Da "Umanità Nova" n.9 del 12 marzo 2000
Procreazione assistita
Vietato donare
In una società della merce il dono non può esistere
La legge sulla procreazione assistita, ferma da quasi un anno in commissione,
torna di corsa in Senato su richiesta delle forze più reazionarie che si
sono trovate a dover affrontare l'ordinanza di una giudice che sancisce il
diritto di una donna a far crescere suo figlio nel grembo di una amica. La
donna non può avere figli perché priva di utero. L'amica è
disponibile a questo scambio non dietro compenso, ma solo perché la sua
relazione con l'altra donna è forte ed ha deciso di "prestarle" una
parte del proprio corpo per realizzare un suo desiderio.
In mancanza di una legge, dice la giudice, dobbiamo difendere il diritto di
questa donna ad avere un figlio suo attraverso il corpo di un'altra donna.
Questa ordinanza è necessaria perché, nonostante per ora in
Italia non ci sia una legge che vieti il "prestito" dell'utero, vi è un
codice deontologico dei medici che lo proibisce e quindi nessun medico
può praticare l'intervento.
Sicuramente questa ordinanza è importante perché in un panorama
di leggi, sentenze ecc., che vogliono sancire un diritto legale che non tiene
minimamente conto dell'esperienza femminile, questa volta invece la giudice ne
afferma il primato e rende visibile l'importanza della relazione tra due donne
che possono diventare madre e madrina per loro scelta, al di là di
quanto i codici medici possano affermare. Sicuramente una sentenza coraggiosa
che si pone come un cuneo dirompente nella legislazione attuale ed afferma
l'importanza delle ragioni umane e delle relazioni tra donne prima della legge
stessa.
La reazione è stata immediata e come il solito ha utilizzato tutti i
mezzi a sua disposizione. Metodi legali: la ministra Bindi ha chiesto
all'Avvocatura di Stato di valutare la possibilità di annullare il
provvedimento, la Procura di Roma sta studiando il caso, il Forum delle
Associazioni Familiari ed i legali della Federazione Nazionale degli Ordini dei
Medici stanno preparando esposti. Metodi mediatici: i giornali ed i
telegiornali hanno parlato di "utero in affitto" ben sapendo che nessun affitto
c'era stato ma solo un dono.
Evidentemente la possibilità che in una società della merce sia
ancora possibile rischiare la propria salute per una amica, donarle una parte
del proprio corpo e del proprio tempo solo per affetto non solo appare
impossibile, ma è da negare, da mistificare, da impedire. Non è
concepibile che la relazione tra due donne possa risolvere un problema al di
là ed oltre la scienza medica.
Le prese di posizione assunte dai contrari a questa ordinanza potrebbero
sembrare ridicole, se non contenessero conseguenze tragiche. Le stesse persone
che ora tuonano contro questa ordinanza hanno approvato lo scorso anno il testo
di legge che prevede l'adottabilità degli embrioni congelati (e come
pensano di adottarli, se non impiantandoli in un utero diverso da quello della
madre biologica? Gli stessi embrioni già fecondati e congelati che non
vorrebbero fossero posti nell'utero dell'amica della madre potrebbero poi
essere adottati da chiunque); le stesse persone che hanno parlato di turpe
vendita del corpo femminile ogni giorno ne utilizzano parti per vendere
più proficuamente deodoranti e lavatrici. E che dire dei paladini del
"Movimento per la vita" che ora scoprono che il legame tra madre biologica e
figlio è fondamentale ed imprenscindibile in ogni maternità, ma
lo stesso legame può essere disciolto ed il figlio dato in adozione pur
di evitare la scelta dell'aborto da parte delle donne. Sarebbero ridicole se
non fossero così pericolose. La ministra Rosy Bindi ha preso spunto per
riaffermare la necessità di una legge che tuteli l'embrione (da qui alla
revisione della 194 il passo è molto breve) ed ha rimesso in moto
velocemente l'iter della legge 4048 sulla procreazione assistita, che dovrebbe
essere ridiscussa in aula il 9 marzo. In questa legge il corpo della donna in
attesa di un bambino viene scisso in due personalità giuridiche: quella
della madre e quella del bambino (alla faccia della sacralità della
madre e del tutt'uno tra mamma e bambino). L'embrione avrà i suoi
diritti e la madre dovrà sottomettersi a questi. La contraddizione
giuridica è evidente (l'art. 1 del Codice Civile dice che solo con la
nascita si acquista personalità giuridica), ma soprattutto è
evidente che attraverso la legge sulla fecondazione assistita non si vuole
mettere freno alle lobby mediche ed agli esperimenti, ma solo regolamentare il
corpo delle donna, sottometterlo di nuovo ad una maternità che non
funziona secondo le regole scelte da lei, ma da quelle imposte dalla scienza
medica.. Una legge che vuole affermare che solo un tipo di famiglia è
possibile ed accettabile: un maschio ed una femmina, meglio se sposati, e
comunque senza grilli per la testa e disposti ad accettare il modello
patriarcale: il figlio concepito deriverà solo ed esclusivamente da
questo tipo di coppia. Il seme, l'ovulo o l'utero altrui potrebbero trasmettere
geneticamente l'idea di "tradimento", di rottura della coppia tradizionale e
chissà cosa potrebbe succedere alla sacra famiglia italiana su cui si
fonda il nostro ordinamento. Single, omosessuali, donne che possono utilizzare
i loro rapporti con altre, possono buttare nella spazzatura le loro relazioni
umane perché non contano, sono deleterie, o peggio, non esistono per
legge. La legge proposta è una tra le più restrittive (tra i
paesi che hanno una legge che regoli questo argomento). Ma molti altri
seguiranno l'esempio italiano. In Svizzera il 12 maggio ci sarà un
referendum per l'abolizione della procreazione in vitro ed il dono di sperma.
