|
Da "Umanità Nova" n.11 del 26 marzo 2000
Convegno FAI di Torino
I luoghi del conflitto
Ancora una volta mi tocca l'arduo compito di sintetizzare gli esiti del
convegno precongressuale della FAI tenutosi a Torino il 4 e 5 marzo. Il
dibattito si è sviluppato intorno a due temi centrali, che, a loro
volta, contenevano, per la loro generalità, un insieme di questioni
aperte di non poco conto. La fortuna di questa mia 'rendicontazione' è
il dibattito che si è sviluppato in questi mesi sulle colonne di
Umanità Nova. Il primo tema aveva come traccia 'il capitalismo come
seconda natura', ovvero si è cercato di rispondere del perché il
sistema capitalistico venga considerato, dai più (qualche miliardo di
persone) come 'naturale'. Per naturale si intende sia il dato
dell'ineluttabilità come avviene per la malattia, la morte ecc.
(c'è, non ci piace, ma non si può evitare) sia il dato della
naturalità, ovvero della connaturazione del sistema capitalistico con il
'sistema essere umano': l'uomo è 'antropologicamente' portato per il
mercato, la gerarchia, il dominio... A questo macro tema hanno iniziato a
rispondere le prime due relazioni introduttive di Cosimo Scarinzi e di Guido
Barroero, sulle quali si è sviluppata la prima giornata di discussioni.
La seconda giornata, raccogliendo alcuni degli spunti precedenti, si è
snodata sopra un altro tema centrale, ovvero sul ruolo del potere statale nei
nuovi modelli d globalizzazione planetaria: le lenti attraverso le quali si
è voluto osservare il nuovo volto del potere sono state essenzialmente
due: l'esercito (il Nuovo Modello di Difesa) come fonte di repressione interna
ed esterna e la questione Sud del mondo, con occhio particolare verso i flussi
migratori sud -nord. Le relazioni che hanno introdotto le questioni sopracitate
sono state svolte da Maria Matteo e da me per quanto attiene i problemi
dell'antimilitarismo, a seguito del lavoro di ricerca e di produzione di
materiali (presto uscirà un dossier) svolto dalla F.A.T. e, da Salvo
Vaccaro, per quanto attiene alle tematiche del dominio globale e le loro
conseguenze sull'impoverimento progressivo di gran parte del globo terrestre.
Cosimo Scarinzi ha sviluppato il dibattito in ordine di tre ragioni temporali,
il Novecento, nelle sue ragioni di sviluppo capitalistico, delle conquiste e
delle sconfitte del movimento operaio, nei limiti di un'interpretazione di un
sistema di dominio che ha 'imparato' dai propri limiti, dai propri nemici e che
ha dimostrato una duttilità tale da inglobare norme e comportamenti
considerati come sovversivi; l'oggi come processo di cambiamento in atto dei
nuovi modelli produttivi e le attese che essi generano sia sulla vecchia
working class che sulle giovani generazioni; il domani e le prospettive di un
movimento rivoluzionario e comunista libertario, le possibilità (luci ed
ombre) che le moderne conflittualità aprono: dalle lotte sindacali
(insegnanti...) alle lotte di liberazione sulle contraddizioni contingenti
(immigrazione, questioni ambientali...).
Guido Barroero si è, invece, concentrato sull'analisi delle
modalità che hanno portato alla scomposizione della classe operaia,
individuando alcuni temi che andrebbero analizzati per la loro portata
così come per le loro conseguenze: il decentramento produttivo, le
esternalizzazioni, il lavoro parasubordinato, le cooperative, il lavoro nero.
Parte delle valutazioni di Guido hanno ruotato intorno ad uno dei soggetti, i
lavoratori socialmente utili, come paradigma delle contraddizioni sopracitate.
Il dibattito che ne è seguito ha ricalcato in gran parte gli interventi
comparsi su Umanità Nova e pertanto non mi dilungherò,
rimarcando, però, che le posizioni, al loro interno variegate, hanno
come poli, da una parte, la rinnovata necessità di rilanciare in forme
tradizionali e nuove la lotta di classe, dall'altra, senza negare la prima, di
trovare nella 'economia informale' che il capitalismo impone, i luoghi e le
possibilità della liberazione dallo sfruttamento (autogestione e stili
di vita).
