![]() Da "Umanità Nova" n.11 del 26 marzo 2000 Legge antiscioperoAbbiamo più volte avuto modo di rilevare come il liberalismo economico e, in particolare, la privatizzazione di alcuni importanti servizi pubblici si accompagni ad un rafforzamento del ruolo di controllo dello stato per quel che riguarda il conflitto fra le classi. La contraddizione è solo apparente, infatti lo stato, ritirandosi dalla gestione diretta dei servizi, ne determina una radicale ristrutturazione che colpisce, in primo luogo, i lavoratori dei settori coinvolti dalle privatizzazioni e determina, di conseguenza, un accrescersi delle tensioni e del conflitto sociale. D'altro canto, i lavoratori dei servizi pubblici mantengono una forza contrattuale rilevante sia perché non hanno subito sino alle ultime conseguenze il processo di decentramento produttivo e di precarizzazione che caratterizza altri settori della working class che perché i loro scioperi, in particolare nel settore dei trasporti, hanno un impatto immediato importante. Di conseguenza le imprese pubbliche o private del settore dei servizi premono perché i lavoratori dei settori da loro controllati siano posti in condizione di non potersi opporre al degrado della loro condizione di vita e di lavoro. Un'esigenza analoga hanno i sindacati di stato che temono di vedersi sottrarre uno spazio crescente dalla pressione del sindacalismo di base, per un verso, e di settori combattivi del sindacalismo autonomo, per l'altro. Va, inoltre, considerato che una rigida normativa antisciopero garantisce ai gruppi dirigenti del sindacato di stato uno stretto controllo sulle proprie strutture periferiche che, già in qualche occasione, hanno mostrato una qualche limitata capacità e volontà di autonomia rispetto alle scelte delle organizzazioni di appartenenza. è in questa prospettiva che mercoledì 15 marzo la Camera ha approvato un Disegno di Legge volto a correggere la Legge 146/90, la legge che dieci anni addietro pose limiti fortissimi al diritto di sciopero ne settore dei servizi pubblici. Caratteristiche principali di questo DDL sono: - il rafforzamento della consistenza e dei poteri della Commissione di Garanzia sui servizi pubblici essenziali che passa a 30, ben remunerati membri, e può stabilire più facilmente i servizi pubblici essenziali oltre che comminare direttamente le sanzioni in luogo di affidarle alle imprese coinvolte nei conflitti; - un aumento delle multe per i sindacati che verranno considerati colpevoli di aver indetto scioperi illegali (da 5 a 50 milioni al giorno) con l'effetto di distruggere le risorse di queste organizzazioni e, comunque, maggior rigore nell'applicazione delle multe ai lavoratori coinvolti nello sciopero; - l'introduzione di intervalli minimi tra un'azione di sciopero e l'altra, la definizione di contingenti di personale che non può scioperare, l'obbligatorietà di procedure di conciliazione per impedire lo sciopero; - l'estensione di meccanismi analoghi ai lavoratori autonomi dei comparti coinvolti. In buona sostanza: - viene rafforzato un tipico organismo corporativo quale la Commissione di Garanzia; - si pongono i sindacati di opposizione in una condizione insostenibile di vero e proprio ricatto per quel che riguarda la loro sopravvivenza; - si rende ancora più inefficace che in passato lo sciopero che, se svolto nei periodi nei quali è permesso e secondo le regole previste, diviene virtuale; - si inquadra l'universo crescente dei lavoratori autonomi eterodiretti in un meccanismo legale che li priva di ogni possibilità di iniziativa incisiva. Al decreto legge si sono opposti i Comunisti Italiani e il Partito della Rifondazione Comunista che hanno ottenuto che i lavoratori precettati non possano essere più del 33% e il servizio prestato obbligatoriamente più del 50%. Dal loro punto di vista si tratta, indubbiamente, di una vittoria che potranno cercare di spendere nelle loro relazioni con i sindacati di base. In realtà, un limite del genere è ridicolo visto che la possibilità di precettare quote di personale superiore a quello previsto implicherebbe semplicemente la fine totale dello sciopero. Basta, infatti, sommare i precettati ai crumiri per comprendere come le imprese si garantiscano il sostanziale funzionamento del servizio. Sul piano legale, poi, i soggetti sindacali conflittuali verranno costretti a defatiganti e costose vertenze per vedere riconosciuti i propri diritti, per impedire interpretazioni peggiorative della legge e degli accordi, per tutelare i lavoratori da sanzioni di vario genere. I primi commenti sul decreto legge sono interessanti anche se scontati: - i burocrati sindacali sono compiaciuti per il risultato; - il padronato avrebbe voluto di più ma non nasconde che qualcosa, e non poco, l'ha ottenuto; - i giuslavoristi della destra dei DS hanno un'attitudine simile a quella del padronato con una punta di compiacimento in più visto che gestiranno direttamente il nuovo quadro delle relazioni sindacali. Se, poi, poniamo in relazione questa normativa con la pressione per la riduzione dei diritti dei lavoratori per quanto riguarda i licenziamenti (l'ultimo tabù come affermano i liberal diessini) abbiamo un quadro assolutamente chiaro della prospettiva per la quale lavorano i nostri avversari. Le questioni che dovremo affrontare a breve sono, essenzialmente, due: - la costruzione di lotte capaci di forzare la normativa antisciopero; - una battaglia politica e culturale fra i lavoratori per rendere evidente come l'attacco alla libertà di un settore della working class è un attacco a tutti e per combattere la cultura diffusa a piene mani dai media sui "privilegi" dei lavoratori dei trasporti. Non sarà facile ma la buona riuscita dei recenti scioperi nei trasporti e nella scuola è un buon punto di partenza. CMS
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