unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.13 del 9 aprile 2000

Caso Pappalardo
Delirio di onnipotenza

Grande scalpore ha sollevato la notizia dell'esistenza del documento redatto dal colonnello dei carabinieri e presidente del COCER (sindacato dei carabinieri), Antonio Pappalardo.

Il termine più appropriato, usato dai mass media, é senza dubbio quello di "golpista".

Il senso del pronunciamento di un alto ufficiale dell'arma e rappresentante politico-sindacale dei CC é senza dubbio quello di mettere in chiaro quali siano le aspirazioni ed i programmi dei militari con la "fiamma sul berretto". Aspirazioni di protagonismo, di primato, di esercizio del potere. In un linguaggio peronista questa volontà egemonica deve trarre fondamento nel sostegno popolare; é quindi significativo il titolo del programma della benemerita: "Sullo Stato del morale e del benessere dei cittadini". Il Pappalardo si improvvisa sociologo ed usa figure geometriche per disegnare i flussi del potere e delle linee di confronto politico. Disegna un triangolo dove all'apice (immancabilmente e freudianamente) stanno i carabinieri ed ai due angoli della base sta il popolo da una parte e la classe dirigente (definita "i politici") dall'altra. È evidente il senso di frustrazione e la volontà revanscista.

Poi il documento scivola verso il delirio di onnipotenza quando vi si afferma che "il popolo ama i carabinieri" e che "i carabinieri devono ... (favorire) ... nuovi movimenti politici" ispirandosi niente meno che alla Conferenza Episcopale Italiana. Pur nella linearità che definirei coerentemente peronista, il documento in questione alterna sprazzi di follia a rozze retoriche del pensiero politico reazionario. Non stupisce che l'autore sia quel Pappalardo che é stato deputato della Repubblica eletto nelle schiere del PSDI (quello di Saragat, Longo, Ferri, Nicolazzi) e che dopo tangentopoli si era candidato con AN alle elezioni europee. Evidentemente del disprezzo che la gente esprime nei confronti dei politici deve aver avuto esperienza diretta quando militava nel partito degli scandali Lockeed, "lenzuola d'oro", "carceri d'oro", ecc. Altrettanto disprezzo deve aver sperimentato nella campagna elettorale del '94 nelle file del Polo.

Schizzofrenicamente deve aver scambiato il disprezzo della gente nei confronti dei carabinieri per amore. La sola affermazione del folle Pappalardo che l'establishment non ha contestato é la più palesemente contestabile. Quale amore può avere la gente per la polizia militare? L'insieme di questi due termini sono la quintessenza dell'autoritarismo. E la "benemerita" il disprezzo della gente se lo é guadagnato sul campo. Le peggiori infamie che possano essere state compiute dagli apparati repressivi dello Stato sono state compiute dai carabinieri. Stragi, tentativi di golpe, malversazioni, assassini a freddo, uso della forza bruta nelle manifestazioni di piazza, complotti di ogni natura costellano la storia di questo corpo di polizia militare che ha assunto potere specifico dall'unità d'Italia a oggi mettendosi al servizio dei potenti di turno. Gli sbirri, per definizione, non possono avere un ruolo politico autonomo; essi si definiscono in funzione del servilismo che manifestano al potere.

Assumendo l'incontestabile esperienza che ci dimostra come questi polveroni non siano sollevati a caso ci dobbiamo chiedere quale sia il senso della querelle di questi giorni. Certo, gli attori hanno recitato degnamente la loro parte: il comando dell'arma ha smentito e si é dissociato dal documento Pappalardo, il governo e la sua maggioranza hanno alzato la voce cercando di fissare dei paletti e, contemporaneamente (assieme all'opposizione), cercando di minimizzare la portata del documento stesso. Tutti hanno detto che non sapevano dell'esistenza di tali documenti. Chissà com'è che nei giorni successivi i documenti del COCER e quelli del comando dell'arma che trattavano degli stessi argomenti e, spesso, usavano lo stesso linguaggio sono cominciati a spuntare come funghi? Bugiardi di fronte all'evidenza.

È forse presto per trarre delle conclusioni su tutta la vicenda. Certo é che alcune considerazioni di contesto e circostanza si impongono. Il ruolo delle forze repressive dello Stato si é notevolmente accentuato negli ultimi decenni. Di emergenza in emergenza (terrorismo, criminalità, immigrazione, degrado sociale, nuove politiche della sicurezza) le politiche governative (sia quelle della destra che quelle della sinistra) atte al mantenimento dell'ordine pubblico hanno percorso risolutamente la strada della militarizzazione del territorio e della repressione sociale. Anche le riorganizzazioni istituzionali in senso efficentista e autoritario (dalle riforme costituzionali al processo politico dell'unificazione europea) hanno dato sempre maggiore potere e conferito ruolo politico alle forze armate dello Stato.

Tali politiche però (e d'altra parte era chiaro, almeno per noi) non hanno affatto risolto i problemi, anzi li hanno acuiti. Ecco quindi delinearsi quel mix di frustrazione e delirio di onnipotenza così ben rappresentato dal colonnello Pappalardo.

Contemporaneamente si sono prodotti scontri di potere nelle strutture della repressione statale. L'Associazione Nazionale Funzionari di Polizia ha condotto una lotta serrata contro la legge che dà maggiore autonomia ai carabinieri e ciò non perché la PS sia più democratica dei CC ma perché, nelle logiche di comando, l'unità di questo deve essere detenuta da uno solo. L'evidente intento dei ruoli dirigenti della PS é quello di rivendicare tale comando.

Vi sono, inoltre, ingenti interessi economici che ruotano attorno a questa vicenda. Pur essendo spezzettati nei bilanci di vari ministeri (Interni, Difesa, Finanze, Beni Culturali, Sanità, Grazia e Giustizia) i fondi statali destinati alle strutture repressive dello stato sono immensi. Possiamo stimarli prudentemente in 250 mila miliardi di lire annue che servono a mantenere strutture, mezzi e uomini per un complesso di circa 600 mila agenti militari e di polizia. Uno ogni 100 abitanti.

Ma come recita la strofa conclusiva di una nota canzone anarchica (versione carrarrina) noi vogliamo chiudere queste note con "...merda ai carabinieri, non ne vogliam saper".

Afone Oscar



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