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Da "Umanità Nova" n.12 del 2 aprile 2000

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Brindisi i misteri di una strage di stato

Il 16 marzo si è tenuta a Brindisi un'altra udienza del processo per l'affondamento della "Kater I Rades" da parte della corvetta italiana "Sibilla" nel marzo del 1997. La "Kater I Rades" era una vecchia motovedetta della marina albanese, ormai in disuso. Nel periodo immediatamente successivo alla guerra civile in Albania, partì con 108 profughi alla volta dell'Italia, ma venne speronata da un mostro marino pesante più di 100 tonnellate (la corvetta "Sibilla") e finì in fondo al mare. Le vittime furono 87.

Comunque, questo è un processo complicato, pregno dei "misteri", che accompagnano di solito le stragi di Stato. La tesi del governo italiano è elementare: si è trattato di un incidente, o al più di una corresponsabilità dei 2 comandanti che, sconsideratamente, hanno intrapreso un testa a testa dagli esiti mortali, rifiutando entrambi di fermarsi. Tuttavia alla prima udienza del tutto inaspettata giunge la deposizione del comandante Fusco, quel giorno addetto alle comunicazioni al centro di controllo di Brindisi, che ha detto apertamente che esisteva un ordine di "ingaggio secondo il codice di guerra NATO che prevede il contatto fisico con l'imbarcazione ribelle". La sua deposizione è stata riportata dal "Giorno" il 24 gennaio.

A questo ha fatto seguito la misteriosa morte di Baffa, l'avvocato dei parenti delle vittime, che il giorno prima di morire aveva telefonato a un giornalista del "Giorno" annunciando di aver scoperto incartamenti segreti e di temere per la propria vita. All'appuntamento dato al giornalista per la mattina successiva di fronte al tribunale di Brindisi Baffa non è mai arrivato, perché è morto in un incidente stradale. Gli incartamenti di cui parlava non sono stati ritrovati.

A tutto ciò si aggiunge la discriminazione nei confronti dei parenti albanesi delle vittime e gli stessi superstiti, che non riescono ad avere i visti per venire in Italia a seguire il processo.

Amria

Torino contro i referendum radicali

Si è costituito a Torino, come sta avvenendo in altre città ed a livello nazionale, il Comitato contro i referendum radicali per l'astensione.

Ne fanno parte, ad ora, diversi sindacati di base (CUB Scuola, FLAICA CUB, RdB CUB, SLAI Cobas) e organizzazioni politiche (Circolo Comunista 39, FAI, Zone di Conflitto). Altre forze politiche e sindacali devono decidere nel merito di una loro partecipazione a quest'esperienza.

Il Comitato ha stabilito di concentrare la propria iniziativa sul referendum (anti) sociale che vuole abolire l'obbligo di riassunzione del lavoratore licenziato senza giusta causa. Questa scelta deriva sia dalla valutazione che non è opportuno chiedere a forze sociali, sindacali e politiche necessariamente non omogenee di esprimersi sull'assieme dei referendum che dal convincimento che la questione dei licenziamenti ha oggi un'oggettiva centralità politica e sociale e può coinvolgere settori significativi di lavoratori.

Sulla stessa questione, altre aree della sinistra non istituzionale, di norma quelle più vicine al PRC, sembrano orientate per il sostegno al NO in occasione dei referendum. Su questi temi dovrà svilupparsi un confronto puntuale.

è opportuno tenere anche presente il fatto che l'orientamento degli iscritti e dei militanti dei sindacati alternativi non è, su questa materia, omogeneo come non lo è, a maggior ragione, quello dei lavoratori e che una campagna astensionista non sarà sempre facile ed anzi richiederà una significativa attività di informazione, orientamento e discussione sui posti di lavoro e sul territorio.

Si è già stabilito di organizzare volantinaggi, un'assemblea per il 19 aprile ed altre iniziative sono in discussione.

Sarà forse la campagna di informazione sui referendum e, soprattutto, sull'attacco ai diritti sociali condotto, in forma diversa, dai supporter del SI e del NO la parte più interessante del lavoro che ci attende perché permetterà di prendere contatti con settori di militanti e lavoratori interessati e di legare questa specifica iniziativa a quella più generale contro la precarizzazione dei lavoratori e per la costruzione di forme di azione unitaria della working class.

Hinterlander

Napoli le matrici del comunismo libertario

Si è tenuto a Napoli, nei giorni 11 e 12 marzo, l'annunciato seminario su "Il progetto di comunismo libertario della CNT e le matrici del comunismo libertario".

L'iniziativa, organizzata dall'Università Libertaria dell'USI-AIT in collaborazione con la rivista "Porta di Massa" e la "Generoso Procaccini editore", è pienamente riuscita (come, del resto, erano riusciti i precedenti seminari sull'"Uso di internet" e sul "Diritto del lavoro"). Ad essa hanno partecipato una quindicina di compagni che hanno seguito con attenzione le relazioni di Enrico Voccia e Giulio De Martino, dibattendo poi appassionatamente sulle origini, la storia e le prospettive del movimento libertario.

