![]() Da "Umanità Nova" n.7 del 27 febbraio 2000 Chiudere i lager, aprire le frontiere!Non sono galere, ma sono circondati da robusti muri e sbarre aguzze. Non sono galere ma chi "si allontana", viene braccato da uomini armati. Non sono galere, ma chi si ribella viene pestato a sangue, trattato come una bestia, bruciato vivo. Sono i luoghi che quest'Europa che apre le frontiere ai capitali ma le chiude agli immigrati destina a persone la cui sola colpa è cercare una possibilità di vita. Una possibilità di vita che per i più fortunati, quelli che non muoiono nel viaggio, quelli che non vengono ricacciati subito, significa lavoro nero, super sfruttamento nei campi, nell'edilizia, nelle produzioni nocive. Questi "fortunati" dormono negli scantinati, pagano cifre enormi per un letto in stanze affollate, subiscono continui soprusi dalla polizia, dai funzionari vari preposti alle innumerevoli pratiche burocratiche. Nulla da stupirsi che sia dalle fila del governo che da quelle dell'opposizione si continui a sostenere che gli immigrati servono all'economia del paese, che un ingresso programmato di manodopera è utile allo sviluppo. Manodopera a basso costo, docile e ricattabile è quanto di meglio chieda il capitale nostrano. Ma il tutto deve avvenire senza costi né politici, né sociali, né economici. Ecco quindi palesarsi la politica del governo nei confronti dell'immigrazione: selezione, sfruttamento, eliminazione, lager, kapò. Selezione affidata ai famigerati ma utilissimi scafisti, sfruttamento selvaggio dei "senza documenti" da parte del capitale legale od illegale, eliminazione degli "scarti" attraverso i centri di detenzione temporanea, e, a sentire le ultime dichiarazioni di Bianco, affidamento della gestione interna dei campi a immigrati-kapò. Un sistema razionale e a bassissimo costo, che consente al governo di lavarsi le mani di fronte alle tragedie nei mari, alle morti nei centri di detenzione, alle morti bianche nei cantieri, ai poveracci che dormono al freddo. Lo Stato quindi istituzionalizza il reato di ingresso clandestino, ingrassa i mafiosi che gestiscono il traffico di carne umana, favorisce di fatto le stragi nei mari, costruisce i lager in cui rinchiudere i prigionieri di questa guerra non dichiarata. Le manifestazioni del 29 gennaio scorso sono state importanti perché per la prima volta hanno mostrato l'esistenza di un vasto movimento di opposizione alle politiche del governo nazionale ed europeo in materia di immigrazione, un movimento che vuole che la vergogna dei campi per immigrati, la vergogna della clandestinità, l'infame legge Turco-Napolitano vengano cancellate. Tuttavia dopo il 29 gennaio è stato chiaro che il ministero degli Interni si prefiggeva l'obiettivo di isolare coloro che lottano per la chiusura dei centri, consolidando al contempo i rapporti con chi si mostra più disponibile "al dialogo", alla cogestione. Le dichiarazioni di Bianco relative alla "chiusura" del centro milanese di via Corelli fanno parte di questa strategia governativa, che butta un pannicello caldo ai settori più disponibili del movimento e, nel contempo, mantiene sostanzialmente inalterata la propria linea politica che ammicca ai settori conservatori dell'elettorato. Su questo punto occorre essere chiari: lo spostamento del lager di via Corelli in un altro edificio "più umano" di via Corelli non è in alcun modo una vittoria del movimento ma solo una manovra pre-elettorale di questa compagine governativa alla disperata ricerca di voti. Non a caso Bianco ha contestualmente annunciato la creazione di campi in Albania, la prossima apertura di centri di detenzione in altre località. Il fatto drammatico è che questi giochetti elettorali avvengono sulla pelle di uomini e donne che quotidianamente rischiano la vita sui nostri mari, vengono vergognosamente sfruttati da chi si arricchisce sul loro lavoro, finiscono in galere in cui non godono nemmeno dei diritti riservati ai carcerati. Non è possibile nessun compromesso con chi fonda la propria azione politica sulla sordida quotidianità dei campi di concentramento, sulla morte nei mari, sui pestaggi nelle piazze, sul razzismo istituzionale. Rosa Saponetta
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