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Da "Umanità Nova" n.6 del 20 febbraio 2000

Bianco, ministro delle galere

La vicenda di 'Luna rossa' è emblematica dei tempi che viviamo. Basta il pompaggio di stampa e televisione di un qualsiasi evento che esso ascende al top degli interessi di massa. Sia un evento altamente elitario come quello della gara tra imbarcazioni miliardarie, o un qualsiasi avvenimento agli antipodi, la potenza mediatica pare in grado di coinvolgere gli spettatori centralizzando la loro attenzione su di essi.

La questione della criminalità è oggi oggetto di un simile pompaggio. Titoloni sui giornali, trasmissioni televisive ad hoc, tutto è in movimento per distribuire a piene mani dosi di insicurezza sociale, per distogliere i cittadini dai problemi del peggioramento della qualità della vita, di un lavoro sempre più precario e mal pagato, di servizi sociali più cari e meno efficienti.

Non mancano i soliti sondaggi pilotati che evidenziano al primo posto la 'questione criminale' come questione quotidiana. Insieme all'immigrazione, più o meno clandestina, essa tiene banco e diviene un'ottima opportunità per l'ascesa degli arrampicatori politici, soprattutto in clima di competizione elettorale.

Ricordate il bel Casini e la sua proposta, cristiana e democratica, centrista e moderata, di mitragliare i gommoni che trasportano in Adriatico i feroci clandestini (per lo più famiglie in fuga da fame e guerre)? Ora è la volta del ministro dell'interno (che una volta era più correttamente definito 'di polizia'), quell'Enzo Bianco che già beneficiò di una ampia copertura mediatica ai tempi della guida del municipio di Catania, quando gli effetti devastanti di Tangentopoli ridussero al lumicino i partiti di governo ed i sindaci vennero promossi al ruolo di garanti della tenuta del sistema nella loro funzione di intermediari locali del potere centrale: i tempi di Leoluca Orlando, di Massimo Cacciari, ecc...

Bianco ha evidentemente imparato bene la lezione se non perde occasione per offrirsi alla platea: dichiarazioni, interviste, interventi si susseguono senza fine e senza freno. Ora è la volta dei treni su cui mancherebbe un'efficace copertura poliziesca, poi c'è la questione dei furti di frutta nelle campagne (!?!), quella delle bande giovanili metropolitane, l'istituzione di lager in Albania per bloccare l'immigrazione verso l'Italia, l'utilizzo di strumenti elettronici di schedatura e controllo, ecc...: insomma un minestrone di problemi e rimedi sui quali svetterebbe la brillante capacità del ministro di porvi rimedio rafforzando i poteri della 'sua' polizia.

Ecco quindi puntuale il pacchetto di misure proposte che, come al solito, non solo non agisce sulle cause sociali della criminalità - legate all'ingiusto sistema di accesso e di distribuzione delle risorse - ma neanche sugli effetti, perché un sistema punitivo che non da possibilità di riscatto, che non fornisce una via di scampo, è un sistema che incattivisce, che peggiora il clima che vuole invece migliorare. Invece di rimuovere i fattori che provocano diseguaglianza e gerarchizzazione sociale, motori di tutte le criminalità, si continua a perseguire l'obiettivo della dannazione del reprobo indicando nella strada della restrizione delle garanzie, per quanto minime, dell'imputato (come quella del secondo grado di giudizio) o dei relativi 'benefici' della legge Gozzini per i detenuti, l'unica possibilità di ottenere 'sicurezza'. Quale sicurezza potrà mai garantire un sistema che partecipa a guerre mai dichiarate, che è il principale responsabile dell'aggressione sistematica ai 'suoi' cittadini tramite l'inquinamento ambientale, la devastazione territoriale, il furto sistematico dei loro salari, ecc., non è ancora evidentemente ben chiaro.

Ma c'è un altro aspetto che il dinamismo giustizialista di Bianco (non a caso compare di partito del giustiziere per antonomasia, il sen. Di Pietro) mette in luce, manifestandone la strumentalità.

È noto che settori della maggioranza di governo hanno fatto del garantismo giuridico un elemento di caratterizzazione del loro operare, effettivo o virtuale che sia. Un garantismo che, affondando le sue radici nelle tradizioni progressiste della sinistra riformista e liberale, ha sempre visto in Cesare Beccaria un punto di riferimento obbligato, arricchito oggi dalla più recente analisi sociologica che individua nel sistema punitivo carcerario in vigore un potente e pericoloso fattore riproduttivo di criminalità antisociale. È evidente allora che l'iniziativa di Bianco vuole prendere due piccioni con una fava: da una parte conquistarsi le simpatie di un elettorato messo in fibrillazione da una campagna mediatica terroristica presentandosi come il vendicatore della proprietà offesa, dall'altra costringere sulla difensiva l'ala sinistra dello schieramento governativo presentandola come indifferente, se non complice, nei confronti dell'offensiva criminale. Non dimentichiamo che siamo alle porte di due importanti scadenze istituzionali, i referendum abrogativi sulla magistratura e sul proporzionale e le regionali: scadenze che ridisegneranno poteri e influenze.

E poi c'è la questione del Viminale, nodo cruciale del sistema di potere italiano, tramite il quale la Democrazia Cristiana si è garantita per decenni il controllo del paese. Con la schedatura sistematica di amici e nemici, con la pratica del ricatto e della provocazione, con le connivenze criminali e mafiose, il ministro degli interni ha acquisito negli anni un potere indiscutibile: basta leggere i nomi di quanti si sono succeduti a quella carica per capirne l'importanza. Ma dopo Tangentopoli qualcosa si è inceppato. I ministri che si sono succeduti nell'incarico dopo la diaspora democristiana (dal leghista Maroni, al post comunista Napolitano, dall'ex capo della polizia Coronas, alla popolare Jervolino) non sono mai parsi in grado di controllare in pieno la macchina ministeriale e ne sono stati scalzati in tempi relativamente brevi, senza avere la possibilità di utilizzare il ministero per garantire il potere loro e dei loro amici. Se questo è vero l'iniziativa forcaiola di Bianco assumerebbe un altro connotato: conquistarsi un sostegno esterno, navigando sull'onda emergenziale, per sconfiggere nel palazzo le resistenze che gli si oppongono e garantirsi una durata nel tempo. E più grosse sono le sparate, maggiori dovrebbero essere i sostegni.

Ma è un gioco pericoloso quello di Enzo Bianco, per sé e per gli altri, simile a quello del cerino acceso tra le dita. Per quel residuo di libertà individuali che ancora rimangono in questo paese speriamo e facciamo in modo che il cerino gli rimanga in mano.

Max. Var.



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