e la categoria degli insegnanti è tradizionalmente collocata elettoralmente sul centro sinistra. Una mutazione di scelta elettorale da parte degli insegnanti o la crescita dell'astensione avrebbe effetti disastrosi per la maggioranza.

La destra, dopo aver lavorato per anni, alla distruzione della scuola pubblica si è scoperta un'improvvisa simpatia per gli insegnanti e cavalca la tigre. Ancora una volta, le prossime elezioni spiegano questa miracolosa conversione. Il giravolta del Polo potrebbe fornire ai cigiellini qualche argomento a difesa delle loro scelte (se la destra è contraria, allora il provvedimento qualcosa di buono deve pur contenere) ma non sembrano questi i tempi adatti alle chiamate a raccolta di tipo ideologico.

In questa situazione il sindacalismo di base nella scuola gioca un ruolo importante di orientamento, di organizzazione, di informazione. I colleghi chiedono al sindacato di base di indire assemblee o di essere presente a quelle dei confederali. E ciò avviene proprio mentre il Ministero della Pubblica Istruzione, su pressione di CGIL-CISL-UIL ha negato il diritto di assemblea ai sindacati non istituzionali.

D'altro canto, a dicembre vi saranno, se vi saranno, le elezioni delle RSU e i sindacati di stato vogliono giocare contro avversari con le mani legate. Si tratta di un comportamento osceno ma comprensibile anche in considerazione delle tensioni che prevedevano vi sarebbero state sul concorso. Per fortuna la mobilitazione ha scavalcato i loro timori e questo permette all'opposizione in categoria di farsi sentire.

Alcune questioni sono aperte:

- nel movimento è forte l'anima professionale con venature corporative. Come avvenne nel 1986, si incontrano una tensione al protagonismo dei lavoratori della scuola di segno corporativo con una di segno antiburocratico. Si tratta di un fatto normale che non va sottovalutato per le sue possibili implicazioni future. La Gilda, che è un sindacato di carattere corporativo estremista, sta crescendo anche grazie alle coperture politiche ed istituzionali che ha e alle risorse che l'amministrazione le fornisce (permessi e distacchi). Effettivamente la Gilda raccoglie un sentimento diffuso, un'attitudine miope ma seducente. È, da questo punto di vista, preoccupante che settori del sindacalismo alternativo corteggino la Gilda, ne assumano le parole d'ordine, ne cerchino la protezione;

- questo movimento può vincere nel senso che può mettere in crisi il concorso e riaprire il confronto sul contratto. Per vincere deve svilupparsi sui tempi medi, coordinarsi, lanciare sempre nuove iniziative. L'unità del sindacalismo di base, che può fare un tratto di strada assieme alla Gilda contro il concorso ma che non può piegarsi a logiche corporative pena la degenerazione sostanziale, è oggi più necessaria che in passato. Alcuni segnali vanno in questa direzione,. Si tratta di coglierli e di valorizzarli.

Lo sciopero del 17 febbraio sarà un primo momento di verifica dell'estensione del movimento e della sua radicalità. È importante che riesca, è importante che la mobilitazione prosegua con forza ed intelligenza.

Cosimo Scarinzi

Ultim'ora

Dopo la chiusura in redazione del precedente articolo alcuni quotidiani hanno riportato la notizia di un primo segnale di cedimento da parte del ministero: sia la data del concorso, sia quella per la presentazione delle domande sono stati fatti slittare sine die ed è probabile che vengano riviste le modalità di svolgimento del concorso stesso. Appare chiaro che questo passo indietro del governo rappresenta un tentativo di arginare in funzione elettorale la marea montante della protesta, tentando di dividere il movimento.
(NdR)



Contenuti UNa storia in edicola archivio comunicati a-links


Redazione: fat@inrete.it Web: uenne@ecn.org