![]() Da "Umanità Nova" n.9 del 12 marzo 2000 inform@zionePiombino disastri lontani, veleni nostrani Il disastro della petroliera Erika, avvenuto al largo delle coste francesi, è un fatto gravissimo che sta a dimostrare ancora una volta l'incompatibilità della vita umana con lo sfrenato sviluppo economico mondiale, sempre meno giustificabile da parte dei potenti della terra. Infatti, dal consueto carosello di inchieste e di indagini ministeriali, non scaturisce una ben precisa responsabilità o una vera giustificazione per questo ennesimo disastro, ma solo il tentativo di renderci ancor più passivi di fronte a questo stato di cose, di farci sentire coinvolti in questo modello di sviluppo, di essere riconoscenti per il falso benessere che questo ci garantisce ed accettare così i rischi e i pericoli che ne derivano. Noi qui a Piombino siamo abituati ad accettare il nostro carico di riconoscenza. Piombino è una città nata, plasmata e deformata dall'industria pesante, dove la qualità della vita è totalmente condizionata da questa incombente presenza. Vicino a Piombino c'è un luogo (un tempo incantevole) che si chiama Torre del Sale dove, negli anni settanta, è stata impiantata una centrale termoelettrica che brucia olio combustibile e viene rifornita da piccole navi cisterna che fanno la spola con Livorno. Negli anni '80 ci fu l'intenzione di convertirla a carbone, ma l'energica reazione degli abitanti della zona ha bloccato questo progetto. Poi tutti si sono dimenticati della centrale: ci hanno garantito che avrebbero installato filtri per i fumi di scarico, che avrebbero bruciato oli a basso contenuto di zolfo, e così le due ciminiere stanno continuando a fumare da anni, mescolando, ora con un vento, ora con un altro, i suoi fumi con quelli delle vicine industrie siderurgiche. Infatti, a Piombino, i venti li conoscono tutti, ma non tanto per tradizione marinara, ma perché la loro provenienza porta con se le polveri, i gas e i fumi industriali. Solo ora si torna a parlare della centrale Enel di Torre del Sale, perché il contenuto della petroliera Erika era destinato proprio a Piombino. Quella nave trasportava N6, il peggior combustibile che esista. I paesi anglosassoni lo chiamano "SHIT" (merda), cioè "Strong Horrible Impossible Tar" ed è un olio che, per essere bruciato in sicurezza, necessità di speciali impianti che in Toscana non esistono. Così, bruciando quella schifezza, si produce energia elettrica a basso costo e si smaltisce, come se fosse un inceneritore, un olio altamente tossico e cancerogeno. Le 30 mila tonnellate di catrame, forte, orribile ed impossibile che si sono riversate sulla costa bretone, sarebbero arrivate indisturbate a destinazione se la nave non fosse affondata. Ma da quanti anni questo sporco traffico va avanti? e da quanto tempo siamo costretti a respirare, a nostra insaputa, gli scarichi tossici della centrale? L'amministrazione comunale di Piombino, da sempre maggioranza pci, pds, ds, si impegna per immaginare e far immaginare la nostra zona come attrazione turistica. Il recente convegno "Piombino 2000" sulla compatibilità tra industria e ambiente, sembra essere fatto apposta per questo scopo. Vogliono farci credere di abitare in un luogo tutto sommato ancora vivibile. Intorno alle ciminiere e all'aria irrespirabile sono sorti come funghi una miriade di parchi e parchini, così che la gente, la domenica, abbia la possibilità di prendere una boccata d'aria purché il vento soffi dalla parte giusta! Se ce ne fosse bisogno, questo conferma quanto stiamo dicendo ed abbiamo sempre detto: non bisogna fidarsi delle rassicurazioni degli industriali e dei politici né prima né dopo i disastri. Le loro commissioni di indagine, i nuclei ecologici, l'Arpat e l'Anpa sono tutti parassiti che si alimentano due volte, prima del danno e dopo. Le loro garanzie di sicurezza e di rispetto ambientale non ci possono convincere e non ci devono bastare. Noi non vogliamo condividere le loro scelte politiche ed economiche, non solo perché sono incompatibili con l'ambiente, ma anche perché sono incompatibili con uno sviluppo umano che garantisca dignità e libertà. Federazione Anarchica Elbano-Maremmana Piombino
San Lorenzo del Vallo: cresce l'opposizione sociale In un suo comunicato la Federazione Municipale di base di San Lorenzo del Vallo, struttura autogestionaria e comunalista, illustra la crescita dell'opposizione civile e popolare in paese. Dopo un anno e mezzo di incontri, riunioni, assemblee di confronto con l'amministrazione comunale che promette senza mantenere cambiamenti, l'FMB ha denunciato tutti gli intrallazzi del passato. In particolare venivano evidenziate le seguenti questioni: - Il piano regolatore generale, bocciato tre volte in nove anni e concepito su base affaristico - clientelare e per il quale nella scorsa legislatura en sette consiglieri comunali avevano ricevuto un avviso di garanzia. - Il Castello Alarcon Mendoza della valle di S. Lorenzo, acquistato dal Comune al prezzo di 280 milioni e di fatto nelle mani di un privato che lo utilizza come magazzino. - L'assegnazione di posti di lavoro nell'amministrazione gestita come mero strumento per procacciare voti e premiare i propri sostenitori. - L'abbandono e il degrado del centro storico e dei beni culturali e la mancata attuazione del Piano di Recupero. - La questione sociale: S. Lorenzo è al settimo posto tra i paesi più poveri per quel che concerne il reddito per abitante. Alle denunce dell'FMB l'amministrazione sanlorenzana ha risposto con un'intervista del sindaco al quotidiano "La Provincia". La mobilitazione dell'FMB è proseguita con un partecipatissimo comizio di piazza in cui sono state messe in rilievo le scelte dell'amministrazione che hanno portato il paese al degrado economico, politico e ambientale. L'invito dell'FMB ai cittadini è a partecipare e discutere insieme i problemi della comunità, perché la loro risoluzione può essere opera soltanto del popolo di S. Lorenzo. Liberamente tratto da un comunicato dell'FMB di S. Lorenzo del Vallo.
