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Da "Umanità Nova" n.10 del 19 marzo 2000

Le banche finanziano i massacri in Cecenia

In piena guerra di Cecenia, ecco che i media ci danno un annuncio capace di "rincuorare" specialmente coloro che ancora si augurano che, con un po' di buona volontà, morale e capitalismo possano andare a braccetto. Dopo quasi un anno e mezzo di negoziati, La Deutsche Bank, il Credit Lyonnaise, la BNP e la Bank of America hanno acconsentito a cancellare quasi un terzo di 32 miliardi di dollari di debiti lasciati dall'ex URSS alla nuova gestione post-comunista. Questo accordo è molto importante per i dirigenti russi dopo che l'estate scorsa il Fondo Monetario Internazionale aveva congelato la concessione di nuovi prestiti, in seguito agli scandali politico-finanziari che avevano coinvolto i vertici dello Stato.

Questa decisone è tutt'altro che sorprendente, almeno per due motivi. Il primo è che i banchieri si trovano di fronte ad un debitore, la Vnechekonombank, che da tempo non è in grado di pagare benché avesse accumulato circa tre miliardi di dollari di debiti (più gli interessi). In breve, i creditori occidentali non avevano alcuna speranza di recuperare i loro prestiti. Firmando questo accordo essi hanno ottenuto il trasferimento dei debiti della Vnechekonombank alla Federazione Russa che ha una qualche disponibilità finanziaria e che, comunque, può essere oggetto di eventuali azioni giuridiche di recupero in caso di futura insolvenza. Il secondo motivo è che per i "grandi" l'importante è che la Russia ritrovi calma e serenità. Le "scappatelle" compiute dal Clan Eltsin hanno provocato serie perturbazioni nel mondo finanziario internazionale. Non perché questi ambienti non accettino la collaborazione con le mafie locali ma perché desiderano che queste mafie siano istituzionalizzate e quindi rispettabili. Invece in Russia la nuova classe rampante uscita dal crollo del "comunismo reale" era francamente "eccessiva": la corruzione e il clientelismo vanno bene, ma con una dose di stile che mancava ai mafiosi postcomunisti russi. Per rassicurare gli ambienti finanziari internazionali e rimettere un po' di ordine ci voleva un uomo d'ordine, autoritario e capace di rimettere le cose a posto senza porre in discussione la liberalizzazione del regime.

Questo uomo provvidenziale è Vladimir Putin. Ma Putin da solo non bastava e allora la classe dirigente russa, evidentemente spinta dai suoi consiglieri internazionali, ha studiato una specie di piano di rilancio del regime. Il popolo russo è triste, infelice, si sente umiliato? Diamogli una bella piccola guerra neocoloniale! Il nazionalismo, si sa, riscalda i cuori anche se non riempie lo stomaco. Il popolo russo si lamenta della corruzione, dei nuovi ricchi così arroganti? Ci pensa Putin che si presenta come l'uomo nuovo e che, soprattutto, ribassa la cresta a molti oppositori. Perché Putin, ex del KGB poi riciclato FSB, i segreti degli oppositori li conosce tutti e può, per esempio, richiamare all'ordine il rampante sindaco di Mosca, Iuri Lijakov, la cui consorte è immersa fino al collo negli affari della mafia.

A poche settimane dalle elezioni presidenziali, Putin si presenta dunque come il principale pretendente al trono lasciato vacante da Boris Eltisin. Nessuno sembra in grado di resistergli. Eccetto i ceceni! Il futuro presidente della Federazione russa avrà alle spalle tutto l'apparato dell'ex KGB, i militari, i nazionalisti, insomma tutti coloro che vogliono ordine e disciplina. Ai suoi piedi avrà i cadaveri di migliaia di ceceni talmente poveri e musulmani da non interessare quasi nessuno. Non saranno certo le vicende cecene a fargli mancare il necessario appoggio dei "grandi" poiché, come ha dichiarato Clinton, "Noi non siamo d'accordo con lui ma ciò che abbiamo visto sinora dimostra che Putin è capace di essere un dirigente robusto, determinato e deciso": Dubitiamo che a Grozny i sopravvissuti ai bombardamenti, ai massacri e alle torture apprezzeranno il punto di vista di Clinton.

Liberamente tratto da "Le Monde Libertaire" del 2/8 marzo, traduzione di Denis



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