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Da "Umanità Nova" n.8 del 5 marzo 2000
Senza Frontiere, Brevi dal mondo
Ecuador - cronaca annunciata di un fallito golpe
Il golpe del 22 gennaio in Ecuador sostenuto dal movimento indigeno ed
appoggiato da quadri militari intermedi è durato meno di 24 ore.
Gli Indios ed il movimento popolare che avevano condotto la lotta che ha avuto
come risultato il golpe non solo non hanno ottenuto nessuna concessione, ma
sono anche stati duramente repressi e molti sono stati imprigionati.
Il golpe era stato sostenuto da gran parte della popolazione, convenuta a Quito
per protestare per le condizioni di vita che in Ecuador diventano ogni giorno
più dure e sono ormai per larga parte della popolazione al limite della
sopravvivenza.
Un ulteriore aggravio delle condizioni economiche del paese si è avuto
da quando il governo ha deciso la "dollarizzazione", cioè il
collegamento dell'andamento monetario locale al cambio del dollaro. Questo
provvedimento non solo ha portato al congelamento a tempo indeterminato (si
parla di anni) dei risparmi depositati in banca dai piccoli risparmiatori che
si sono quindi ritrovati da un giorno all'altro privati di quel poco che erano
riusciti a mettere da parte, ma anche ad un ulteriore diminuzione del potere di
acquisto della moneta locale e quindi ad un ancora maggiore impoverimento degli
strati della popolazione già ormai ridotti allo stremo.
La protesta degli indios ha visto a Quito migliaia e migliaia di lavoratori e
campesinos.
La protesta è stata inizialmente appoggiata da quadri militari intermedi
ed ha portato alla destituzione del presidente Jamil Mahuad ed alla formazione
di un "triumvirato" formato da un generale, Carlos Mendoza , dal presidente
della Confederazione nazionale India (CONAIE), Antonio Vargas, e da Carlos
Solorzano, presidente della suprema corte.
Un governo di tale fatta ovviamente però non poteva essere altro che un
modo per ingannare la popolazione ed è durato meno di tre ore. Solo tre
ore dopo la nascita del triumvirato Mendoza annunciava infatti che ne era
uscito e che lasciava via libera al potere del vice presidente Noboa. In questa
dichiarazione in pratica ammetteva di aver ingannato la nazione e di non aver
mai avuto nessuna intenzione di permettere alla Giunta di restare al potere. Il
generale spiegava di essersi comportato in quel modo per evitare uno
spargimento di sangue e garantire un pacifico ritorno all'"ordine
costituzionale", cioè il ritorno alla solita situazione di profonda
ingiustizia.
I campesinos che erano arrivati a Quito sono ritornati alle loro case, ma hanno
assicurato che la lotta continuerà. Del resto non potrebbe essere
altrimenti visto che la situazione in Ecuador per le masse indigene continua ad
essere miserrima.
Anche in questa occasione l'élite politica, dal presidente in
giù, si è comportata con incredibile irresponsabilità ed
insensibilità nei confronti del popolo ecuadoriano, a beneficio invece
di un estremamente piccolo, ma estremamente potente, segmento della
popolazione. Non solo l'élite politico-economica non ha preso seriamente
in considerazione misure di ridistribuzione per migliorare gli alti livelli di
diseguaglianza di reddito, ma non sono stati neppure capaci, o non hanno
voluto, impostare i passi necessari per costruire una economia efficiente per
produrre la crescita del paese. Il movimento indio è stato coraggioso
nei suoi sforzi per sollevare un movimento unitario per un nuovo tipo di
democrazia che possa sconfiggere questa situazione a favore dei deboli e dei
senza voce. Fino ad oggi hanno lavorato con mezzi pacifici ma dopo questo
evidente e terribile tradimento non sarebbe sorprendente se questa diventasse
una lezione per dimostrare che i mezzi pacifici non hanno successo e devono
essere cambiati. Per l'Ecuador sono in vista difficili e forse tragici momenti,
ma sicuramente la tragedia ha radici che affondano nel passato e nel fatto che
ogni giorno ai cittadini sono negati i mezzi per vivere con dignità,
sicurezza e con la possibilità di migliorare la loro vita.
Liberamente tradotto e adattato da una corrispondenza di Jennifer Collins, a
cura di R. P.
Brasile - Espulsione violenta di Senza Terra
All'alba del giorno 25 febbraio, circa mille poliziotti, armati di tutto punto
hanno espulso 150 famiglie dalla Fazenda Cobrinco/Figueira nel comune di
Guairaçá nel nordest dello stato.
L'area è stata accerchiata ed è stato impedito l'accesso a
giornalisti, avvocati, ecc. che hanno visto però entrare un'ambulanza e
un mezzo dei pompieri. Informazioni ancora parziali parlano di 26 persone
arrestate, 12 ricoverate in ospedale tra cui bambini di 2 e 7 anni, più
di trenta feriti, alcuni dei quali gravi. Le altre persone sono state avviate
alle loro località di origine. La Fazenda, di 3.400 ettari, è
proprietà degli eredi del Gruppo Bradesco, è stata classificata
come improduttiva dall'Incra ed ha dato protezione ai pistoleiros che hanno
ucciso il senza terra Sebastião Camargo Filho nel febbraio del 1998.
Il 25 mattina l'avvocato della CPT dello stato Darci Frigo è stato
minacciato di morte durante una telefonata anonima ricevuto alle 6.30. La CPT
invita a diffondere queste notizie per far conoscere la profonda tensione
presente nello stato.
Brasile - a San Paolo 6 prigionieri fanno lo sciopero della fame
I sei militanti del MST arrestati più di cento giorni fa ad
Avaré (SP), mentre partecipavano ad una manifestazione contro le
privatizzazione e contro i pedaggi, hanno cominciato il giorno 21 uno sciopero
della fame. Per tre volte è stata chiesta inutilmente la libertà
provvisoria per questi compagni, anche la richiesta di habeas corpus è
stata respinta. Il loro arresto ha motivazioni politiche. Sono stati accusati
di furto e incendio senza nessuna prova.
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