I tanti anniversari di Fabrizio De Andrè È commovente, soprattutto per chi viene da fuori, scendere a Genova e parlare con la gente, scoprendo l'affetto che tutti ancora serbano, ad un anno dalla sua scomparsa, per il "loro" poeta, per quel cantore che ha saputo illuminare la penombra di quell'intrico di stretti vicoli per i quali c'è chi "ha già troppi impegni". Passeggiarci dentro, fra la loro sporcizia e le loro prostitute, imbattersi nel negozio di dischi di via del Campo che espone una rassegna dei 45 giri originali di Fabrizio, aiuta a capire il personaggio meglio di qualunque saggio critico. Non sono mancate, per l'anniversario del più grande cantautore italiano, iniziative ufficiali, cicli di conferenze, e una mostra di quadri dedicati alle sue canzoni a Palazzo S. Giorgio (un po' scadente, se gli occhi non hanno tradito chi scrive), in attesa che la maggiore istituzione, la neonata Fondazione De Andrè patrocinata dalla famiglia, celebrasse il suo omaggio all'artista perso. E lo farà in pompa magna, con una kermesse prevista per il 12 marzo al Carlo Felice, alla quale parteciperanno decine di star della canzone e dello spettacolo, presentate nientedimeno che da Fabio Fazio, ormai più onnipresente del prezzemolo. Una parte dei posti sono stati dati a disposizione del "prete degli emarginati", don Gallo, che provvederà a far sedere per una sera prostitute, immigrati e clochard fra i velluti e i vip del teatro, in una logica fra il melenso e l'interclassista che non sappiamo quanto sarebbe piaciuta al buon Fabrizio. Ma lontano dai riflettori, in una sala del Porto Antico dove De Andrè tenne negli anni settanta un concerto per i portuali, si sono ritrovati, il 28 febbraio, quanti avevano qualcosa di altro da dire, per una commemorazione che non fosse di circostanza, ma per continuare su quella strada che il libertario De Andrè ha saputo indicare con tanta umanità. La serata, organizzata da Max Manfredi, ha visto esibirsi numerosi artisti, fra cui, oltre allo stesso Manfredi, Mauro Macario, che ha presentato un testo di Julian Beck, e poi Fabrizio Giudice, Beppe Gambetta, Oliviero Malaspina, La Rionda, Lucio Matricardi e altri. L'iniziativa è stata pressoché boicottata da tutta la stampa (per troppa vicinanza con l'altra o per il fastidio che ancora possono dare certe parole?), ad eccezione di un giornalista del Manifesto, che dedica la colonna di apertura ad una canzone già recensita dal nostro giornale, "Ai funerali del pirata", scritta e quella sera interpretata da Alessio Lega, presentato come anarchico, in una situazione in cui si facevano ascoltare "i veri eredi di Fabrizio". Una ulteriore dimostrazione di come, lontano dalle lacrime di coccodrillo delle autorità e del mondo dello spettacolo, il messaggio libertario di Fabrizio è passato, e ancora per molto tempo lo sentiremo riecheggiare, fra i vicoli di Genova e in qualsiasi posto dove la sofferenza umana chieda qualcosa di più del pietismo. f.f.
Pordenone immigrati in piazza Sabato 4 marzo, si è positivamente svolta a Pordenone la prevista manifestazione indetta dalla locale Associazione Immigrati contro le discriminazioni legislative per il passaggio all'amministrazione civile delle prtiche burocratiche (permessi, autorizzazioni, etc.) necessarie agli immigrati, oggi di competenza delle Questure. Al corteo, partito dopo un breve presidio in P.zza XX Settembre, hanno partecipato circa 300 immigrati e compagni del Circolo "Zapata", della Rete Antirazzista di Venezia, del CSA "Toñita" di Chioggia, dell'USI e della FAI, oltre ad alcuni militanti di Rifondazione Comunista. In un intervento, nei pressi della Questura, un immigrato tra le tante discriminazioni ha denunciato l'assurdità legale per cui, secondo la normativa regionale, agli extracomunitari che risultano proprietari di un'abitazione (anche misera) nel loro paese di provenienza non è riconosciuto il diritto di una casa in Italia. La manifestazione si è quindi conclusa nel centro di Pordenone, fornendo tra l'altro una bella risposta all'amministrazione comunale leghista che pochi giorni prima, in comunanza ideale con Haider, aveva votato - tra le contestazioni dei compagni dello "Zapata" - il gemelleggio con la città di Klagenfurt. Non solo infatti la presenza extracomunitaria è ormai un dato di fatto, ma la crescente autorganizzazione degli immigrati assieme alla solidarietà antirazzista risultano essere la migliore garanzia contro chi vorrebbe ordinare il Friuli sul modello della Carinzia. Felix the cat
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