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Da "Umanità Nova" n.7 del 27 febbraio 2000
"Umanità Nova": 80 anni di giornalismo anarchico
Il 26 - 27 febbraio del 1920 usciva per la prima volta Umanità Nova
Dal 1920 al fascismo
L'idea di pubblicare un quotidiano era stata a lungo accarezzata nel movimento
anarchico e nel 1908-'09 si era arrivati molto vicini alla sua realizzazione
con "La Protesta Umana" di Milano. Poi, con il convegno di Roma del 1911, si
auspica l'edizione di un foglio unico nazionale da iniziare con il rientro di
Errico Malatesta dall'esilio. Dopo la guerra la pubblicistica anarchica in
lingua italiana riprende la sua consistenza. Al momento della costituzione
dell'Unione Comunista Anarchica Italiana, a Firenze nel 1919, si pongono le
basi per una collaborazione, da posizioni distinte, fra tutte le correnti.
È il passaggio necessario per l'uscita del quotidiano "Umanità
Nova". La circolare-programma del nuovo giornale viene redatta da Malatesta. Le
adesioni sono raccolte da un comitato con sede a Milano animato da Ettore
Molinari.
In data 26-27 febbraio 1920 esce - salutato con parole di simpatia
dall'"Avanti!" - il n.1 di "Umanità Nova" quotidiano. Fin dall'inizio si
tenta un'azione di disturbo ostacolando la consegna della carta, anche se
già pagata, da parte delle cartiere governative. Sono allora i minatori
del Valdarno che, minacciando lo sciopero nelle miniere di lignite (fornitrici
a loro volta delle cartiere), impongono lo sblocco della situazione. Si
arriverà in un mese a toccare l'eccezionale tiratura di 60.000 copie (ma
successivamente la media si attesta sulla metà circa). La prima scheda
di sottoscrizione porta un totale di lire 16.737,48. A Boston si
raccolgono 4.000 dollari per l'acquisto di una rotativa (già utilizzata
dagli austriaci per la propaganda di guerra) e di una Monotype.
"[...] È un giornale - relaziona il prefetto di Milano al
ministero - fondato con somme provenienti da sottoscrizioni di anarchici e
simpatizzanti delle varie regioni d'Italia, e con sottoscrizioni dell'estero,
notevolissime a tale riguardo quelle ricevute dall'America e che continuamente
pervengono. È giornale abbastanza diffuso fra le masse operaie e molto
ha concorso ad una maggiore diffusione il fatto di essere stato mantenuto a
centesimi dieci il prezzo di vendita. Ha tipografia propria in via Goldoni 3,
ma non sono eccessive le spese di redazione e di ufficio, poco numeroso essendo
il personale di redazione e quello destinato alla stampa del giornale".
La vicenda di "Umanità Nova" - prima quotidiano a Milano con le
pubblicazioni interrotte in concomitanza dei fatti del Diana, poi a Roma dove
esce a periodicità settimanale e varia fino alla chiusura definitiva nel
1922 - viene seguita e documentata dalla direzione generale di Pubblica
Sicurezza.
Dopo la 'grande speranza' e la sconfitta del movimento delle occupazioni nelle
fabbriche, nonostante l'arresto di tutti i redattori, il giornale continua le
sue pubblicazioni.
Le fortune del fascismo sono strettamente correlate alla soppressione violenta
di ogni forma di opposizione. I decreti sulla stampa in vigore dal 1924 e la
legislazione speciale per la difesa dello Stato sanciranno solo una situazione
di fatto. I giornali anarchici subiscono sorte analoga alla stampa del
movimento sindacale e socialista, dei popolari, dello schieramento democratico.
Le aggressioni avvengono in sequenza: prima gli organi quotidiani di battaglia
militante, infine i periodici di riflessione culturale e di dibattito teorico.
La consistenza delle testate anarchiche passa così da 28 nel 1921 a 3
nel 1926!
