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Da "Umanità Nova" n.8 del 5 marzo 2000

8 marzo
Tra parità e differenza

Un altro 8 marzo, un'altra festa della donna ed anche questa volta sembra una festa fatta in assenza della festeggiata .Me ne dispiace perché l'8 marzo è per noi donne una data carica di significati e simboli. Nata nel giorno che ricorda la morte di donne che lottavano per i propri diritti è stata negli anni un momento importante per riaffermare il pensiero femminile. Data che portava con se significati differenti, ma soprattutto dirompenti . Da alcuni anni invece, almeno per me, è diventata una data che faccio fatica a festeggiare. Forse perché sempre di più è ridotta ad un mero commercio di mimose o poco più. In questi anni si parla di post-femminismo ed alcune donne hanno anche avanzato la proposta di non usare più il termine femminismo, perché abusato, snaturato e ridotto talvolta solo a politica di parità. Il problema dell'abolizione della parola "femminismo" se lo poneva anche Virginia Woolf nel 38 quando scriveva che era diventata "una parola corrotta" perché si stava riducendo solo alla rivendicazione di diritti per le donne. E' certamente un dibattito aperto le cui conclusioni dovranno coinvolgere tutto il movimento delle donne, soprattutto perché questa parola non è patrimonio di una donna singola ed è ancora oggi, nonostante una tutto, una parola che scuote ed incute timore.

Certo è che parlare di donne oggi vuole dire fare chiarezza tra la differenza che intercorre tra la "semplice" rivendicazione di parità di diritti ed opportunità e la condivisione dell'affermazione che la forza delle donne sta nella loro differenza nel modo di pensare, di agire, ma soprattutto di essere, quindi nell'accettazione positiva del fatto che la donne siano diverse e non uguali agli uomini.

Da sempre il femminismo si è mosso su questi due obiettivi (parità e diversità) e lo stato ed il capitale hanno parzialmente soddisfatto quello che metteva meno in discussione la sostanza del dominio: hanno dato più potere alle donne per indebolire le loro rivendicazioni. Oggi è sempre più diffusa l'idea che consentire alle donne l'accesso a tutte le posizioni lavorative e sociali, anche a quelle di privilegio e di potere, porti un beneficio intrinseco alla società. La donna oggi "conta di più" sui luoghi di lavoro, il tema "donne " ricorre in tutte le grandi strategie nazionali ed internazionali e tutto ciò è un mutamento positivo, una modernizzazione pur portandosi dietro il dato negativo della parità nel diritto allo sfruttamento, del diritto di uccidere in divisa, nel diritto ad esercitare il potere governativo.

E infatti il pensiero femminile va oltre la "parità": supera le idee di efficienza, auto-affermazione, competizione ed afferma una diversità che, partendo dalla nostra vita, si fonda sulla condivisione, sull'amore e sull'intelligenza.

Purtroppo però dobbiamo constatare che le trappole del potere sono ben congegnate e rispondono anche se in modo ovviamente distorto alle esigenze di dignità, di visibilità sociale e di autonomia economica poste dal movimento: ecco quindi il battage pubblicitario sulla possibilità per le donne di iscriversi alle Forze Armate, il risultato del 60% di richieste femminili per l'iscrizione all'Accademia Aeronautica e al concorso per la Marina Militare a Livorno. Del resto le donne sono state presentate per anni dalla stampa, dai mass media, dal "senso comune" come quelle a cui "manca qualcosa" (posti di lavoro, posti in Parlamento, accesso a posizioni che erano ad esclusivo appannaggio dell'uomo) Poiché il movimento non è riuscito a rispondere in maniera chiara, precisa e soddisfacente a questa campagna (e come poteva farlo, non essendo riuscito a fare la rivoluzione...) molte donne hanno pensato che il ruolo femminile poteva diventare centrale prendendo queste cose, diventando una persona cui non mancava nulla, una persona uguale all'uomo. Molte donne hanno l'impressione di vivere la propria vita senza lasciare segni, senza darle un senso importante e, identificandone il valore nella sola parità, costruiscono risposte congeniali alla perpetuazione del potere.

Dobbiamo con forza ribaltare questa logica, ricordando che il pensiero femminile è profondamente diverso da quello maschile, non ha bisogno di essere pari all'uomo ma deve affermare la sua diversità perché è solo così che sarà fecondo di mutamenti. Dobbiamo andare ben oltre l'affermazione della parità.

Dobbiamo rivitalizzare quel fitto intreccio di scambi di esperienze e di pensiero che ci caratterizzava ed oggi dobbiamo continuare ad interrogarci sui quali siano le passioni ed i saperi femminili di cui siamo portatrici. Perchè il futuro non è ancora stato scritto e noi possiamo modificarlo cambiando il modo di interpretare il presente.

E' ora di riprendere in mano le nostre vite anche per scrollarci di dosso l'ingerenza dello stato e della chiesa che in questi ultimi anni si è fatto più pesante. La legge sulla famiglia varata in regione Lombardia dalla giunta Formigoni, la legge nazionale sulla fecondazione assistita, rappresentano il modello culturale in cui vogliono rinchiuderci: una ingerenza dello stato che diventa sempre più forte e ci costringe sempre di più a sopportare l'idea di famiglia; che ci impone la sua continua ingerenza in scelte personalissime quali avere un figlio, o scegliere di non averlo, che entra sempre più spesso nella relazione madre - figlio in nome spesso di una astratta tutela del minore.

In questo momento è quindi più che mai necessario riprendere nelle nostri mani la speranza e la costruzione di un cambiamento. Dal canto mio trascorrerò l'8 marzo con mia figlia, ben sapendo che il femminismo non si insegna, al massimo si può contagiare.

Rosaria



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