Il giorno seguente (domenica), l'apertura è toccata a Maria ed alla mia
relazione sul lavoro svolto dalla Federazione Anarchica Torinese
sull'antimilitarismo. Per sintetizzare, le questioni aperte dai nuovi modelli
di difesa riguardano: i compiti di polizia internazionale (guerre, 'missioni
umanitarie', protettorati...), i compiti di polizia interni - esterni
(difesa dei confini nazionali contro le invasioni 'barbariche', repressione
delle lotte, co-gestione dei lager...), il vorticoso aumento delle spese
militari a fronte di una costante erosione delle spese sociali, i modelli
culturali e gerarchici, il ruolo delle istituzioni pubbliche nella diffusione
dell'ordinamento militare (dalle scuole, passando per le Poste per arrivare a
Disneyland), le clausole di precedenza nei concorsi pubblici, i traffici di
armi, la parità macho-guerrafondaia dei sessi ecc. A ben vedere le
tematiche da affrontare sono molto ampie e richiedono che il movimento
anarchico torni a discutere e a proporre iniziative di lotta adeguate ai tempi
di modernizzazione politica delle strutture militari (servizio civile incluso):
domande d'obbligo riguardano, ad esempio, l'uso dell'obiezione totale in un
contesto prettamente volontaristico. Questo sarà, comunque, insieme ad
altri, ordine del giorno del prossimo congresso.
Salvo Vaccaro ha esposto in maniera esaustiva alcuni dati molto interessanti
sul progressivo impoverimento della popolazione mondiale (attraverso una
comparazione relativa dei redditi a partire dal secolo scorso) per poi giungere
a definire alcune delle cause della situazione attuale: il ruolo degli
organismi internazionali (ONU, WTO, FMI, BM...), le guerre e gli interventi
'umanitari', gli scambi produttivi, i dissesti ambientali con particolare
attenzione al ruolo che nei prossimi anni avrà per il pianeta un bene
tanto prezioso quanto scarso: l'acqua. Altro elemento di valutazione
nell'analisi di Salvo è stata la questione dei flussi migratori ed il
ruolo attivo degli anarchici nel contrastare politiche repressive e nel
favorire processi di cooperazione dal basso, ovviamente insieme ad altri
soggetti politici. Salvo ha proposto una visione dei flussi migratori
particolarmente pessimistica, da 'resa dei conti', prospettando negli anni a
venire grandi spostamenti di milioni di esseri umani in età molto
giovane, ai quali, la propria terra non darà molte risposte se non
povertà, fame, dittature ecc.
A questa valutazione, suffragata da dati importanti, se ne è
contrapposta un'altra, meno pessimistica, che vede nella nuova immigrazione un
fenomeno contraddittorio, di emarginazione e sfruttamento da una parte e di
integrazione stratificata dall'altra. Quest'ultima parte di immigrazione, tra
l'altro, porta con sé parte delle contraddizioni di classe (sfruttamento
dei propri simili) non dissimili dallo sfruttamento 'bianco-occidentale'. Su
questa logica, ad esempio, è intervenuto Walter Siri di Bologna,
spiegando che il comitato a cui hanno dato vita realtà non istituzionali
di quel territorio contro gli sgomberi delle case occupate, contro il neo
centro di 'detenzione permanente'..., ha avuto come primo intento la
priorità di accorpare le lotte inter-raziali sui bisogni primari (casa,
reddito ecc.), a partire non tanto dal colore della pelle, ma dai buchi nelle
tasche dei pantaloni.
Un ultimo punto che ha trovato spazio nella discussione del convegno è
stato quello sulla necessità di una definizione progettuale del
movimento anarchico (in positivo), a ragione del fatto che siamo circondati da
organizzazioni informali anti-liberiste, anti-militariste,
anti-millenariste...., che molto spesso sono la garanzia del passaggio delle
politiche che dicono di combattere in casa altrui, ma che sostengono, poi, in
casa propria: è il caso, a esempio, dei sindacati di stato che
condannano, a parole, il WTO (basta leggere il quotidiano della CISL), per poi
firmare in casa propria accordi di lavoro liberisti (patto di Milano e
quant'altro). Tutto ciò troverà, comunque, lo spazio necessario
nel prossimo congresso di Stia.
Pietro Stara
| |