Tocca ai "compagni di Roma" - una volta cessata la redazione milanese con la
distruzione dei locali - ad inviare una circolare ai diffusori e ai
corrispondenti con l'annunzio della ripresa. La definitiva chiusura del
giornale, passato da quotidiano a settimanale nell'agosto 1922, si verifica
alla fine del medesimo anno (con il n.196 del 2 dicembre) attraverso tappe
precise: denunzie penali per vilipendio; pesanti contravvenzioni per presunte
irregolarità amministrative; tipografia devastata dai fascisti. L'atto
finale è la denuncia da parte della questura di Roma contro venti fra
ex-redattori, corrispondenti, membri del consiglio di amministrazione per reati
di opinione. A ciò si aggiunge il sequestro di documenti; la confisca
della cassa del giornale. Fra i denunziati c'è anche un certo Volin
"suddito russo non identificato".
Il "ritorno" di Umanità Nova e la lotta partigiana
"Umanità Nova" torna dal 1943 al '45, con decine di numeri e migliaia di
copie di tiratura stampate a Firenze, Genova e Roma, come bandiera
dell'insurrezione armata antifascista, dell'opposizione alla dittatura militare
alleata. Un'importante riunione clandestina che si tiene nel capoluogo toscano
aveva deciso la riedizione della testata. Escono complessivamente 14 numeri
fino al maggio 1945 con una tiratura di 8.000 copie. Per questo motivo Lato
Latini, quale tipografo e responsabile, viene condannato a cinque anni di
carcere dalla Corte alleata; pena ridotta in appello a un anno, interamente
scontato alle Murate di Firenze.
Il primo numero di "Umanità Nova" clandestino esordisce con
l'editoriale:
"Salute a voi, o compagni d'Italia e di tutti i paesi; noi, dopo un lungo e
forzato silenzio, riprendiamo con immutata fede il nostro posto di battaglia
per la liberazione di tutti gli oppressi". Richiamandosi quindi a Malatesta
ed esplicitamente alle teorie del comunismo anarchico, nonché
all'esperienza dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori, e sottolineando
di nuovo i noti principi del fronte unico antifascista, si dà conto
degli scioperi operai in atto "per la pace e la libertà" e si
precisa che le responsabilità degli orrori della guerra dovranno
gravare, dal 25 luglio in poi, anche "sulla monarchia e sul governo
monarchico". Alla ricostituita Confederazione Generale del Lavoro si
rimprovera aspramente la collaborazione con Badoglio mentre si propone in
alternativa: "I nostri sindacati devono riunire in sé tutte le
energie dell'azienda, dal tecnico al manovale, devono avere le loro commissioni
interne, liberamente elette dai lavoratori che ne regoleranno l'andamento e lo
sviluppo sì che il tutto sia atto al passaggio della proprietà
collettiva".
Nel luglio 1944 anche gli anarchici romani escono con un loro "Umanità
Nova" quale "numero unico commemorativo a cura della Federazione Comunista
Libertaria Italiana".
Dalla Genova dei portuali vero epicentro della resistenza, nella vigilia del
definitivo moto insurrezionale, la Federazione Comunista Libertaria lancia il
suo appello ai partigiani anarchici e al popolo - 'Ruit hora!' (L'ora
precipita) - diffondendo per l'occasione uno speciale numero unico che ancora,
come a Firenze e a Roma, riprende la testata dell'antico quotidiano diretto da
Malatesta. Esso contiene, insieme all'invito a rafforzare il Fronte Unico dei
lavoratori, anche una lettera aperta ai partiti del C.L.N. nella quale si
rivendica pari dignità con gli altri gruppi antifascisti.
In quegli stessi giorni d'aprile l'edizione fiorentina prefigura l'imminente
costituzione della F.A.I., ed il programma da proporre "ai fratelli del nord".
I punti principali di questa dichiarazione d'intenti coincidono con i programmi
'minimi' già variamente enunciati. Si tratta di un mix di sindacalismo,
municipalismo federalista, comunismo libertario e repubblicanesimo sociale, con
una forte tensione utopica che ha come referente 'istituzionale' il libero
Comune, il Sindacato, il Consiglio di gestione.
Umanità Nova dal dopoguerra ai giorni nostri
Con il congresso di fondazione della F.A.I. (Carrara, 1945) si delibera la
pubblicazione in Roma del settimanale "Umanità Nova" quale strumento di
propaganda e di discussione all'interno di tutto il movimento.
