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Da "Umanità Nova" n.12 del 2 aprile 2000
La scelta dei medici: intramoenia o extramoenia?
Nessuna scelta per i malati poveri
In questi giorni si parla, a proposito di sanità, dell'opzione che il ministro Rosy Bindi ha imposto ai medici ospedalieri e universitari riguardo alla propria attività privata, dovendo scegliere se esercitarla dentro o fuori la struttura pubblica (ecco il significato del "latinorum", che guarda caso viene sempre tirato fuori quando ci sono di mezzo questioni imbarazzanti, quali sesso, denaro, potere e così via...). Spiegherò qui molto sommariamente gli aspetti tecnici della questione, visto che sono stati pubblicati con dovizia di particolari e schemi da tutti i giornali. In pratica, chi vuole, tra i medici ospedalieri e universitari, potrà scegliere il "rapporto esclusivo", cioè esercitare comunque attività libero-professionale, con una serie di limitazioni e di vantaggi. Vediamoli, cercando di commentare con un po' di quel famoso buon senso comune che per fortuna, è il caso di dirlo, non si impara all'università.
Innanzitutto il vantaggio economico: chi eserciterà all'interno della struttura pubblica avrà diritto al 90% della tariffa pagata dal paziente, più un incentivo di circa un milione e mezzo lordo al mese. Non mi sembra poca cosa. Chi non eserciterà nella struttura pubblica, invece, avrà una penalizzazione di 500 - 800.000 lire mensili, e in più, e questo è ciò che brucia ai professori universitari, perderà il diritto a essere primario. Non si capisce la sperequazione tra l'incentivo per chi ci sta e la penalizzazione per chi non ci sta, ma insomma...
In realtà ciò che è divertente e fonte di riflessione è il fatto che c'è stata una levata di scudi da parte degli universitari, con tutta una serie di pietose motivazioni, la migliore delle quali l'ho trovata su "Repubblica" del 16 marzo 2000: "Ho fatto ricorso (alla decisione del ministro, ndr) perché ritengo, come altri, di avere il diritto di svolgere l'attività intramoenia, ma che mantenga la mia università competitiva, non voglio un'università trasformata in ospedale". Parole che si commentano da sé, mi limiterò a sottolineare il concetto di "mia" e di "università trasformata in ospedale", che mostrano chiaramente quale sia l'idea dell'università di alcuni docenti.
L'attività privata intramoenia prevede comunque l'utilizzo delle strutture (logistiche, strumentali, di personale e così via) dell'ospedale. Questo, che tra l'altro, sia pure con regolamento diverso, già accade ora, genera la classica situazione da me già descritta altre volte: se io chiedo una ecografia nel tale ospedale con la prescrizione SSN, devo aspettare da una settimana a alcuni mesi (dipende dalla regione e dall'ospedale) e pagherò il ticket (che può essere anche 70.000 lire). Se chiedo la stessa prestazione nello stesso luogo privatamente, la otterrò nel giro di pochi giorni, con lo stesso medico, nella stessa struttura, con appuntamento, pagando, nella peggiore delle ipotesi, circa il doppio. Ora, trattandosi di cifre di questo genere, indovinate che cosa farò io, se appena appena sono un po' ansioso di sapere che cosa ho e se ho una minima disponibilità finanziaria ? In pratica, se si è inseriti nel ciclo di produzione di reddito, bene; ma se si è anziani, ammalati, disoccupati ? Con buona pace della sanità pubblica, che rimarrà sempre più una sanità di serie B per chi proprio non si può permettere altro di meglio...
Il lavoro privato extramoenia può rendere a alcuni medici (non a tutti, sia chiaro) da 400 milioni a 4 miliardi all'anno (spesso esentasse, dato che non si tratta di categoria che brilli per rilasciare ricevute). Ora, è chiaro che l'idea di perdere un primariato può bruciare, ma il denaro è denaro. Secondo me quel 15% circa a livello nazionale che ha rifiutato il "rapporto esclusivo" è proprio sovrapponibile grosso modo alla percentuale di medici che ci guadagna tanto, con l'attività privata... Gli altri, gli onesti o comunque coloro che danno una dignità al loro lavoro di medico "pubblico", rimarranno compressi in una spietata concorrenza, in strutture alle volte fatiscenti e insufficienti.
E a proposito di questo c'è ancora da dire: il fatto che alcune strutture risulteranno insufficienti, farà sì che vengano affittate all'uopo cliniche private anche non convenzionate prima, per farci gli ambulatori in cui svolgere l'attività intramoenia. In pratica il pubblico affitta e ingrassa il privato per svolgervi l'attività che dovrebbe essere quella privata nel contesto della pubblica; tipico pasticcio all'italiana da cui non possono che uscire risultati già tristemente noti e visti. Senza contare che il fatto che si possa anche trattare di strutture non convenzionate è pesante, perché di solito le strutture private convenzionate sono sottoposte a severi controlli, quelle altre non si sa...
L'attività intramoenia potrebbe inoltre comprendere anche il ricovero, e dunque si avrebbero ricoveri di diversa natura nel contesto sempre della struttura pubblica. Si tornerebbe insomma ai ricoveri a pagamento in camera privata e a quelli con la mutua in corsia.
Nelle intenzioni ufficiali questo provvedimento dovrebbe decongestionare la struttura pubblica, facendo sì, dunque, che chi può permettersi di pagare la visita lasci posto a chi non può permetterselo. Mi pare talmente evidente la contraddittorietà di una simile idea, che anche qui ritengo superfluo ogni commento.
Insomma, al di là di tutto, mi sembra che la barca della sanità venga spinta sempre di più verso una privatizzazione di fatto, che riduca il più possibile a livello di welfare la prestazione pubblica, e che costringa sempre di più il cittadino comune all'arte di arrangiarsi. Tra l'altro ciò è miope, perché alla comunità, che piaccia o no esiste, questa politica, a lunga scadenza, costerà molto di più. Insomma, risparmio un uovo oggi e perdo la gallina domani...
Meditiamo, gente, meditiamo...
Paolino
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