Il punto di partenza del discorso è stata la crisi della società feudale e la conseguente messa in discussione delle strutture del potere e della proprietà. Ci si è poi concentrati sul "Discorso sulla servitù volontaria" di Etienne del La Boetie e, guidati da Voccia in una veloce corsa attraverso i secoli, sul pensiero utopistico e sulle componenti socialiste e libertarie della rivoluzione francese.

Giulio De Martino ha illustrato il pensiero di Vincenzo Russo, rivoluzionario napoletano della fine del '700, che sembra poter essere considerato a tutti gli effetti un precursore del comunismo libertario. Russo, ucciso giovanissimo alla caduta della Repubblica, influenzò i pensatori meridionali che lo hanno seguito (persino l'ultimo Leopardi) e, soprattutto, Carlo Pisacane, le cui idee già contenevano, nella sostanza, il progetto di trasformazione sociale elaborato, proprio a Napoli, dai membri della sezione italiana della Prima Internazionale.

Su tale progetto, sulle sue successive evoluzioni, e sul tentativo di realizzarlo messo in atto in Spagna nel 1936 ad opera della CNT-AIT, si è poi a lungo intrattenuto Enrico Voccia.

È impossibile, in poche righe, fare un resoconto di due intere giornate di dibattito. Mi limito, a nome di tutti i partecipanti, a ringraziare i curatori del seminario, dalla cui professionalità siamo rimasti impressionati, e tutti coloro che hanno contribuito, con le idee e la generosa ospitalità, alla riuscita dell'iniziativa.

Nel corso del dibattito sono stati proposti diversi altri argomenti per i futuri seminari dell'Università Libertaria dell'USI-AIT. Il primo a essere affrontato, sempre a Napoli, sarà l'analisi di una tra le più interessanti utopie libertarie: Anarres, nata dalla fantasia (e dalla preparazione politica) di Ursula Le Guin. Anarres sarà esaminata non solo, come si è soliti fare, da un punto di vista letterario e antropologico, ma anche, e soprattutto, dal punto di vista dell'ingegneria sociale e istituzionale. È stata proposta, e immediatamente approvata, anche la realizzazione di un seminario sulla questione meridionale.

Luciano Nicolini

Carrara passerelle elettorali

Sabato 25 marzo si è svolta nel ridotto del teatro Animosi di Carrara la presentazione del libro di Lorenzo Del Boca "Il dito dell'anarchico", alla presenza di oltre un centinaio di persone, sicuramente un numero maggiore delle aspettative degli stessi organizzatori, visto che in città non mancano certo altre sale più capienti.

Fin dalle prime battute, ed ascoltando i nomi del folto gruppo che sedeva al tavolo (non annunciati negli inviti e neppure nei quotidiani del giorno stesso), si è compreso che in realtà si trattava di una passerella pre-elettorale ove il libro presentato e l'anarchico di cui dovrebbe raccontare la storia (Gino Lucetti) erano soltanto il pretesto strumentale. Infatti, subito dopo la scialba introduzione dell'assessore alla cultura ha preso la parola il senatore Marchetti (ex PCI, ex Rifondato ora cossuttiano), uno che di anarchici lui sì che se n'intende, visto che durante il suo mandato di sindaco della città, a cavallo fra gli ultimi '80 ed i primi '90 ha gestito la tentata loro espulsione dal Germinal prima con gli intrallazzi, poi con le manganellate. La passerella è dunque continuata con gli interventi di una serie di squallidi personaggi, non ultimo Ferri, sindaco di Pontremoli ex socialdemocratico filomonarchico ed eurodeputato che non si sa bene cosa ci facesse lì se non esprimere la propria voglia di protagonismo. Mancava solo Barani, il sindaco di Aulla, salito alle cronache per aver tolto e poi dato la cittadinanza onoraria a Mussolini e ultimamente intitolata una strada a Craxi.

Un intervento significativo è stato quello di Curzi, pciista pentito ma a modo suo, che ha rivendicato la modernità e l'attualità dell'"Appello ai fascisti" lanciato da Togliatti da radio Mosca, quello stesso "Appello" la cui autenticità per oltre un cinquantennio la base del partito si era ostinata a negare, incredula che "il Migliore" potesse arrivare a tali bassezze. Infine, per concludere il caravanserraglio, l'intervento di Petacco, che ha stimato in 20.000 le vittime delle foibe triestine al fine di giustificare il proprio stazionare nella melma del revisionismo.

In tale situazione un intervento di parte anarchica avrebbe significato soltanto una legittimazione per tutta la pagliacciata. L'unica cosa sensata da fare sarebbe stata quella di mettersi ad urlare le mille ragioni del proprio dissenso, e qualcuno lo ha anche fatto; io ho preferito tacere, augurandomi che la contemporanea presenza nelle librerie del saggio storico su Gino Lucetti, scritto da Riccardo Lucetti e con la prefazione di Marco Rossi, in uscita proprio in questi giorni, contribuisca in qualche modo a ripristinare la figura dell'attentatore al Duce.

Alfonso N.



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