Da allora il periodico si pone, in stagioni distinte, come portavoce del
movimento libertario; presente con fortune alterne nel mondo del lavoro, nella
cultura progressista, nella sinistra umanitaria, nelle manifestazioni
dell'antagonismo radicale e di classe. I cambi di redazione segnano svolte e
mutamenti di prospettiva. In una prima lunga fase, gestita da Armando Borghi,
il giornale ha come referenti quei settori avanzati dell'opinione pubblica
attenti ai diritti civili e alle lotte pacifiste. Dopo il 1965, anno della
scissione dalla F.A.I. dei Gruppi di Iniziativa Anarchica, si entra in un
movimentato decennio cadenzato, a partire dalla controinformazione per la
"strage di stato" del 1969, dalla ripresa delle istanze libertarie in ambito
giovanile studentesco e operaio.
Il 1974 è l'anno della svolta. La redazione viene spostata a Milano; in
base a deliberati congressuali diviene collegiale e assunta a rotazione da vari
gruppi (e così sarà fino ad oggi). Passa successivamente a
Bologna, a Palermo, a Carrara, di nuovo a Milano, quindi a Livorno, a Spezzano
Albanese e a Torino, quest'ultima è una redazione collegiale nazionale,
cui partecipano compagni e compagne di Torino, Milano, Reggio Emilia, Bologna,
Spezzano Albanese, collegati tra loro in via telematica: a Torino è il
recapito postale. Fino al '74 "Umanità Nova" era stampato presso la
tipografia G.A.T.E. di Roma, insieme a "Paese Sera" e a "l'Unità". Da
allora, il movimento anarchico decide di dotarsi di una propria tipografia, che
viene installata a Carrara, alla quale far eseguire gran parte delle
pubblicazioni anarchiche. La stampa è in off-set, mentre la
composizione, dapprima su I.B.M., dal 1980 avviene tramite una
fotocompositrice, dotata di un elaboratore. Questa attrezzatura consente
l'inserimento di unità periferiche, con notevole riduzione dei tempi di
lavoro. Proprio in funzione di un miglior utilizzo del macchinario disponibile
viene quindi lanciata la sottoscrizione per l'acquisto di un computer.
L'utilizzo ottimale dei mezzi informatici diventa infine il punto di arrivo
degli ultimi anni. Attualmente la composizione e l'impaginazione di
Umanità Nova sono curate direttamente dalla redazione che provvede ad
inviare via internet l'impaginato pronto per la stampa alla tipografia. Per
oltre un quarto di secolo - senza soluzione di continuità, nonostante
gli avvicendamenti redazionali - il settimanale della F.A.I. continua a vedere
la luce negli storici locali della Cooperativa Tipolitografica (già "Il
Seme") a Carrara in via San Piero. L'impegno per l'uscita puntuale del giornale
e lo sforzo necessario per gli adeguamenti all'innovazione tecnologica sono
stati garantiti, nel corso degli ultimi decenni, dal contributo e dal lavoro di
molti militanti (dall'assiduità di Alfo).
E quindi, dai movimenti del Sessantotto a quelli del Settantasette, al...
Duemila continua a dipanarsi il filo rosso-nero della proposta anarchica,
sempre con il foglio fondato da Malatesta a fare da cassa di risonanza.
Riferimenti bibliografici: L.BETTINI, Bibliografia dell'anarchismo,
volume I, tomo 1, Periodici e numeri unici anarchici in lingua italiana
pubblicati in Italia (1872-1971), Firenze, cp editrice 1972; G. SACCHETTI,
Gli anarchici nell'Italia fascista attraverso le carte di polizia, in
AA.VV., La resistenza sconosciuta. Gli anarchici e la lotta contro il
fascismo. I giornali anarchici clandestini 1943-1945, Milano, Zero in
condotta 1995; ID., La "Busta 78": Gli anarchici italiani nelle carte di
polizia, 1944-1966, in "Rivista Storica dell'Anarchismo" Pisa, n.2/1997; e
A. MANGANO, Le riviste degli anni Settanta, gruppi movimenti e conflitti
sociali, a cura di G. LIMA, Pistoia, C.D.P. Massari editore 1998.
Giorgio Sacchetti
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