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Da "Umanità Nova" n.7 del 27 febbraio 2000

Lo sciopero della scuola del 17 febbraio
La rivolta degli insegnanti

La partecipazione allo sciopero del 17 febbraio ha avuto una consistenza che non è esagerato definire straordinaria così come lo è stata quella alla manifestazione di Roma, a quella di Milano, a quella di Torino, a quella di Bologna senza tener conto delle moltissime iniziative locali come presidi, assemblee ecc... Per fare un solo esempio, oltre 300 partecipanti ad un corteo che si è svolto ad Enna hanno un peso rispetto alla provincia comparabile a quello di manifestazioni di maggior consistenza che vi sono state altrove.

Questo successo ha un valore ancora maggiore se si considera che tutto è stato tentato per sabotare lo sciopero dalla ritirata strategica di Berlinguer che ha bloccato e rinviato il concorso all'invio di una circolare per permettere a chi lo avesse voluto di ritirare l'adesione allo sciopero all'ultimo minuto.

Se affermassi che ero certo di un successo del genere mentirei per la gola, per quanto si sentisse nelle assemblee, nelle discussioni con i colleghi, nelle telefonate che ci si facevano fra le diverse città che la tensione era alta è anche vero che gli insegnanti non hanno una tradizione conflittuale tale da garantire nulla.

Credo che sia giusto riconoscere che lo sciopero è andato di gran lunga al di là della sfera di influenza del sindacalismo di base anche se i sindacati di base hanno svolto un ruolo importante nel prepararlo, nel denunciare la politica del governo, nell'orientare lo scontento.

In piazza c'era gran parte della scuola reale, c'era soprattutto il bisogno di rispondere ad una politica scolastica sentita come insopportabile e consistente in tagli dell'organico e della retribuzione, in un degrado delle condizioni di lavoro, in imposizioni sentite come assurde ed intollerabili.

C'era anche la volontà di affermare un'identità calpestata da un concorso umiliante e dalla continua e pervicace volontà di dividere la categoria degli insegnanti fra superuomini (o superdonne) e sottouomini (o sottodonne).

CGIL-CISL-UIL e Snals hanno vissuto una sconfitta storica che faticheranno a recuperare.

Detto ciò, è bene ragionare guardando avanti e facendo delle ipotesi:

- il concorso è congelato ma non è morto. Ritengo probabile o, almeno, possibile che venga riproposto in una forma edulcorata: aumenti ad un numero maggiore, in proporzione, di colleghi, prove meno assurde, qualche forma di riconoscimento dell'anzianità di servizio ed altro, ma il futuro riposa sulle ginocchia degli dei;

- l'apparato ministeriale e quello dei sindacati di stato non ci farà il favore di dimettersi in massa e di dedicarsi alla meditazione trascendentale. Nelle prossime settimane la macchina burocratica riprenderà a lavorare per dividere la categoria, per riconquistare consenso, per calmare le acque;

- la pressione sugli insegnanti perché accettino una qualche forma di valutazione non è un'invenzione di Berlinguer. Essa appare come ragionevole, plausibile, giusta o, almeno, equa visto che la valutazione è la regola. Su questo terreno sarà necessaria una battaglia culturale oltre che sindacale;

- le forze sociali che hanno utilizzato Berlinguer non lo seguiranno nel discredito a meno che il movimento non faccia un salto non scontato. Il padronato, in primo luogo, non ha alcuna intenzione di mollare l'osso e cercherà altre modalità di azione per portare a compimento la costruzione della scuola-azienda;

- la sciagurata scelta della Gilda di rendere evidente, con la visita che Fini ha fatto al presidio gildista, il padrinaggio politico che il Polo esercita su questo sindacato. Questa esibizione è un bene per la destra che potrà ramazzare voti, è un bene per il governo che potrà accusare il movimento di essere manipolato dalla destra, è un male per il movimento che, volente o nolente, dovrà affrontare problemi non semplici. Se il movimento si facesse dividere fra berlusconiani e veltroniani segnerebbe la sua fine ma se anche non lo farà dovrà perdere tempo ed energie in polemiche che non hanno nulla a che vedere con le questioni di merito sulle quali si va sviluppando.

Se il movimento degli insegnanti esprime, come a mio parere esprime, una forma di resistenza alla proletarizzazione da parte di un segmento di lavoratori che mantiene un significativo controllo sul proprio lavoro è comprensibile che vi conviva un'anima corporativa ed un'anima critica nei confronti della scuola azienda. Ritengo che veda detto con chiarezza che ogni resistenza al disciplinamento aziendale è un bene e che, di conseguenza, questo movimento è positivo. D'altro canto, nel movimento operano forze soggettive di vario tipo e specie, dai sommergibili di CGIL-CISL-UIL che tentano di utilizzarlo per "rigenerare" i sindacati di stato e, più modestamente, per ritagliarsi una fetta di potere nell'apparato a settori corporative che la Gilda incarna ma che, purtroppo, non sono solo nella Gilda.

Alcune questioni vanno poste all'ordine del giorno e affrontate nelle prossime settimane, per motivi di spazio mi limito ad elencarle:

- il collegamento fra lotta al concorso ed opposizione generale al contratto ed all'aziendalizzazione della scuola;

- la conquista di spazi di libertà sindacale e la capacità di lavorare per l'unità del sindacalismo di base in categoria come condizione necessaria se non sufficiente di questa riconquista;

- la critica alla logica meritocratica in radice e non solo nelle sue palesi assurdità e contraddizioni;

- la capacità di proporre una scuola che sia soddisfacente ed interessante per studenti ed insegnanti.

Insomma, il bello ed il difficile viene adesso.

Cosimo Scarinzi



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