Ma rimane il dubbio che una legge "migliore" possa rendere più libera la
scelta delle donne: in Inghilterra, per esempio, non esistono particolari
proibizioni per l'inseminazione artificiale; teoricamente tutte le donne vi
potrebbero accedere, ma i fondi ad essa destinati sono talmente esigui che
rimane una scelta possibile solo per le "più adatte", secondo la
legislazione cioè coloro che possono fornire un futuro migliore al
figlio (che tradotto significa le donne con una famiglia "normale"). La
medicina ancora una volta si rivela quindi al servizio del denaro, ed ancora
una volta una legge diventa un punto discriminante tra chi potrà
permettersi di espatriare per realizzare il suo desiderio di maternità e
chi dovrà restare nel suo paese, sottoponendosi a tecniche sempre
più invasive e poco efficaci (non sono ancora riusciti ad inventare una
legge che renda lo sperma del marito o il proprio ovocita più fertile, o
che costruisca un utero a chi ne è sprovvista") In un campo
così particolare come i sentimenti ed i desideri nessuno dovrebbe
permettersi di giudicare e tanto meno legiferare e la più ampia
libertà è l'unica via praticabile.
L'imposizione per legge di un'etica decisa dai legislatori sui corpi e sui
pensieri delle donne ha l'unico fine di ricacciarle ancora una volta in braccio
alla famiglia.
Un bambino ha bisogno di affetto per crescere felice, ma non ci sarà mai
una legge che potrà garantire che solo madre e padre biologici potranno
farlo. La maternità è soprattutto una scelta, non solo un legame
di DNA. Fino a non molto tempo fa era pratica comune il "baliatico" che
garantiva ai bambini di essere allevati con cura ed affetto in famiglie diverse
da quella biologica e nessuno considerava ciò uno scandalo
perché non indeboliva il valore della famiglia. Ora che nuovi modelli
sociali mettono in discussione quel ruolo si cerca di intervenire con leggi che
regolino i rapporti sociali.
La legge sarà dunque discussa in senato il 9 marzo. Il movimento delle
donne ha già programmato manifestazioni di protesta per quella data.
Difficile prevedere se sarà un iter blindato e veloce o se si
impantanerà nel mare degli emendamenti proposti. In entrambi i casi la
lobby medica ne trarrà vantaggio.
E pur affermando il diritto di ogni donna a scegliere da sola cosa fare della
propria vita e del proprio corpo, se scegliere di avere un figlio proprio o no,
mi spaventa il potere che viene demandato ai medici affidando loro la
possibilità di intervenire per garantire una vita sempre più
"medicalizzata", dove (a patto di averne le possibilità economiche)
tutto viene reso possibile. E talvolta mi scopro a pensare che forse il
desiderio di maternità non è sempre una libera scelta, ma un
percorso forzato imposto dalla cultura dominante per convincerci che l'unico
modo per essere importanti è lasciare al futuro una nostra
eredità biologica.
Ma io credo che l'eredità che possiamo lasciare dietro di noi non sono
solo i nostri figli, ma soprattutto i legami e le relazioni importanti e
fautrici di cambiamento sociale che siamo riuscite a costruire.
Rosaria
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